Francesco ha sempre escluso la possibilità di fare un passo indietro, molto dipenderà dal decorso che avrà l’infezione respiratoria che lo ha colpito. Vengono cancellati o modificati gli appuntamenti che prevedono la sua presenza. La malattia di questi giorni ha comunque avviato le discussioni sul dopo
Lo spettro di una fine anticipata del pontificato ha cominciato ad aggirarsi in Vaticano da venerdì scorso, quando papa Francesco è stato ricoverato al policlinico Gemelli di Roma per un’infezione alle vie respiratorie rivelatasi da subito piuttosto grave. Il bollettino diffuso ieri sera ha certificato che il pontefice è affetto da una «polmonite bilaterale». Il che rende «il trattamento terapeutico più complesso».
Insomma, nonostante fino a ieri mattina la comunicazione vaticana tendesse a tranquillizzare spiegando che «il papa ha avuto una notte tranquilla, ha riposato, poi al risveglio ha fatto colazione e si è dedicato alla lettura di alcuni quotidiani, come fa regolarmente», l’impressione è che la soluzione del problema non sarà a brevissima scadenza.
E se anche il papa dovesse ristabilirsi dal punto di vista medico, le domande sulla sua capacità di riprendere la normale, e intensa, attività di governo della chiesa, hanno iniziato a circolare con insistenza. Il nodo non è di poco conto: Bergoglio ha detto più volte che non intende lasciare il suo posto, tranne nel caso in cui limiti di carattere fisico legati alla salute gli impediscano di proseguire nel suo magistero.
Sul tema, del resto, lo stesso Francesco, è tornato nella sua recentissima autobiografia, Spera: «Ogni volta che un papa sta male si sente soffiare un po’ di vento di conclave, ma la realtà è che neanche nei giorni delle operazioni chirurgiche ho mai pensato alle dimissioni, se non per dire che per tutti è sempre una possibilità, che fin dal momento dell’elezione avevo consegnato al Camerlengo una lettera di rinuncia in caso di impedimento per motivi medici, come del resto fece anche Paolo VI, e che se mai dovesse accadere resterei a Roma, come vescovo emerito».
Il cardinale camerlengo è colui che presiede la sede vacante in caso di morte o rinuncia del papa; attualmente è l’americano Kevin Joseph Farrell (nominato nel delicato incarico nel febbraio del 2019 dal papa), prefetto del dicastero dei Laici, la Famiglia e la Vita. Farrell è anche presidente della Commissione materie riservate e presidente del Comitato per gli investimenti.
In realtà, dunque, il papa non intende lasciare il suo posto se non per cause estreme. Per questo è importante capire come sta realmente il pontefice. E va detto che, nell’ultima settimana, i bollettini medici diffusi dal Vaticano sono stati sostanzialmente veritieri, compiendo un salto di qualità rispetto a un passato in cui le notizie filtravano col contagocce e spesso erano ampiamente edulcorate.
Appuntamenti annullati
Nella mattinata di ieri, era stato detto, fra le altre cose, che il papa respirava autonomamente, segno che forse nei giorni passati non sempre questo è accaduto.
Secondo informazioni da noi raccolte nei giorni scorsi, inizialmente il problema è stato il catarro che Francesco aveva accumulato nei polmoni, problema che pareva successivamente in via di soluzione; se non che l’altra domanda che si sta ponendo in questi giorni è quella relativa all’adeguata terapia farmacologica da somministrare al pontefice per fermare l’infezione.
Nel frattempo sono già diversi gli appuntamenti giubilari e quelli di routine che sono stati cancellati o hanno subito modifiche. L’udienza generale prevista per mercoledì 19 è stata annullata, così come quella straordinaria in programma per sabato 22 febbraio con i pellegrini giunti a Roma per l’anno santo. E se domenica 16 a presiedere la celebrazione per il Giubileo degli artisti e del mondo della cultura è stato il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del dicastero per la Cultura e l’Educazione, domenica 23, per la messa del Giubileo dei diaconi, papa Francesco «ha delegato monsignor Rino Fisichella, pro-prefetto del dicastero per l’Evangelizzazione».
Chi governa la chiesa?
La domanda ora diventa la seguente. Un conto è saltare un paio di settimane di Giubileo, un altro lasciare la chiesa cattolica di fatto senza guida per un periodo più lungo. È una scommessa azzardata persino per Francesco, tanto più che, dal Medio Oriente all’Ucraina, dagli Stati Uniti al Sudan, al Myanmar, gli scenari di crisi e di conflitto sui quali pure la Santa sede non ha mai smesso di far sentire la sua voce si moltiplicano.
Sarà quindi importante capire cosa ci diranno i prossimi giorni. Nel frattempo, la parola “conclave” non è più tabù. Anzi, tutto considerato, anche se le cose dovessero volgere al meglio per il papa argentino, è evidente che la crisi respiratoria di questi giorni ha fatto tornare d’attualità le discussioni tra i cardinali su una imminente fine del pontificato, anche perché si aggiunge agli altri acciacchi fisici che avevano per esempio costretto il papa a spostarsi su una carrozzella. Certo, per chi sarà chiamato a eleggere il nuovo pontefice è soprattutto un modo per non farsi trovare impreparato qualora la situazione dovesse precipitare. Ma ogni tentativo di immaginare il futuro, al momento, appare comunque prematuro.
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