Sono le 10 e 12 del 28 maggio del 1974, il boato di un’esplosione interrompe un comizio antifascista in piazza della Loggia, a Brescia, contro l'escalation di attentati di marca neofascista che aveva sconvolto la città. Proprio una bomba, posta in un cestino dei rifiuti, fa strage: otto morti e 102 feriti. Tre persone muoiono sul colpo, altre tre durante il trasporto in ospedale e due feriti, dopo ore di agonia per le gravi ferite riportate.

A47 anni dalla tragedia Brescia non dimentica e, come ogni 28 maggio dell’anno, commemora le vittime. 

Nel 2020 il presidente della repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio in occasione dell'anniversario della strage scrive che «l'unità con la quale i bresciani reagirono all'attentato terroristico del 1974 fu decisiva per spezzare la catena eversiva che, attraverso una scia di sangue e di morti innocenti lunga diversi anni, intendeva minare le fondamenta popolari della democrazia e colpire i principi costituzionali».

E anche oggi, Mattarella ricorda quei morti, dicendo che l'attentato «di matrice neofascista, accertata dai procedimenti giudiziari, era parte di un'azione eversiva che aveva lo scopo di indebolire la democrazia, colpire le libertà costituzionali, seminare paura e, in questo modo, ostacolare la partecipazione civile, sindacale, politica».

La verità dopo 43 anni

Da quel giorno, ci sono voluti tre processi e 43 anni per arrivare a una sentenza definitiva di condanna. La strage di Brescia ha dei colpevoli, nomi e cognomi, a differenza di quella di piazza Fontana e di tante altre stragi italiane, avvenute negli anni della cosiddetta «strategia della tensione». 

Il terzo processo, inizia il 25 novembre 2008. Gli imputati sono Carlo Maria Maggi, capo del gruppo neofascista Ordine nuovo nel Triveneto, e Maurizio Tramonte, giovane militante di Padova di Ordine nuovo e informatore dei servizi segreti. È lui la fonte che dà inizio alla “duplice alleanza”, tra i neofascisti della città e il Sid (servizio segreto militare), nello stesso anno 1974 della strage di piazza della Loggia. 

Uno dei tanti incontri, avviene ad Abano Terme il 25 maggio, tre giorni prima della strage della bomba. Maggi dice ai camerati che bisogna fare un grande attentato, che bisogna proseguire nella strategia stragista iniziata il 12 dicembre 1969 a piazza Fontana. In una riunione successiva, precisa che la strage di Brescia dovrà essere solo l’inizio di una serie di altre azioni terroristiche di grande portata: serve aprire un conflitto risolvibile solo con lo scontro armato.

Il Sid sa tutto. E li lascia liberi di agire. Il generale dei servizi, Gian Adelio Maletti, riceve le informazioni, che tiene gelosamente per sé, senza passarle ai magistrati. Passeranno vent’anni prima di scoprire chi è la fonte, chiamata «Tritone», del Sid e per condannarlo.

Il 20 giugno 2017, la Corte di Cassazione conferma la sentenza d’appello che nel 2015 aveva condannato all’ergastolo Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. La giudice Anna Conforti scrive nella sua sentenza che i responsabili sono loro, ma che i nomi dei responsabili sono molti di più. Alcuni morti, altri emigrati altrove, ponendo un sigillo sulla verità, sui rapporti che c’erano negli anni delle bombe tra i neri e le istituzioni.

Maggi e il suo gruppo di Ordine nuovo sono i protagonisti di quegli anni, da piazza Fontana (1969) alla strage alla Questura di Milano (1973), fino a piazza della Loggia, appena un anno dopo.

Nel 2020, Maurizio Tramone, ex fonte «Tritone» dei servizi segreti all'epoca delle bombe, l’unico condannato in vita per la strage di Piazza della Loggia gioca l'ultima carta a sua disposizione e deposita un'istanza di revisione alla corte d'appello di Venezia.

I suoi legali, gli avvocati Baldassarre Lauria e Pardo Cellini, sono convinti che non sia lui il ragazzo raffigurato in una fotografia agli atti del processo che lo ritrae quel giorno in piazza della Loggia. Chi ha riconosciuto Tramonte in quello scatto non può più parlare. Vincenzo Arrigo, con precedenti per calunnia, viene infatti ucciso una settimana prima a Esine, in Vallecamonica, dall’amico Bettino Puritani, che lo ospita agli arresti domiciliari per una vicenda di maltrattamenti e stalking.

L'altro condannato a vita, Carlo Maria Maggi, invece, muore a dicembre del 2018. «La Repubblica mai dimenticherà le vittime innocenti di Piazza della Loggia, l'incancellabile dolore dei familiari, la ferita profonda inflitta non soltanto alla città di Brescia, ma a tutta la comunità nazionale. La Repubblica seppe reagire alla disumanità dei terroristi e ai miti autoritari che li ispiravano con l'unità del popolo che è rimasta presidio del bene comune in tutti i momenti più difficili della storia nazionale. Grazie all'unità degli italiani la democrazia, le libertà, i diritti sono riusciti a prevalere», conclude Mattarella, nel ricordare quella giornata di terrore. 

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