Secondo l’ultima ricerca Ipsos, condotta per Save The Children, la didattica a distanza ha stravolto la vita degli studenti italiani. Il 38 per cento dei ragazzi boccia l’esperienza della didattica a distanza, soprattutto per via di mancanza di concentrazione durante le lezioni online e per l’inadeguatezza tecnologica degli strumenti a disposizione. «Gli studenti hanno subito conseguenze significative dalla Dad che non sempre è stata efficace e che si sta lasciando alle spalle danni forse irreparabili» ha affermato nel comunicato Daniela Fatarella, direttrice generale di Save The Children.

Tra i danni irreparabili c’è il rischio dell’abbandono scolastico che riguarderebbe circa 34mila studenti. Il 28 per cento di questi ha dichiarato che almeno un loro compagno di classe ha smesso di frequentare le lezioni durante il primo lockdown. Il rapporto pubblicato dall’Istat a luglio ha evidenziato come circa 850 mila giovanissimi non ha a disposizione né pc né tablet, senza i quali non è possibile svolgere alcun tipo di attività a distanza.

C’è il caso anche di più studenti conviventi nello stesso nucleo famigliare con a disposizione soltanto uno strumento tecnologico adeguato, o chi semplicemente non ha una connessione adeguata in grado di sostenere ore di lezione. La mancata frequentazione delle sessioni online ha avuto anche un impatto negativo sulla salute mentale degli studenti che si definiscono “incerti”, “preoccupati”, “tristi” e “disorientati”. In questo clima di incertezza il rischio è che i giovani diventino preda dello sfruttamento lavorativo, acuito maggiormente dalla crisi economica che stiamo vivendo.

Gli studenti che non hanno avuto problemi di accesso alle lezioni online lamentano tuttavia una preparazione scolastica peggiore rispetto al periodo prima dell’avvento della pandemia. Infatti, il 35 per cento dei ragazzi afferma di avere materie in più da recuperare rispetto allo scorso anno. Tra le cause di questo c’è la quarantena trascorsa a casa che ha inciso negativamente sul rendimento scolastico.

Colpevolizzazione dei casi positivi

Nonostante il dibattito sulla riapertura delle scuole per il 7 gennaio è ancora in corso, i casi di positivi tra gli studenti non sono mancati. Sette ragazzi su dieci hanno affermato di aver avuto almeno un positivo al Covid-19 tra i loro compagni o professori. Oltre alla convalescenza dal virus, alcuni di loro (8 per cento degli intervistati) hanno subito un atteggiamento di colpevolizzazione da parte dei loro compagni di classe. Un fenomeno che ha visto molti studenti (il 14 per cento) chiudersi in se stessi nell’affrontare le difficoltà.

Le relazioni virtuali alla lunga stancano

Un dato interessante che emerge dalla ricerca condotta è che l’85  per cento degli intervistati afferma «di aver capito quanto sia importante uscire con gli amici, andare fuori e relazionarsi», mentre il 63 per cento dei ragazzi ha dichiarato di «non aver potuto vivere esperienze sentimentali importanti per la loro età». Una rinascita delle relazioni reali, dal vivo e al di fuori dei social che sdogana alcuni stereotipi sui giovani di rinchiusi in una bolla virtuale.

Lo scontro generazionale

La crisi sanitaria ha anche aumentato il divario generazionale. Il 65per cento degli intervistati è convinto di «star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia» una critica indiretta rivolta anche ai governanti. Il 42 per cento invece ritiene ingiusto che gli adulti abbiano la possibilità di recarsi fisicamente nei luoghi di lavoro, mentre loro sono costretti alla Dad.

La frustrazione è tanta, così come la voglia di riscatto riposta dai ragazzi nel programma Next generation Eu. Sperano che possa essere la loro salvezza in questo momento di crisi economica, alcuni si augurano che porti a investimenti per inserire i giovani nel mondo del lavoro altri puntano alla possibilità di studiare gratuitamente all’estero o nelle università italiane.

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