Papa Francesco è stato dimesso dal Gemelli domenica scorsa, tuttavia le sue condizioni di salute rimangono estremamente precarie. E se è vero che Bergoglio non ha mai preso in considerazione l’ipotesi della rinuncia, restano comunque aperti una serie di problemi legati al governo della chiesa. 

Abbiamo chiesto a Geraldina Boni, docente di diritto canonico e di diritto ecclesiastico all’università di Bologna e consultore del dicastero vaticano per i Testi legislativi, di fare il punto sugli aspetti canonici e giuridici determinati dalla prolungata convalescenza del papa.

Professoressa Boni, cosa comporta l‘“assenza” del pontefice dal punto di vista del diritto canonico?

La chiesa deve essere continuativamente governata dal romano pontefice, capo del collegio dei vescovi, vicario di Cristo e pastore in terra del popolo di Dio. Durante la vacanza della sede romana, per morte o per rinuncia, tutto si paralizza: la scomparsa del papa provoca un vero “vuoto” costituzionale, cui non si può supplire attribuendo ad altri compiti e funzioni riconducibili all’ufficio petrino. Il collegio cardinalizio è istituzionalmente abilitato a condurre in porto, in modo quanto più rapido possibile, l’elezione del nuovo successore di Pietro, ma non può esercitare alcuna potestà di giurisdizione se non per gli affari di ordinaria amministrazione e per quelli che non possono essere rinviati.

Con il papa di fatto ancora malato, è possibile pensare a un ruolo “accresciuto” della segreteria di Stato?

Se il romano pontefice muore o rinuncia la normativa è appositamente preordinata a propiziare un’elezione del nuovo papa che segua tempestivamente. Se invece il papa fosse mantenuto in vita da farmaci o apparecchiature tecniche, ma totalmente incapacitato al governo, si aprirebbe un rilevante problema: si tratta infatti di una situazione non disciplinata dalla legge canonica. Ipotizzare comunque un ruolo da protagonista, anche per l’ordinaria amministrazione, per la sola segreteria di Stato mi pare francamente azzardato: non radicato sulla tradizione della chiesa e non corrispondente, del resto, a quanto prevede la Costituzione apostolica sulla sede vacante Universi Dominici gregis attualmente vigente.

Se, come pare, la convalescenza del papa dovesse durare a lungo impedendogli, per esempio, di partecipare ai riti della Pasqua, questo è un fatto che può avere conseguenze sulla vita della chiesa?

Al di là della partecipazione ai riti della Pasqua, la chiesa non può rimanere a lungo senza il romano pontefice: comunque non mi sembra sia il caso attuale, atteso che la salute di Francesco è in miglioramento e presto auspicabilmente tornerà alla pienezza delle sue funzioni. L’ufficio del papa, successore di Pietro come vescovo di Roma, è riconducibile, nella chiesa, al diritto divino, alla diretta investitura da parte di Cristo. La sua funzione è essenziale. Il ministero petrino, perpetuato nell’ufficio del romano pontefice, è il fondamento visibile dell’unità della chiesa, nella duplice direzione dell’episcopato e della fede e comunione dei credenti, come è stato ribadito nella Costituzione dogmatica Lumen gentium del Concilio Vaticano II.

Si dice che la chiesa non coincide con la figura del papa, ma fino a che punto questa nozione può essere sufficiente nell’attuale situazione?

La chiesa è il popolo di Dio sotto la guida del suo pastore in terra, il romano pontefice. Al di là del governo effettivo della chiesa universale e dell’esercizio concreto dei poteri spettanti al papa – alcuni dei quali sono riservati a lui per diritto divino – la sua presenza è indispensabile. Indubbiamente l’esercizio del ministero petrino esige sufficienti condizioni di salute, che non sussistono unicamente quando il papa è totalmente impedito: non certo quando è semplicemente anziano e, quindi, afflitto dalla fragilità e dai disturbi legati all’età. Occorre, anzi, guardarsi bene dall’accreditare una concezione efficientista del potere della chiesa, e tantomeno, dell’ufficio petrino, assolutamente deviante e dannosa: come quella implicita nelle tesi di chi ipotizza un papato a tempo o anche di chi vorrebbe che la rinuncia del papa divenisse “normale”, dovendosi accedere a essa in ogni caso di difficoltà. Va ribadito che il problema sussiste esclusivamente nella situazione estrema di un papa assolutamente impossibilitato a reggere la chiesa.

Il prolungamento della vita e i progressi della medicina mettono anche la chiesa e il papato di fronte a scenari inediti. A suo avviso questi aspetti possono essere “regolamentati” anche canonicamente?

Un gruppo internazionale costituito nel 2021, di cui fanno parte professori di università statali ed ecclesiastiche di vari paesi, e che io e i miei colleghi di Bologna abbiamo coordinato, si è riproposto di affrontare i problemi determinati proprio dagli scenari di cui lei parla: con l’intenzione di aiutare il legislatore supremo della chiesa a colmare con una legge adeguata tale lacuna normativa. In particolare è stata elaborata una Proposta di legge sulla sede romana totalmente impedita. In essa si prevede, per quanto concerne le ipotesi di impedimento totale ma temporaneo, che la chiesa sia retta provvisoriamente dal collegio dei cardinali e, per gli affari ordinari, da un coetus ristretto di sette membri (quattro di diritto e tre elettivi), mentre per i medesimi affari continuerebbero a esercitare le rispettive funzioni le istituzioni della curia romana. Il collegio cardinalizio vigilerebbe costantemente e secondo modalità predeterminate sull’operato del gruppo ristretto, e potrebbe anche porre fine a tale regime provvisorio dichiarando che lo stato di incapacità personale del papa è cessato sulla base di un puntuale riscontro clinico. È previsto poi che il collegio dei cardinali possa dichiarare, sempre sulla base di una perizia medica stilata da un’équipe di specialisti e con procedure chiare e trasparenti, l’esistenza di una totale incapacità certa, permanente e irreversibile che non permetta al romano pontefice di guidare la chiesa con conseguente apertura della vacanza della sede apostolica per l’elezione del nuovo pontefice. Quest’ultima sarebbe l’ipotesi più delicata e da regolarsi accuratamente: così da allontanare anche il solo sospetto che si tratti di una deposizione, e comunque per escludere qualsivoglia abuso.

© Riproduzione riservata