Con il suo primo Dpcm anti Covid-19, approvato martedì 2 marzo, il governo Draghi ha deciso di dare una stretta alla scuola: a partire dal 6 marzo la didattica a distanza al 100 per cento sarà obbligatoria in tutte le zone rosse e più facile da adottare in zona arancione e gialla.

La decisione del governo ha riaperto un dibattito che dura dall’inizio della pandemia: le scuole sono luoghi sicuri oppure a rischio contagio? A questa domanda tecnici ed esperti hanno fornito risposte diverse e spesso in contraddizione. Ma a un anno dall’arrivo della pandemia in Europa, iniziamo ad avere qualche dato concreto, anche in Italia.

I pericoli della scuola

Su un punto tutti gli scienziati sono d’accordo: la scuola non è meno pericolosa di qualsiasi altro luogo chiuso e affollato. Rispettare tutte le regole e i protocolli, come ad esempio la distanza di sicurezza, serve solo a ridurre la possibilità di contagiarsi, non ad eliminarla.

Un pericolo spesso dimenticato è l’aerosol, la nube di microparticelle di saliva che viene emessa parlando o tossendo, così leggera che può restare in aria per ore e può contagiare anche chi si trova a grande distanza dalla fonte del virus. Nell’ultimo anno, gli scienziati hanno scoperto numerosi episodi in cui all’interno di teatri e ristoranti, l’aerosol ha causato il contagio di decine di persone nello spazio di poche ore.

Per difendersi da questo tipo di contagio i due sistemi più efficaci sono indossare sempre la mascherina e arieggiare frequentemente gli ambienti. Non sempre però queste due soluzioni vengono adottate all’interno delle scuole, dove i protocolli di sicurezza si sono concentrati sul distanziamento e la sanificazione delle superfici.

La situazione in Italia

La scuola è un luogo a rischio, ma in quanti casi questo pericolo si è trasformato in contagi reali è molto meno chiaro. Il rapporto più completo ed esaustivo in proposito è stato pubblicato dall’Istituto superiore di sanità lo scorso 30 dicembre e si riferisce a dati raccolti tra il 24 agosto e il 27 dicembre.

In questo periodo l’Iss ha identificato nel sistema scolastico italiano un totale di 3.174 focolai, cioè catene di contagi formate da due o più persone. Si tratta di circa il 2 per cento del totale dei focolai nazionali identificati: un numero probabilmente «sottostimato» rispetto al numero reale, scrive l’Iss.

Nello stesso periodo è stato identificato un totale di 203.350 contagi nella fascia di età scolastica, quella che va dai 3 ai 18 anni (ma non si conosce quanti di loro si siano effettivamente contagiati a scuola). Si tratta dell’11 per cento del totale dei casi registrati.

La fascia d’età 3-18 comprende circa il 15 per cento degli italiani, quindi è facile concludere che nel periodo tra la fine di agosto e la fine dell'anno scorso il numero di contagiati in età scolastica è stato in proporzione inferiore a quello del resto della popolazione. L’Iss concludeva il suo rapporto scrivendo che le scuole erano quindi «ambienti relativamente sicuri» e che «il loro ruolo nell’accelerare la trasmissione del nuovo coronavirus» era «limitato».

Cosa è accaduto a febbraio

Sulla base del rapporto di fine dicembre, il governo Conte ha deciso la riapertura delle scuole dopo la sospensione natalizia e le regioni hanno dato il via libera alle lezioni in modo scaglionato, tra l’11 gennaio e il primo febbraio (pur mantenendo il 50 per cento delle lezioni a distanza per le scuole superiori).

La situazione a quel punto è cambiata rapidamente. Con la riapertura almeno parziale di tutte le scuole, i contagi tra i giovani sono iniziati a schizzare verso l’alto. Secondo un nuovo rapporto dell’Iss, tra la fine di gennaio e febbraio la situazione dei contagi nelle varie fasce di età si è invertita: i ragazzi in età scolastica sono diventati il gruppo più colpito dal Covid-19, con il 20 per cento del totale dei nuovi casi (nonostante costituiscano soltanto il 15 per cento della popolazione italiana) e un’incidenza pari a quasi 200 casi per 100mila persone, contro i circa 150 del resto della popolazione.

Non è ancora chiaro cosa abbia causato questo aumento, ma gli esperti dell’Iss hanno citato tra le possibili spiegazioni la cosiddetta variante inglese del coronavirus, che è più contagiosa e quindi potrebbe essersi diffusa molto più rapidamente nella popolazione scolastica.

Ci vorranno ancora molti studi per arrivare a una risposta definitiva, ma l’aumento dei contagi è stato comunque sufficiente a far cambiare atteggiamento al Comitato tecnico scientifico, il principale organo di consulenza del governo, che nel corso degli ultimi giorni è passato dal consigliare la riapertura delle scuole a suggerire le nuove regole per rendere più rapide le chiusure che il governo ha adottato nell’ultimo Dpcm.

 

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