Il 20 luglio, in Italia si sono registrati 80653 nuovi casi di Covid-19, e 157 persone sono decedute a causa della malattia. Il giorno prima, i casi di Covid erano stati 120683, e i decessi 176. L'ondata epidemica alimentata dalla variante Omicron 5 è cresciuta fino a raggiungere il picco nei giorni scorsi, e ora i casi hanno cominciato a calare: ma dato che chi diventa positivo il giorno X si ammala, si aggrava e, nel peggiore dei casi, muore dopo circa 7-15 giorni, il picco di positivi appena passato dovrebbe provocare il picco di morti entro una settimana.

Si potevano evitare almeno in parte tutte queste vittime? Probabilmente sì: sarebbe stato meglio indossare le mascherine in tutti i luoghi dove c'era assembramento e non si poteva mantenere il distanziamento sociale, anche all'aperto.

L’arrivo di Omicron

Theme picture Corona Virus (PHOTOMONTAGE). The omicron variants BA.4 and BA.5 are so contagious The omicron sub-variant BA.5 is responsible for increasing numbers of infections in Portugal. A few weeks ago, it triggered a new wave in South Africa together with its relative BA.4. The proportion of the two subvariants is also growing in Germany. Preservation tube with swabs from people who have undergone a corona test in a drive through test station. Photo by: Frank Hoermann / SVEN SIMON/picture-alliance/dpa/AP Images

Questa nuova ondata epidemica ci ha insegnato alcune cose nuove, e non tutte sono buone notizie. La prima ondata epidemica, iniziata a gennaio 2020, fu alimentata dalla variante originaria cinese del coronavirus, la cosiddetta variante Wuhan 1. Poi, nella primavera del 2021 si scatenò l’ondata epidemica provocata dalla variante Delta, che era più contagiosa e più aggressiva della precedente.

A dicembre del 2021 è esplosa l’ondata epidemica provocata da Omicron, che causava una malattia più lieve anche se era molto più contagiosa dato che riusciva ad evadere dall’immunità acquisita tramite un’infezione precedente o un vaccino; e poi da maggio su quella si è sovrapposta l’ondata epidemica alimentata dalla variante Omicron 5, ancora più contagiosa ed immunoevasiva, quella che ci sta travolgendo tuttora, anche se pare finalmente in declino.

Le ondate epidemiche si succedono con un intervallo tra l’una all’altra che si sta accorciando sempre di più. Come mai? Cosa sta accadendo?

Ora siamo tutti al mare a fare il bagno e bere birra, i fiori sono tutti sbocciati, fa un caldo torrido e stiamo per arrivare a Ferragosto, ma molti di noi sono a letto, chiusi in casa, con la febbre ed i brividi, malati di Covid.

Molti virologi ci avevano ripetuto che il Covid era sin dal principio o sarebbe diventato come una banale influenza, una malattia respiratoria lieve con un andamento stagionale, tanti casi in inverno e praticamente nessuno d’estate: si sbagliavano di grosso.

Previsioni troppo ottimistiche

FILE - This 2020 electron microscope image made available by the Centers for Disease Control and Prevention shows SARS-CoV-2 virus particles which cause COVID-19. The coronavirus mutant that just became dominant in the United States as of May 2022 is a member of the omicron family. But scientists say it spreads faster than its omicron predecessors, is adept at escaping immunity and might possibly cause more serious disease. (Hannah A. Bullock, Azaibi Tamin/CDC via AP, File)

«Questa pandemia si sta comportando in una maniera inaspettata», dice Stephen Kissler, un ricercatore dell’Università di Harvard che fa parte del gruppo di Marc Lipsitch, uno dei più illustri epidemiologi al mondo.

Nell’aprile del 2020, Lipsitch e i suoi colleghi avevano pubblicato un articolo, comparso su Science, nel quale avevano scritto: «Prevediamo che probabilmente si verificheranno epidemie ricorrenti invernali provocate dal SARS-CoV-2, dopo la più severa ondata pandemica attuale», almeno fino all’anno 2025.

Dopo due anni di epidemia, Lipsitch ha cambiato idea. «Le varianti si sono sviluppate una dopo l’altra in rapida successione, con una velocità allarmante. Pensavamo che, arrivati a questo punto, l’epidemia avrebbe raggiunto una certa stabilità – un numero di casi costante e basso lungo tutto l’anno. E invece sta succedendo l’esatto contrario».

Le successive ondate epidemiche sono sempre più ravvicinate, un’ondata esplode quando la precedente non è ancora terminata, così i casi si sovrappongono e si sommano. Come sta accadendo adesso con l’ondata epidemica di Omicron 1 ancora in azione, su cui si sovrappone quella di Omicron 5. 

