Due audizioni ancora e il Copasir depositerà la sua relazione al Parlamento sul caso Paragon. Ieri, mercoledì 9 aprile, è toccato ai rappresentanti istituzionali e legali della società israeliana recarsi davanti ai membri del comitato che si occupa di sicurezza.

Ancora troppe le ombre intorno a questa storia, nonostante le ammissioni del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano: se gli attivisti della ong Mediterranea Saving Humans sono stati intercettati dall’Aise, chi ha spiato il giornalista di Fanpage Francesco Cancellato? Una domanda a cui nessuno sa o vuole dare una risposta.

Ai referenti di Paragon Solutions, nel corso dell’audizione, a palazzo San Macuto a Roma, oltre a questo, diversi i quesiti posti. La società ha individuato la “sorgente” da cui è partito lo spyware in Italia? Come ha fatto a capire che il contratto, sottoscritto rispettivamente con Aise e Aisi così come appreso, fosse stato violato tanto da procedere con la sua sospensione? Ma soprattutto Paragon vende, oltre che ai governi, anche alle aziende private? In base a quanto si apprende, Paragon al momento non sa chi abbia “intercettato” il cronista, non vende ai privati e avrebbe saputo delle violazioni dalla stampa.

Intanto nei giorni scorsi una delle “vittime” dello spyware a zero clic Graphite, don Mattia Ferrari, cappellano di bordo di Mediterranea, si sarebbe dovuta presentare dinnanzi alla Commisione Libe del Parlamento europeo: martedì 8 aprile all’Eurocamera era infatti in programma un dibattito sulla vicenda relativa allo spionaggio. «Poche ore prima dell’incontro – dice il sacerdote – sono stato contattato e mi è stato comunicato che l’audizione era saltata: non mi è stata fornita alcuna motivazione».

La richiesta di rinviare l’audizione è arrivata dalle destre: subito dopo l'annuncio dello slittamento Mediterranea si è chiesta se la ragione fosse dovuta alle anticipazioni di Domani. «Il problema è che le prove di una vera e propria attività di sorveglianza, compresi pedinamenti e tentativi di intrusione nelle abitazioni dei testimoni delle attività criminali delle milizie libiche contro donne, uomini e bambini, fanno troppa paura al governo?», chiede la ong in una nota.

Questo giornale aveva infatti raccontato di episodi “misteriosi” accaduti a don Ferrari. Pedinamenti, intercettazioni tramite gps e un uomo che, con guanti e volto coperto da un passamontagna, a dicembre del 2023 ha tentato di entrare nell'abitazione del prete forzando la serratura con un cacciavite. «Sono tutti fatti – continua il sacerdote – che sono stati prontamente denunciati e che avrei ricordato davanti alla Commissione Libe». Ma, come detto, la seduta è stata rinviata a data da destinarsi.

Di sicuro, gli attacchi informatici verso don Mattia sono avvenuti pochi mesi dopo i pedinamenti e il tentativo non riuscito di entrare in casa sua. Due, in particolare, i telefoni del sacerdote che risultano attaccati. «Mi risulta un attacco sulla mia utenza personale: è di febbraio 2024 e mi è stata segnalata da Meta che ha parlato di “hacker sofisticato o appoggiato dal governo” – dice ancora don Ferrari -. E poi l’attacco di Graphite, notificatomi da Apple il 13 novembre dello scorso anno: quest’attacco ha riguardato un telefono da me intestato ma in uso a David Yambio, l’attivista con cui lavoro».

Da tempo Don Mattia e Yambio, con lo stesso Casarini e gli altri esponenti di Mediterranea, stanno raccogliendo nomi e cognomi di migranti vittime di abusi in Libia e deportazioni in Tunisia. «Non so se ci sia una correlazione – conclude don Mattia – tra questa nostra attività, la raccolta di testimonianze legate pure al torturatore libico Almasri, e lo spionaggio di cui siamo stati vittime. Di certo so che la solidarietà oggi fa molta paura».

Nel frattempo, oltre al lavoro del Copasir che sentirà Citizen Lab, procede a ritmo serrato l’indagine della magistratura.

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