In Russia si è soliti affermare che «le elezioni presidenziali americane sono uno dei più importanti eventi della politica interna russa». Come ha sottolineato più volte il Guardian, gli americani si trovano dinanzi a una “scelta epica”, che non riguarda solamente due visioni politiche contrapposte, ma assume anche una rilevanza sociale, economica e valoriale sul piano domestico con effetti significativi per il futuro assetto del sistema internazionale.

Se negli Stati Uniti la sconfitta di Donald Trump non significherebbe automaticamente liberarsi da quello che rappresenta e a Joe Biden spetterebbe il difficile compito di ricostruire il tessuto sociale e identitario degli americani, è lecito chiedersi se, invece, si possono intravedere scenari diversi nei rapporti con la Russia di Putin.

Qual è l’atteggiamento dei russi nei confronti di questo importante appuntamento elettorale? E quali sono gli orientamenti politici prevalenti all’interno del Cremlino?

Gli indifferenti

Un mese fa il principale istituto di ricerca indipendente  - Levada Center - ha posto la seguente domanda: “chi ritenete sia meglio per la Russia?” Il 65 per cento del campione intervistato ha risposto che la questione è irrilevante, il 16 per cento pensa che la scelta giusta sia Trump, il 9 per cento Biden, mentre per il 10 per cento è difficile rispondere. Rispetto alla rilevazione del 2016 che attestava Trump al 60 per cento e Hillary Clinton al 5 per cento, la situazione è decisamente cambiata.  

Considerato «un amico della Russia», ora solamente il 23 per cento dei russi ha un’opinione positiva di Trump, mentre il 43 per cento esprime un giudizio negativo. Il 55 per cento dei rispondenti ha, invece, sentito parlare di Biden per la prima volta durante la campagna elettorale (Istituto Fom).

Quattro anni fa i russi avevano particolarmente apprezzato la retorica di Trump, priva di critiche accese nei confronti della Russia e pronta al dialogo con Putin. L’America First aveva definito una nuova agenda politica concentrata sulle dinamiche interne, ridimensionando il ruolo degli Stati Uniti nei conflitti internazionali e considerando la Cina il vero nemico da contrastare al posto della Russia.

Tuttavia, in questi anni Trump, anche per le resistenze nel Congresso, non è riuscito a migliorare la qualità dei rapporti tra i due paesi, a implementare accordi su diverse tematiche e a evitare nuove sanzioni.

Tutto questo ha certamente influito nella percezione negativa dell’opinione pubblica sull’operato di Trump e confermato il trend di atteggiamento antiamericano del popolo russo: ben il 70 per cento dei russi ritiene che il nemico principale del proprio paese siano gli Stati Uniti, seguiti dall’Ucraina (14 per cento) e dal Regno unito (10 per cento).

Le notizie trasmesse dai media russi non lasciano trapelare un’evidente scelta di campo e variano da posizioni in cui si esalta la «virilità» di Trump, dimostrata dopo l’annuncio del contagio da Covid, e si critica «l’affare ucraino» del figlio di Biden, alla diffusione da parte di Russia Today (RT) di un  video su YouTube che schernisce Trump per la sua sconfitta e conseguente fuga a Mosca per firmare un contratto con l’emittente televisiva.

Cosa pensa il Cremlino

All’interno dell’élite del Cremlino vi sono, invece, pareri contrastanti che rispecchiano le diverse fazioni che ruotano attorno alla figura del presidente Putin.

Coloro che nel 2016 avevano sostenuto la candidatura della Clinton ritengono che Trump sia “una variabile pazza” che, destabilizzando il sistema internazionale, minaccia anche la Russia. Al contrario, tra i rappresentanti delle agenzie statali e dell’apparato di sicurezza (i siloviki) la riconferma di Trump costituirebbe un ulteriore elemento di debolezza della politica interna americana e del suo ruolo in Occidente, favorendo ampi margini di manovra per la Russia nello spazio post-sovietico e nel Medio Oriente.

Dal punto di vista economico, gli analisti rilevano che la vittoria di Trump avrebbe effetti positivi sul rublo e sulla stabilità del mercato degli idrocarburi. La presidenza di Biden e la sua politica delle sanzioni, anche in ambito energetico, avrebbe ripercussioni negative sul sistema bancario russo.

La posizione di Putin è alquanto prudente perché è consapevole che qualsiasi sua affermazione può essere usata strumentalmente dagli americani (basti pensare alle accuse di interferenze russe nelle elezioni)  e, pertanto, si è limitato ad affermare che collaborerà con il futuro presidente, a prescindere dal vincitore.  

Putin ha apprezzato l’apertura di Biden sull’estensione del trattato di disarmo nucleare New Start in scadenza a febbraio, ma è consapevole che egli rappresenta una continuità con la politica estera dell’ex presidente Barack Obama, costellata anche da una “tagliente retorica antirussa”.

Al di là delle valutazioni politiche sui vantaggi/svantaggi dell’esito delle elezioni americane, la storia delle relazioni tra questi due paesi e l’approccio pragmatico/conservatore di Putin dimostrano che la retorica del nemico americano è uno strumento essenziale per il mantenimento della stabilità politica interna alla Russia nell’ottica delle difesa nazionale contro gli imperialisti americani.

I fatti sinora hanno dimostrato che un’America polarizzata, lacerata socialmente anche dalla situazione pandemica e il suo disimpegno internazionale hanno indebolito il primato dell’Occidente nella sfida contro i regimi illiberali.

Putin ha compreso queste dinamiche, come ha recentemente affermato, e non accetterà «il graduale indebolimento della Russia» e si preoccuperà «solo di una cosa: come non prendere un raffreddore ai loro funerali».

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