Nel primo anno dell’epidemia le nuove ondate epidemiche erano alimentate dalla comparsa di varianti mutate più trasmissibili, cioè più contagiose - come Alfa e Delta: l’infezione si diffondeva con più facilità. Ma ora le varianti Omicron 1, Omicron 5 e l’ultimissima Omicron 2.75 – soprannominata Centaurus – si diffondono con maggiore facilità in virtù della loro proprietà di immunoevasione, cioè della loro capacità di infettare individui che sono stati vaccinati o infettati precedentemente dal virus.

Per esempio, gli studiosi hanno calcolato che un individuo colpito dal coronavirus potrebbe essere infettato da Omicron 5, e quindi ammalarsi, già solo 28 giorni dopo l’infezione precedente.

La velocità di comparsa delle nuove varianti è enormemente accelerata negli ultimi mesi, e questo è dovuto al fatto che sono cambiati i fattori che guidano l’evoluzione del virus.

Ogni volta che il virus si replica deve duplicare il suo patrimonio genetico - cioè il suo RNA - ma in questo processo di duplicazione possono avvenire degli errori di copiatura che generano mutazioni nelle proteine del virus, che sono codificate dal suo RNA.

Certe mutazioni sono positive, cioè migliorano la capacità di diffusione e la sopravvivenza del virus, altre sono negative, e le peggiorano. I virus con mutazioni che ne facilitano la sopravvivenza e la diffusione, si propagano; gli altri, si perdono e scompaiono.

All’inizio della pandemia, le varianti iniziali erano molto contagiose e aggressive, e provocavano un altissimo numero di morti. A quell’epoca pochissime persone erano vaccinate o avevano sviluppato l’immunità, e perciò il fattore contagiosità favoriva la diffusione del virus. In altre parole, i virus più contagiosi avevano un vantaggio evolutivo e si diffondevano più facilmente.

Adesso però, molte persone sono vaccinate o hanno avuto infezioni precedenti, e quindi hanno sviluppato un’immunità più o meno efficace. In queste condizioni, hanno un vantaggio evolutivo i virus che, grazie alle mutazioni, riescono ad acquisire la capacità di evadere al sistema immunitario.

Il coronavirus non provoca più un alto numero di vittime come accadeva prima, e tuttavia i suoi effetti continuano a farsi sentire: grazie alla sua immunoevasività il virus può infettare praticamente chiunque anche se in maniera fortunatamente lieve.

Il numero di casi aumenta, e con essi quello dei ricoverati in ospedale e, purtroppo, anche quello delle vittime, anche se in maniera molto inferiore al passato.

Cosa fare?

I vaccini contro il Covid ci hanno permesso di sconfiggere in modo trionfale la pandemia, ma hanno dei limiti. Ci proteggono egregiamente dalla malattia severa e dalla morte, ma in maniera meno efficace dall’infezione, cioè dal contagio. Inoltre, la protezione contro il contagio svanisce rapidamente, ma in questo modo si crea un bacino di popolazione sempre suscettibile al virus, specialmente alle nuove varianti mutate immunoevasive, costituito da individui che si possono infettare e riammalare, seppur in maniera lieve.

Per non parlare poi dei giovani, tra i quali molti ancora sono i non vaccinati, e degli adulti non vaccinati per scelta, che possono reinfettarsi e ammalarsi anche in maniera grave. Per questo motivo, le nuove varianti immunoevasive del virus continuano a circolare, e continueranno a farlo.

I vaccini sono uno strumento efficacissimo nell’impedire che gli anziani muoiano a causa del Covid. Ma ora nessuno pensa più che la vaccinazione di massa possa controllare il diffondersi dell’infezione. Vaccinare l’intera popolazione di un intero paese ogni 3-6 mesi non è una strategia praticabile. E allora, che fare?

Bisogna somministrare la quarta dose all’intera popolazione il più fretta possibile, perché in questo modo aumenta la protezione immunitaria e diminuisce la circolazione del virus. Poi, bisogna vaccinare i giovani, molti dei quali non sono ancora vaccinati. Infine bisogna cercare di convincere a vaccinarsi chi tra gli adulti non l’ha ancora fatto.

Infine, occorre che il più presto le case farmaceutiche producano al più presto i vaccini di nuova generazione: alcune di loro stanno sviluppando vaccini a prova di nuove varianti, o addirittura vaccini cosiddetti “pan-coronavirus”, efficaci contro tutte le forme di coronavirus esistenti, che – pare- potrebbero anche garantire una immunità molto più prolungata.

Qualcuno degli scienziati, però, è scettico. Il professor Danny Altman, immunologo dell’Imperial College di Londra, afferma: «Prima o poi raggiungeremo un qualche equilibrio col virus, ma questo potrebbe voler dire convivere con un livello inferiore di salute generale».

 Ci dovremo abituare a convivere con il virus ma la nostra aspettativa di vita media diminuirà, ovvero, probabilmente moriremo prima.

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