«Non è accettabile che centinaia di agenti di polizia penitenziaria, già in servizio presso l’istituto di pena di Santa Maria Capua Vetere, risultino sospesi da un anno e mezzo, senza che siano emerse responsabilità dirette. Le posizioni degli agenti vanno riviste singolarmente».

Le parole sono di Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia in quota Lega, e si riferiscono agli agenti penitenziari coinvolti nell’indagine sulle violenze contro i detenuti inermi, avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020. Gli agenti sono sospesi dal giugno 2021 quando è stata eseguita una ordinanza di custodia cautelare nei loro confronti.

Il sottosegretario è intervenuto nei giorni scorsi rilanciando la posizione espressa da Lucia Castellano, provveditrice campana delle carceri, con una lunga esperienza nel settore e, in passato, consigliera regionale di centrosinistra in Lombardia.

«L’importante è guardare sempre alle storie di ciascuno, quindi anche storie complicate, difficili, pesantissime come quelle di chi ha commesso questi atti. Bisogna diversificare le storie e le posizioni, ed è giusto a mio parere dare attenzione a chi magari non ha materialmente partecipato e che era solo lì», ha detto Castellano, che ha preso il posto di Antonio Fullone, sospeso dall’incarico e principale imputato nel processo che si è aperto nelle scorse settimane.

La promozione dell’imputata

Castellano ha espresso i suoi dubbi in occasione della visita di un altro sottosegretario alla Giustizia del governo Meloni, il forzista Francesco Paolo Sisto, che occupava la stessa posizione anche durante l’esecutivo Draghi, quando sono state disposte le sospensioni. I sindacati di polizia spingono per la revisione della misura e per il ritorno in servizio degli agenti. Di certo c’è che alcuni poliziotti penitenziari, non interessati da misure cautelari, sono stati sospesi, altri sono rimasti in servizio.

Una disparità che vede alcuni agenti a casa con metà stipendio e altri ancora al lavoro, come la dirigente di polizia penitenziaria Nunzia Di Donato, rimasta al suo posto. «Si dispone sia assegnata all’ufficio detenuti e trattamento con l’incarico di responsabile della sezione I – gestione detenuti con decorrenza 26 settembre 2022 fino al 25 settembre 2023», si legge in un ordine di servizio firmato da Castellano lo scorso 23 settembre.

Un incarico che Di Donato potrà svolgere mentre è a processo per tortura in concorso con gli esecutori materiali e per un’altra trentina di capi di imputazione per il suo ruolo di «comandante del nucleo traduzioni, facente parte del gruppo di supporto, in qualità di autore e organizzatore delle condotte di seguito indicate», si legge nel rinvio a giudizio. La dirigente Tiziana Perillo, anche lei imputata nel processo per una trentina di capi di imputazione, è stata destinataria addirittura di nuovo incarico. «Si designa quale consigliera di fiducia, secondo le linee guida elaborate dal comitato per le pari opportunità e recepite nel documento allegato all’email ministeriale sopra richiamata», si legge nel decreto.

Perillo e Di Donato sono imputate e avevano ruoli di comando, ma non sono state raggiunte da misure cautelari nell’operazione eseguita dai carabinieri. Ma perché la provveditrice ha firmato queste nomine? «Nel caso di Di Donato aveva l’incarico di responsabile del nucleo traduzioni di Santa Maria Capua Vetere e, quando sono arrivata, ho preferito spostarla. Lei non è mai stata sospesa come Perillo, che ha partecipato a un interpello ed è stata nominata a quel ruolo. Incompatibilità perché c’è un processo in corso? Non ne vedo», risponde Castellano. La provveditrice entra nel merito anche delle posizioni espresse sui sospesi e precisa le sue parole.

La provveditrice

«Iniziamo dicendo che quanto accaduto è una macchia indelebile, io non chiedo una rimozione dei fatti, neanche un’assoluzione, sono ben consapevole di quello che è accaduto e della gravità di quella giornata, ma lo sguardo delle istituzioni deve essere sulle singole storie in modo differenziato», dice. Ma come pensa di riportare in servizio soggetti coinvolti in un processo per tortura?

«Le misure cautelari sono tutte cadute, il processo è iniziato, l’amministrazione deve fare dei distinguo, non devono riammettere tutti, ma bisogna valutare caso per caso. Parlo per alcune posizioni, si può stare un anno e mezzo sospesi dal servizio con metà stipendio? Mentre altri imputati, invece, continuano a lavorare. Noi non assolviamo, la tragedia è epocale, ma come si fa con qualunque imputato valutiamo le singole storie, facciamo dei distinguo», conclude.

Ma bisogna capire come il governo vorrà tradurre questi distinguo, visto che è lo stesso esecutivo che ha annunciato la modifica del reato di tortura e incaricato di occuparsi di carceri e penitenziaria l’ex avvocato di Giorgia Meloni, il deputato Andrea Delmastro Delle Vedove, che agli indagati per tortura voleva dare addirittura l’encomio solenne.

© Riproduzione riservata