L’azienda ha criticato l’esecutivo sulle intercettazioni sui giornalisti e gli attivisti: «Non hanno voluto sapere chi le ha fatte». Il Dis risponde duro: far controllare a aziende straniere i server di Aisi e Aise «comprometterebbe la sicurezza nazionale»
La mossa a sorpresa arrivata da Giaffa alza il livello dello scontro, mettendo sotto i riflettori il governo italiano, che, però, non ci sta e cede al Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, la parola.
Dopo che il Copasir ha pubblicato il rapporto sul caso Paragon, stabilendo che non sono stati i servizi segreti Aise e Aisi ad attaccare il giornalista Francesco Cancellato con lo spyware militare di produzione israeliana, la società Paragon Solutions è intervenuta con un’accusa diretta al Comitato parlamentare italiano e al governo guidato da Giorgia Meloni.
Non avete voluto scoprire chi ha spiato i giornalisti, è in sintesi la bomba sganciata ieri, attraverso una nota, dall’azienda basata fuori Tel Aviv, fondata nel 2019 dall’ex premier Ehud Barak e da Ehud Schneerson, già capo dell’Unità 8200 delle forze armate israeliane, gli 007 telematici. «L’azienda – ha scritto Paragon Solutions – ha offerto al governo e al parlamento italiano un modo per determinare se il suo sistema fosse stato usato contro il giornalista in violazione della legge italiana e dei termini contrattuali. Poiché le autorità italiane hanno scelto di non procedere con questa soluzione, Paragon ha rescisso i suoi contratti in Italia».
La nota contraddice la versione del Copasir, che contrattacca, annunciando di «desecretare il resoconto dell’audizione degli israeliani». Nel rapporto compilato dal Comitato si legge che la società non «avrebbe alcun ruolo nell’utilizzo che il cliente fa del sistema e non sarebbe a conoscenza dell’identità dei soggetti che vengono presi di mira dai clienti o dei dati che vengono registrati dal suo dispositivo».
Eppure Paragon dice di poter verificare se lo spyware è stato usato contro giornalisti, anzi di essersi offerto di farlo, al governo e al comitato parlamentare, ma di non aver trovato interesse. È così?
L’offerta israeliana
L’accusa getta un’ombra sulla volontà delle istituzioni di andare in fondo a questa vicenda. Ma non tutti ne sono convinti. Alcuni parlamentari del Copasir temono infatti che la mossa di Paragon possa essere un modo per migliorare la propria immagine in vista della vendita della società.
A dicembre del 2024 i fondatori di Paragon avevano annunciato di aver chiuso un accordo per vendere la società, per 900 milioni di dollari, al fondo di private equity americano AE Industrial Partners. Poi, a febbraio, è scoppiato il caso Graphite e al momento AE Industrial non cita tra i suoi investimenti quello nella società israeliana. Chigi, coinvolto direttamente dall’accusa dell’azienda, non ha rilasciato commenti a caldo; lo ha fatto, come detto, il Dis.
«Non vi è mai stata rescissione unilaterale a seguito di presunte condotte illegali delle Agenzie di intelligence italiane», ha voluto sottolineare il Dipartimento, spiegando che non è stata ritenuta accettabile «la proposta di Paragon di effettuare una verifica sui log di sistema delle piattaforme Graphite in uso ad Aise e Aisi».
Insomma, questa potrebbe essere stata l’offerta rifiutata: quella di verificare i registri in uso ai servizi segreti. Se «tali verifiche fossero state realizzate da un soggetto privato e straniero, avrebbero compromesso la reputazione delle Agenzie italiane nella comunità intelligence internazionale ed esposto dati per loro natura riservati», è la conclusione del Dis, che quindi ha scelto di non seguire quanto suggerito da Paragon.
Sulla vicenda delle intercettazioni abusive, realizzate con Graphite, da un lato c’è così la versione della società israeliana, dall’altra quella delle istituzioni che si occupano di sicurezza in Italia. In gioco c’è la responsabilità di aver intercettato, o tentato di intercettare, ma anche le modalità in cui il rapporto commerciale tra l’Italia e la società fondata dall’ex comandante del Mossad si è interrotto.
Il Dis nella sua nota ha spiegato anche a quali dati ha avuto accesso il Copasir: «Il Comitato ha avuto accesso ai sistemi Graphite installati presso Aisi e Aise e ha posto in essere tutti i test che ha ritenuto necessari.
Il Copasir ha verificato presso il Dis la documentazione relativa alle attività captative effettuate con Graphite», hanno detto gli 007. Per saperne di più bisognerà aspettare l’esito delle rogatorie che le procure di Napoli e Roma, coordinate dalla Dna, hanno indirizzato a maggio scorso a Paragon. La società, in base a quanto appreso da Domani, non ha ancora risposto. Perché?
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