Domenica 16 aprile sarà un altro dei giorni che verranno ricordati nei quarant’anni di polemiche sul caso Emanuela Orlandi, la quindicenne vaticana misteriosamente scomparsa nell’estate del 1983: papa Francesco si è irritato, e in occasione del Regina Coeli ha deciso di intervenire personalmente, senza menzionare la giovane ma rivolgendo dalla finestra che affaccia a piazza san Pietro «un pensiero grato alla memoria di San Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate».

Le parole del pontefice arrivano dopo che Pietro Orlandi, il fratello della ragazza, ha detto in diretta tv a DiMartedì che Wojtyla «la sera usciva con due suoi amici monsignori polacchi, e non andava certo a benedire le case».

A seguito dell’intervento di Bergoglio, Pietro Orlandi, ha commentato pubblicamente su Facebook: «È giusto che papa Francesco abbia difeso Wojtyla», e ha ricordato le altre accuse, quelle fatte attraverso un audio reso pubblico lo scorso 9 dicembre da parte di un socio del boss della Banda della Magliana, Enrico “Renatino” De Pedis.

Nella registrazione, l’allora malvivente ha fatto esplicito riferimento a un coinvolgimento del papa santo: «Ho deciso di depositare quell'audio al promotore di giustizia Alessandro Diddi – ha proseguito Orlandi -, lo scorso 11 aprile affinché convocasse Marcello Neroni, autore di queste accuse». Il giornalista che ha raccolto l’audio di Neroni, Alessandro Ambrosini, riferisce a Domani: «Secondo le mie fonti è ancora vivo, se il Vaticano desidera lo può convocare».

L’intervento della massima autorità cattolica arriva al termine di una settimana che si è aperta con il colloquio tra Orlandi e il promotore di giustizia del Vaticano, Diddi. Otto ore di confronto che Orlandi e la sua avvocata, Laura Sgrò, avevano chiesto con insistenza per fornire ulteriori elementi sul mistero che agita il paese da decenni. In primo luogo appunto l’audio divulgato dal Blog Notte criminale. Rispondendo a Domani per la prima volta Ambrosini ha rivelato l’identità dell’accusatore e il suo passato. Il legame con De Pedis, aveva raccontato, è certo, le sue parole sono tutte da verificare.

Le uscite del papa santo

Pietro Orlandi e l'avvocata Laura Sgrò (LaPresse)

«Certamente non può spettare a me dire se questo personaggio abbia detto il vero oppure no – ha proseguito il fratello di Emanuela Orlandi -. Diddi ha accolto questa mia richiesta , insieme alle altre, promettendo che avrebbe scavato a fondo ogni questione, compresa questa». 

L’avvocata Sgrò, dopo DiMartedì è stata convocata in Vaticano, pare dopo una telefonata del pontefice, sabato, ma Vatican news, organo stampa della Santa sede, ha riferito che lei e Pietro si sono rifiutati di fare i nomi a cui il fratello della ragazza scomparsa ha alluso durante la trasmissione, e quindi di collaborare alle indagini.

«Io sono tenuta al segreto professionale, non ho mai chiesto di essere sentita, né tanto meno potrei, essendo tenuta al segreto delle fonti per svolgere al meglio la mia attività professionale a favore della famiglia Orlandi», ha detto la legale a LaPresse. Atteggiamento che Diddi ha definito «irritante»: «Il segreto professionale è un problema di coscienza, non è un obbligo professionale. Dopo che sono settimane che ci insultano perché non li avevamo ricevuti, adesso che siamo al cuore Pietro Orlandi e il suo legale si tirano indietro».

Orlandi ha sottolineato pubblicamente di non voler accusare Giovanni Paolo II e ha ribadito, dopo le parole di Bergoglio, di non aver detto in alcun modo che Wojtyla «era un pedofilo».

Diddi, il segretario di stato, Pietro Parolin, e il papa stesso, a quanto ribadito più volte dal promotore, hanno chiesto di fare indagini senza fare sconti a nessuno: «Io ho solo consegnato tutto il materiale che avevo, compreso quell’audio. Sono loro che devono verificare se quell'audio è vero o no. Delle presunte uscite serali del papa molte persone me ne hanno parlato, ma la persona principale che me lo ha riferito è morta», ha spiegato Orlandi.

Di queste presunte uscite si trova traccia anche in un articolo firmato dal giornalista Andrea Purgatori negli anni ‘80, intitolato I dipendenti della Santa sede: Wojtyla esce anche solo e senza avvisare nessuno.

Pietro Orlandi cerca di riportare le questioni dalle polemiche alle indagini: «L’unico nostro intento è quello di dare giustizia a mia sorella Emanuela e arrivare alla verità, qualunque essa sia». Se il Vaticano ha intenzione di andare a fondo, commenta Ambrosini, ha gli elementi per farlo.

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