Per Francesco la necessità di agire per superare la paura e costruire un presente senza guerra era la priorità dell’azione dei cristiani. Una posizione volta al superamento del conflitto spesso tacciata da alcuni di essere morbida verso il Cremlino
Il 25 marzo 2022, 29 giorni dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, papa Francesco consacra i due paesi al Cuore immacolato di Maria: un segnale forte, legato alle rivelazioni di Fatima del 1917, e avvenuto con maggior forza rispetto alla precedente consacrazione del 1952 tramite la lettera apostolica Sacro vergente anno firmata da Pio XII.
Le difficoltà con l’Ucraina
Un atto volto non solo alla predicazione della pace, perché, secondo le parole di Bergoglio, la necessità di agire per superare la paura e costruire un presente senza guerra era la priorità dell’azione dei cristiani: «un cristiano senza amore è come un ago che non cuce» aveva detto durante l’omelia il pontefice «punge, ferisce, ma se non cuce, se non tesse, se non unisce, non serve. Oserei dire, non è cristiano».
Una posizione volta al superamento del conflitto spesso tacciata da alcuni di essere morbida (se non accondiscendente) verso il Cremlino, polemiche divampate in seguito con la scelta di affidare la croce durante la Via Crucis del 15 aprile 2022 a due donne, Albina e Irina, provenienti dalla Russia e dall’Ucraina.
L’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede Andrii Yurash protestò, il primate della chiesa greco-cattolica Sviatoslav Shevchuk dichiarò come «per i greco-cattolici dell’Ucraina i testi e i gesti della XIII stazione di questa Via Crucis sono incomprensibili e persino offensivi», parole particolarmente dure nei confronti del Vaticano, a cui sono uniti i greco-cattolici ucraini. In quell’occasione si decise di sostituire alla meditazione il silenzio per evitare ulteriori reazioni.
Gli attacchi alle scelte vaticane per le celebrazioni del Venerdì Santo si sono ripetute un anno dopo, quando alla decima stazione erano previste le meditazioni di un giovane russo e un giovane ucraino sulla tragedia della guerra: anche in quell’occasione Yurash, via X, si scagliò contro i testi preparati per la ricorrenza religiosa.
I tentativi di individuare nel magistero di papa Francesco contiguità con l’operato di Vladimir Putin, se non sostegno alla politica del Cremlino, sono poi proseguiti cercando in varie dichiarazioni del pontefice parole di approvazione nei confronti delle rivendicazioni sostenute dalle autorità russe nel corso della guerra; ad esempio, durante l’incontro avuto nel giugno del 2022 con i direttori delle riviste culturali europee dell’ordine dei gesuiti, il Santo Padre aveva elogiato l’eroismo e la «tenerezza» del popolo ucraino, ne aveva sottolineato il coraggio e l’orgoglio, eppure vi è stato chi ha identificato Putin nell’uomo «molto saggio» a cui si riferiva nell’accennare all’«abbaiare» della Nato alle frontiere russe.
Le relazioni con la Russia
A suggellare le rappresentazioni di Jorge Mario Bergoglio come “agente d’influenza” della Federazione Russa ci ha pensato poi una vignetta pubblicata il 3 settembre 2023 sulla copertina del settimanale polacco Wprost, orientato a destra, dove si vedeva una papamobile montata su un carro armato russo con tanto di lettera Z (tra i simboli della propaganda ultranazionalista russa) e il papa impegnato in un saluto militare.
La vignetta giungeva all’indomani dell’appello rivolto il 25 agosto ai partecipanti alla Giornata della gioventù cattolica a San Pietroburgo, in cui il papa aveva invitato a «seminare semi di riconciliazione» e a non dimenticare l’eredità culturale della «grande Russia», citando gli imperatori Pietro e Caterina, parole ritenute un avallo alla narrazione storica odierna propugnata dal regime, che vede nell’impero zarista un elemento importante della propria identità.
Il pontefice più volte ha stigmatizzato l’atteggiamento del patriarca Kirill e della chiesa ortodossa russa di sostegno totale alla guerra di Vladimir Putin, ritenendo come compito della comunità ecclesiastica sia di usare «il linguaggio di Gesù» e non la «lingua della politica», per poi aggiungere «il patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin» nel corso del tempestoso colloquio in via telematica del 4 maggio 2022.
Un episodio che ha sancito una crisi nelle relazioni religiose tra il Vaticano e l’ortodossia russa, le quali avevano visto il proprio punto più alto con l’incontro all’aeroporto dell’Avana il 12 febbraio 2016, che ebbe come esito una dichiarazione congiunta .
L’attenzione di Bergoglio verso l’eredità spirituale russa è stata più volte affermata nel corso dei suoi anni di pontificato, soffermandosi più volte sulle pagine de I fratelli Karamazov di Fedor Dostoevskij, scrittore particolarmente amato dal papa per la sua «potenza artistica»; nel commentare la leggenda del Grande Inquisitore, snodo fondamentale del classico della letteratura russa, ormai tre anni fa il papa metteva in guardia dall’inganno «che si ripete nella storia, la tentazione di una pace falsa, basata sul potere, che poi conduce all’odio e al tradimento di Dio», parole ancora oggi di particolare potenza.
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