Oggi è attesa la più importante consegna di vaccini anti Covid-19 dall’inizio del piano vaccinale: 2,2 milioni di dosi Pfizer. La spedizione porterà il totale delle dosi recapitate nel nostro a paese a oltre 22 milioni e potrebbe consentire di raggiungere, entro fine mese, l’obiettivo di somministrare 500 mila dosi al giorno annunciato dal commissario Francesco Figliuolo. La speranza del governo è che questo ritmo di consegne venga mantenuto dalle aziende, così da potersi riallineare ai traguardi fissati dal piano vaccinale, che fino a questo momento sono stati tutti mancati. 

Negli ultimi giorni, sono state sfiorate le 400mila dosi giornaliere, superando tutti i record precedenti, ma questa settimana, la quota dei vaccini somministrati sul totale di quelli consegnati è tornata ad avvicinarsi al 90 per cento, segno che le consegne non riescono a stare al passo con le capacità di vaccinare.

Ma in alcune regioni sono ancora presenti difficoltà organizzative, mentre alcune fasce d’età iniziano a mostrarsi restie alla vaccinazione. Nella fretta di rispettare gli obiettivi, inoltre, si rischia di sacrificare le vaccinazioni ai più fragili per privilegiare categorie meno vulnerabili, ma più facili da raggiungere.

Accelerazione in Calabria

«L’aumento delle dosi che abbiamo ricevuto ha consentito di ampliare le prenotazioni. Sabato e domenica siamo arrivati a fare circa 14mila dosi», dice Martino Rizzo, direttore dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza in Calabria. Poi, esauriti i vaccini, «siamo tornati agli standard giornalieri, intorno alle 3mila dosi al giorno». Alcuni hub regionali potrebbero raddoppiare le somministrazioni, ma, dice «siamo in attesa dei rifornimenti, quindi dobbiamo mantenerci cauti».

La Calabria è una delle regioni che hanno avuto le maggiori difficoltà ad avviare una campagna vaccinale efficace. L’accordo per impiegare i medici di famiglia nelle vaccinazioni, ad esempio, è stato raggiunto solo a metà aprile, più di un mese in ritardo rispetto a gran parte delle altre regioni.

Superate queste difficoltà, la regione ha iniziato a vaccinare rapidamente e negli ultimi giorni si è allineata alla media del resto d’Italia. Ma i problemi non mancano. Come in altre parti del paese, i vaccinatori riscontrano una certa difficoltà nel raggiungere la fascia 70-79, che sembra fino ad ora la più restia a vaccinarsi. 

Il caso della Puglia

La Puglia è una delle regioni dove si vedono i potenziali effetti della fretta nel cercare di rispettare gli obiettivi di vaccinazione. Lo scorso 14 aprile la regione ha ricevuto 90mila dosi di vaccino Pfizer. La maggior parte è stata inviata ai vari hub regionali, dove, a partire dal 12 aprile, chiunque avesse dai 60 ai 79 anni si è potuto vaccinare senza prenotazione. «Ma quella è stata una cosa di uno, due giorni», dice un responsabile di un hub della provincia di Bari. Nelle settimane successive, la Puglia è diventata una delle regioni che hanno effettuato le maggiori somministrazioni.

Nel frattempo, ai medici di famiglia, incaricati di vaccinare le categorie fragili, sono state consegnate solo una frazione del totale delle dosi. Il coordinamento tra medici e regione, inoltre, continua a essere scarso. Alcuni medici hanno dato appuntamento a pazienti per poi scoprire che nel frattempo si erano vaccinati nelle strutture regionali. «Un’organizzazione caotica», ha detto durante una conferenza stampa sabato scorso Filippo Anelli, presidente dell’ordine dei medici di Bari, «mette a rischio l’efficacia della campagna vaccinale».

In risposta la regione ha destinato un nuovo carico di vaccini ai medici di famiglia. Nella provincia di Bari, ne sono state distribuite 12mila, circa 12 per ogni medico. Sono troppo poche, appena sufficienti per un paio di giorni di vaccinazioni seguiti da un nuovo stop, sostengono i medici di famiglia. «Non sappiamo quando riprenderemo, probabilmente dal 3 maggio», dice il dottor Giovanni Piepoli, medico di famiglia di Noci, in provincia di Bari. «C’è una guerra tra i dipartimenti di prevenzione e distretti locali. I primi sono quelli più forniti, a cui è data la precedenza per la distribuzione dei vaccini». 

Indicatori in miglioramento

Nonostante i problemi, la copertura vaccinale delle fasce più deboli è migliorata significativamente. In totale, oltre l’86 per cento degli over 80 ha già ricevuto almeno una dose di vaccino, una percentuale in linea con la media europea.

È migliorata molto anche la situazione di chi ha tra i 70 e i 79. A marzo l’Italia era all’ultimo posto in Europa per le vaccinazioni in questa fascia d’età, mentre oggi, con una copertura di circa il 66 per cento con almeno una dose, è arrivata quasi a parimerito con la Francia.

 

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