“Tu non sei noi”. Un gesto mai visto quello inscenato dalla nazionale Usa di scherma a margine della gara persa contro la squadra giapponese. Al momento di posare in pedana, col viso scoperto dalle maschere da gara, tre di loro mostravano mascherine chirurgiche di colore rosa. Il quarto invece, nella piena inconsapevolezza di quanto stesse accadendo, indossava una mascherina scura.

La differenza di colori era voluta. E intendeva prendere le distanze dall’atleta in maschera scura, Alen Hadzic, accusato di comportamenti sessualmente riprovevoli ma cionondimeno presente alle Olimpiadi in conseguenza di un provvedimento sospensivo della sua esclusione. Provvedimento che per i tre compagni di squadra (ma non soltanto per loro) risulta inaccettabile.

Si chiamano Jake Hoyle, Curtis McDowald e Yeisser Ramirez. E vestendo la mascherina rosa hanno espresso la loro posizione. Quasi un  Pink Lives Matter. Con netta presa di distanza rispetto al compagno di squadra, che mentre era lì a farsi ritrarre per la foto di gruppo non si è accorto di nulla. Soltanto nelle ore successive ha realizzato che la sua mascherina scura assumeva un significato simbolicamente pesantissimo.

Messo in disparte

Una premessa dovuta: le accuse di “sexual misconduct” e “sexual assault” rivolte a Alen Hadzic (classe 1991, nativo di Patterson, New Jersey), vanno dimostrate. Dunque fino a che ciò non avverrà è dovuta a lui la presunzione d’innocenza. E tuttavia va aggiunto che queste accuse arrivano da più parti. Il suo nome sarebbe al centro di tre denunce indirizzate allo US Center for SafeSport, l’organizzazione no profit costituita nel 2017 sotto l’egida del Protecting young victims from sexual abuse and safe sport authorization act e in conseguenza dello scandalo degli abusi perpetrati dal medico della nazionale di ginnastica Larry Nassar, di cui è stata vittima anche Simone Biles.

Ma il dossier che riguarda Hadzic andrebbe oltre i tre caso denunciati, stando a quanto rivela il sito BuzzFeed News. Nell’articolo si parla infatti di un’inchiesta durante la quale sarebbero state raccolte 30 testimonianze nel mondo della scherma Usa (atleti e dirigenti), tutte concordanti nell’indicare un profilo violento. Con manifestazioni di violenza e abuso che partirebbero dal 2010, anno in cui Hadzic iniziò a frequentare la Columbia University.

Le accuse sono state sempre negate dall’atleta e dal suo avvocato Larry Palma. Quest’ultimo, nel corso di un’intervista rilasciata al New York Times, ha affermato che non vi siano mai state denunce penali nei confronti del cliente. Ha però dovuto ammettere che durante l’anno accademico 2013-14 Hadzic fu sospeso dalla Columbia University dopo un’investigazione per una questione di “sexual consent” condotta sotto l’egida del Title IX, l’atto giuridico che negli Usa protegge le pari opportunità di genere nello sport delle istituzioni scolastiche. Ma in quel caso, sostiene l’avvocato Palma, la corte aveva agito seconda una logica da canguro (Kangaroo Court), adottando un provvedimento ritenuto dal legale sbrigativo e senza che, a suo dire, il futuro cliente potesse produrre testimonianze a discarico.

Una sistemazione a parte

Quando l’avvocato Palma ha rilasciato l’intervista al New York Times la vicenda di Alen Hadzic era andata un bel pezzo avanti. Sospeso da ogni attività sportiva il 2 giugno scorso con provvedimento di SafeSport, Hadzic ha rovesciato il verdetto grazie a un arbitrato il cui giudizio è stato pronunciato il 29 giugno. In quella circostanza, più che entrare nel merito delle accuse, era stato stabilito che la sanzione comminata fosse “arbitrary and unnecessary”.

Costretti a dirimere il caso scomodo, e tenendo conto del disappunto che il resto della pattuglia schermistica Usa presente ai Giochi (composta anche da atlete che hanno denunciato i comportamenti di Hadzic) ha dimostrato, il Comitato olimpico e paralimpico Usa e la federazione nazionale della scherma (US Fencing) hanno trovato un compromesso: Hadzic, ammesso alle Olimpiadi come riserva, è stato fatto viaggiare verso Tokyo separatamente e fatto alloggiare in hotel anziché nel villaggio olimpico.

Gradi di separazione che evidentemente non sono stati sufficienti per i compagni di squadra. Che in pedana hanno voluto segnare una netta presa di distanza da lui. Quello il significato delle mascherine rosa. Nelle ore successive all’episodio Hadzic ha comunicato di avere avuto un confronto con due dei tre compagni di squadra, Hoyle e Ramirez. Per il momento si conosce soltanto la sua versione. Nessun intendimento, nessuna pacificazione. Indesiderato era, indesiderato rimane.

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