Fu un’estate terribile. Un’ondata di calore investì l’Europa facendo schizzare le temperature a livelli mai visti. In Italia il termometro superò i 40 gradi, in Svizzera si raggiunsero i 41,5 gradi, in Portogallo, nell’Alentejo, fu toccato il record di 49 gradi, in Francia il 15 per cento delle città boccheggiò a oltre 40 gradi.

Era il 2003 e l’eccezionale livello di calura mise inevitabilmente sotto stress anche il sistema elettrico, aggiungendo ulteriori disagi alla popolazione. Già in luglio oltre 6 milioni di italiani erano stati colpiti da vari blackout, ma l’incidente più grave avvenne domenica 28 settembre 2003, quando il crollo di un albero in Svizzera interruppe nella notte alcune linee elettriche che collegavano il paese alpino con l’Italia.

Alle 3 e 27 minuti l’intero territorio italiano si ritrovò senza elettricità, con treni e aerei fermi, semafori spenti, ascensori bloccati. Ci vollero diverse ore per ripristinare la fornitura di energia elettrica: al nord intorno alle 9, al centro alle 16 e 30, al sud alle 19 e in Sicilia addirittura alle 22.

A quasi vent’anni di distanza dalla torrida estate del 2003 abbiamo vissuto un’altra stagione caldissima, ma il sistema elettrico ha dimostrato una maggiore resistenza. E questo nonostante la siccità, che riduce la produzione idroelettrica e mette a rischio quella delle centrali termoelettriche, e nonostante una base produttiva teoricamente più fragile.

Infatti, nel 2003 il grosso dell’elettricità veniva fornito dalle centrali termoelettriche, che funzionano sempre: 230 miliardi di kilowattora sui 280,2 miliardi di produzione totale. Seguivano l’idroelettrico con 43,7 miliardi mentre geotermico, fotovoltaico ed eolico messi insieme rappresentavano una parte minima della produzione elettrica totale.

Oggi in Italia si producono più o meno gli stessi miliardi di kilowattora, 278,1 nel 2021, ma in modo completamente diverso e decisamente meno inquinante: il termoelettrico è crollato a 180,6 miliardi di kilowattora, l’idroelettrico è salito a 46,3 miliardi, il geotermico resta sui 5,5 miliardi mentre il fotovoltaico è quintuplicato a 25,1 miliardi e l’eolico è cresciuto addirittura di 14 volte raggiungendo una produzione di 20,6 miliardi di kilowattora.

Sistema nervoso

Un sistema che si basa su una forte produzione rinnovabile dovrebbe essere più a rischio, poiché dipendere dal vento e dal sole significa affidarsi a fonti intermittenti. Ma ad abbattere questo pericolo contribuisce con un ruolo fondamentale la rete elettrica: più il sistema è interconnesso, minori sono i rischi di blackout.

Nel 2003 Terna non era ancora operativa come società indipendente, frutto della liberalizzazione, alla quale è stata affidata la regia della rete di trasmissione elettrica nazionale e che ha iniziato la sua piena attività sotto una nuova corporate governance nel 2004. Primo caso in Europa di gestore della rete completamente separato dai produttori di energia, Terna ha potuto lavorare senza conflitti di interesse: per esempio, interconnettendo le isole maggiori sta contribuendo a mettere fuori mercato centrali elettriche vecchie e inquinanti.

La sfida che la rete deve affrontare in questi anni è gigantesca perché la produzione da fonti rinnovabili è destinata a crescere moltissimo: la legge europea sul clima stabilisce infatti che l’Unione debba raggiungere la neutralità climatica (“net zero”) entro il 2050 con l’obiettivo intermedio di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030.

Ma di solito la produzione di elettricità da fonti rinnovabili non è vicina a chi consuma l’energia. Di conseguenza occorre collegare i nuovi impianti di energia rinnovabile che sono lontani dalle industrie e dalle grandi città e vanno potenziati i collegamenti tra nord e sud.

Dal “Documento di descrizione degli scenari”, realizzato da Terna e Snam, si evince che, se il piano europeo Fit for 55 andrà avanti come previsto, in Italia nel 2030 la produzione rinnovabile complessiva (idrico, eolico, fotovoltaico, bioenergie e geotermico) dovrebbe essere pari a 239 miliardi di kilowattora, cioè più del doppio rispetto ai livelli del 2021. Questo significa avere in attività quasi 102 gigawatt di impianti solari ed eolici, con un balzo di ben 70 gigawatt rispetto ai 32 installati al 2019. Tradotto: occorre aumentare di circa 12 gigawatt il fotovoltaico di piccola taglia su tetti, di 16 gigawatt l’eolico e di ben 41,6 gigawatt il solare di grande taglia.

Un obiettivo raggiungibile almeno tecnicamente (ma c’è la burocrazia di mezzo) visto che Terna a oggi ha già ricevuto richieste di connessione di nuove fonti rinnovabili per circa 230 gigawatt. Per collegare i nuovi impianti alla rete e per potenziare l’intero sistema elettrico Terna ha programmato investimenti per 18,1 miliardi di euro nei prossimi 10 anni, come indicato nell’ultimo Piano di sviluppo, pubblicato nel 2021.

Trenta progetti

Sono trenta i progetti che verranno realizzati con l’obiettivo di favorire la transizione energetica e di rendere più solida una rete che in questi anni è cresciuta molto e che oggi misura circa 75mila chilometri di estensione. Tra questi, il nuovo elettrodotto di 84 chilometri tra le province di Bologna e Firenze per rafforzare la capacità di scambio tra nord e centro-nord; il collegamento tra Sicilia e Calabria, che permetterà di aumentare fino a due gigawatt lo scambio di energia elettrica tra l’isola e il continente; due nuove linee in Sicilia per migliorare la rete regionale e favorire la produzione da fonti rinnovabili; nuovi elettrodotti tra Campania e Basilicata e cavi sottomarini con l’isola d’Elba.

Ma i progetti più impegnativi sono due colossali collegamenti sottomarini. Il primo è il Tyrrhenian Link, lungo 950 chilometri, che collegherà la Sardegna alla Sicilia e quest’ultima alla Campania: l’opera, dal costo di circa 3,7 miliardi di euro, migliorerà le interconnessioni tra le tre regioni e contribuirà alla dismissione delle centrali a carbone presenti in Sardegna.

Il secondo collegamento sottomarino, che entrerà in servizio nei prossimi anni, è l’Adriatic Link, lungo circa 280 chilometri tra Abruzzo e Marche. L’opera, che comporterà un investimento di circa 1,1 miliardi di euro, servirà a portare l’energia prodotta dagli impianti eolici e fotovoltaici presenti in gran parte nel sud Italia verso i centri di consumo del nord e a rendere ancor più sicura la rete.

A questi tasselli si aggiungono i collegamenti con l’estero, che saranno potenziati nell’ottica di una maggiore integrazione con l’intero sistema elettrico europeo. A oggi Terna ha 26 interconnessioni attive con l’estero. L’elettrificazione e la decarbonizzazione dell’economia del continente, pur con i rallentamenti dovuti alla guerra in Ucraina, non sono in discussione. Ma senza un sistema che trasporti l’energia con sicurezza ovunque serva, gli obiettivi europei non possono essere raggiunti.

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