Lo slogan è «il futuro dalle buone radici». Il Pd, in Toscana, non può fare a meno delle radici di Enrico Rossi, già presidente della regione, già assessore alla Sanità, imputato per falso, che si presenta nel collegio uninominale di Grosseto e Siena, lontano dalla natia Pisa, ma anche dallo scandalo delle concerie. Scandalo sul quale il Pd ha una posizione chiara, ribadita dall’altro pisano, il segretario Enrico Letta: il silenzio.

Il potere dalle buone radici

Rossi dal Pd si è allontanato nel 2017, quando il renzismo stava occupando ogni poltrona e, con Roberto Speranza e Pierluigi Bersani, ha fondato Articolo 1, ma poi è tornato nel Pd con Nicola Zingaretti. Nel 2020 termina il secondo mandato da presidente di regione e lascia la poltrona al nuovo governatore, Eugenio Giani, fortemente voluto da Renzi.

Giani e Rossi finiscono citati, ma estranei all’indagine, negli atti dell’inchiesta sul sistema dei conciatori, gli industriali della pelle. È un’inchiesta spartiacque perché chiarisce i rapporti di forza e fornisce utili elementi per capire che anche il potere ha dalle buone radici. L’inchiesta rivela che il settore conciario ha deciso di smaltire il velenoso keu, il materiale di risulta della lavorazione delle pelli, tra campagne e strade in costruzioni di mezza Toscana grazie al contributo di un imprenditore vicino alla ‘ndrangheta.

Ci sono dodici siti contaminati per effetto del keu e del cromo esavalente, cancerogeno, presente nelle viscere della terra oltre la soglia consentita. Un disastro ambientale realizzato da imprenditori e società che hanno saccheggiato il territorio e, insieme, hanno foraggiato e indirizzato la politica. Tra gli indagati per corruzione c’è anche un lettiano doc, il consigliere regionale Andrea Pieroni, che ha presentato un emendamento favorevole ai conciatori, dettato dagli avvocati delle imprese.

L’inchiesta

Pieroni, ancora nel 2022, è protagonista delle feste dell’Unità toscane, interviene sui temi della sostenibilità e dell’agricoltura. Quando viene approvato l’emendamento dello scandalo, nel 2020, Eugenio Giani è presidente del Consiglio regionale.

Pieroni al telefono con il direttore dei conciatori svela un possibile accordo proprio con Giani per velocizzare l’approvazione ed evitare l’intervento delle opposizioni. Giani ha sempre negato, ma o mente lui o mente Pieroni: il Pd ha lasciato in sella entrambi.

A dimettersi è Ledo Gori, capo di gabinetto di Giani, considerato terminale degli interessi dei conciatori nei palazzi toscani: avrebbe fatto il gioco degli industriali in cambio delle pressioni per la sua riconferma come capo di gabinetto, cosa che il governatore Giani ha fatto il giorno stesso dell’insediamento, in cambio del sostegno elettorale del comparto, 500 aziende per seimila occupati e 2,5 miliardi di fatturato.

Rossi e i soldi dai conciatori

Nelle carte dell’inchiesta, come detto, c’è anche Enrico Rossi. Il 12 ottobre 2020, Rossi incontra Gori e i vertici dei conciatori, Aldo Gliozzi e Piero Maccanti.

«Rossi iniziava a illustrare i suoi progetti futuri dopo il termine dell’incarico di presidente della regione Toscana, ipotizzando un “impegno in Europa”, e raccontava anche di un affitto mensile che doveva pagare e che si aggirava sui 20mila euro, chiedendo quindi contributi all’associazione conciatori», si legge nelle carte dell’indagine della procura di Firenze che tra poco dovrebbe chiudere l’inchiesta. Di soldi si parla anche a fine pranzo. «Il contributo all’attività di Rossi sarebbe stato elargito tramite promozione pubblicitaria per un ammontare di 6-7mila euro all’anno, «gestiti in autonomia come associazione»; Rossi replicava che «sarebbe stato perfetto», si legge nelle carte.

Ricordano gli inquirenti che proprio la coppia Gori-Rossi, nel 2019, aveva concesso ai conciatori di smaltire i residui in discarica «per il tempo necessario ad adeguare i processi produttivi con ulteriori deroghe derivanti dall’accordo di programma (siglato per la prima volta nel 2004, ndr)».

Il processo

Rossi incassa, ma poi accusa Eugenio Giani e Andrea Pieroni di aver agito con un metodo «surrettizio e subdolo». La guerra diventa armistizio molto presto ed Enrico Rossi non è tornato più sull’argomento.

Ora è impegnato nella campagna elettorale mentre affronta un processo, in un’altra vicenda, per falso. Secondo la pubblica accusa per le regionali del 2015 avrebbe dichiarato di aver speso circa 59mila euro per la campagna elettorale, a seguito di contributi ricevuti per circa 70mila euro, mentre in realtà avrebbe ricevuto e speso denaro ulteriore per una somma intorno ai 600mila euro. Soldi in arrivo dall’associazione Eccoci, presieduta proprio da Ledo Gori.

La replica

Sul tema delle concerie Enrico Rossi non si rimprovera niente perché, da quando la competenza è passata dalla provincia alla regione, rivendica di avere imposto la valutazione di impatto ambientale e di aver seguito il parere degli uffici che hanno indicato l’autorizzazione complessa come unica strada.

«Io, qualche mese prima, avevo detto al consigliere Pieroni di stare molto attento perché quell’emendamento avrebbe potuto avere conseguenze penali, lo hanno portato in Consiglio regionale senza neanche dirmelo in modo surrettizio e opaco, io non ero presente, con me non sarebbe mai passato», dice Rossi.

È stato un errore, considerando l’indagine successiva, chiedere soldi ai conciatori? «La politica ha eliminato il finanziamento pubblico, chiedo i soldi a chi può dare un contributo. Non ho nulla di cui vergognarmi, era una richiesta legittima, noi abbiamo sempre tracciato ogni euro in ingresso. Comunque poi quei soldi non sono arrivati, erano per l’associazione Eccoci, che poi è stata chiusa». In Toscana ci sono dodici siti contaminati, il Pd ha forse sbagliato qualcosa nei rapporti con i conciatori?

«Noi abbiamo sempre lavorato per soluzioni positive e conformi alla legge se poi è emersa un’attività criminale questa deve essere colpita con fermezza». Per un’altra vicenda Rossi è sotto processo per falso e si difende così: «La procura ha sbagliato i conteggi calcolando come spese per la campagna elettorale tutte le movimentazioni di un triennio dell’associazione, ne uscirò pulito».

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