Lo stato ha da due anni individuato e approntato il progetto per risolvere il problema delle grandi navi a Venezia, elaborato dal più autorevole organo tecnico della pubblica amministrazione, il Consiglio superiore dei lavori pubblici. La circostanza emerge proprio nei giorni in cui il parlamento sta dando l’ok al decreto col quale il governo Draghi ha di fatto rinviato di anni la chiusura del dossier. Si prevede da un lato l’indizione di un «concorso di idee in due fasi» per promuovere «progetti di fattibilità» inerenti la realizzazione di un terminal distante da Canale della Giudecca e San Marco, e dall’altro la costruzione di una nuova stazione marittima (61 milioni di euro), teoricamente temporanea, a Marghera, allo sbocco settentrionale del Canale dei Petroli che le navi dovranno quindi percorrere per intero a fianco di petroliere e portacontainer.

Ai margini della Laguna

A rivelarlo è Gianluca Ievolella, provveditore alle opere pubbliche in Sicilia e Calabria e membro senior del Consiglio: «Con Andrea Ferrante (altro componente specializzato in ingegneria idraulica, ndr) preparammo un progetto preliminare per spostare le navi di maggiori dimensioni da Giudecca e San Marco, allontanandole fino ai margini della Laguna. Del resto per molte delle più gettonate destinazioni crocieristiche del mondo gli approdi sono in realtà distanti: penso a Miami e Fort Lauderdale o al Cairo e Port Said. La soluzione per Venezia è analoga: a Chioggia può esser costruito un terminal adatto da cui trasferire i passeggeri a Venezia con dei bateau-mouche».

Il lavoro risale all’estate 2019, ed è stato realizzato dopo l’incidente della Msc Opera, che all’inizio di giugno di quell’anno aveva perso il controllo nel Canale della Giudecca ed era andata a sbattere contro un battello all’ormeggio. «Ci rivolgemmo subito al Consiglio. A esito di un’attenta analisi, Chioggia fu individuata come l’unica soluzione possibile per preservare il crocierismo di Venezia e al contempo portare ai margini della Laguna le grandi navi. Quella soluzione, inoltre, garantisce il minore impatto in termini di dragaggi, inferiori rispetto a quelli che servirebbero per il Canale Vittorio Emanuele o che serviranno per adeguare e manutenere costantemente il Canale dei Petroli» ricostruisce l’allora ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli.

La crisi del Conte I

«L’analisi di fattibilità fu ultimata fra luglio e agosto (l’archivio della Camera contiene un documento dell’Autorità portuale, risalente al 17 luglio, in cui si menziona una disamina propedeutica al lavoro poi completato dal Consiglio su Chioggia, ndr), ma di lì a poco la crisi di governo raggiunse l’acme e il Conte I cadde senza darmi il tempo di avviare le procedure» prosegue Toninelli: «In cinque anni avremmo avuto due banchine per le maxinavi e realizzato le unità per il trasbordo a Venezia. La stazione marittima esistente avrebbe continuato a ospitare le navi inferiori alle 40mila tonnellate di stazza lorda e gli yacht. Avevo inoltre dato mandato all’Autorità portuale di organizzare un sistema di approdi diffusi da usare negli anni occorrenti ai lavori, in modo da togliere subito le navi da San Marco. Approdi da organizzare a Fusina, però, all’imbocco del Canale dei Petroli, non a Marghera come quelli di cui si discute oggi, per i quali resta il problema dell’approfondimento di quel Canale».

Cambiato il governo, l’elaborato del Consiglio non è mai stato reso pubblico: che fine ha fatto il progetto? «Insabbiato nelle stanze del potere. È rimasto lì, in un cassetto» risponde Ievolella, convinto che, se lo si interpellasse, l’organo di cui fa parte riproporrebbe quella soluzione. E allora perché il governo ha deciso di riportare la pedina indietro di anni, avviando nel contempo la realizzazione di una nuova struttura la cui pretesa temporaneità è sconfessata da costi e tempi (progetto da finire e due anni di lavori)? Né Ievolella né Toninelli possono rispondere, ma il successore di quest’ultimo, Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, unico titolato, non ha voluto farlo.

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