Parallelamente al dibattito politico di questi giorni, in cui si discute sull’aumento delle spese militari fino al 2 per cento del Pil, alla Camera c’è una proposta di legge per la riorganizzazione delle Forze armate italiane.

Il testo racchiude tre diverse proposte di legge in un unico documento e prevedono, oltre alla riduzione del personale, anche una riorganizzazione interna dei gradi, nuove procedure di reclutamento per i volontari e l’eventuale entrata di personale tecnico e specializzato.

Gli obiettivi da raggiungere

La Legge Di Paola del 2012 prevedeva già una sostanziale riduzione dell’organico militare da raggiungere entro il 2024. Il personale delle Forze armate aveva raggiunto costi oramai insostenibili, nel 2012 gli stipendi costavano circa 9.6 miliardi di euro e così si è deciso di passare da 190mila militari e 30mila civili che potevano essere messi a disposizione della Difesa, a una riduzione per arrivare a 150mila militari e 20mila civili.

Oggi, però, benché siano diminuiti i numeri, l’obiettivo rimane ancora lontano per quanto riguarda i militari che sono circa 165mila, mentre i civili sono scesi a 22.700.

Il riordino delle carriere

Il testo in discussione a Montecitorio, oltre a prevedere uno slittamento della riduzione progressiva del personale, dal 2024 al 2030, stabilisce anche un aumento del numero dei sottufficiali.

La ratio, quindi, non è solo quella di diminuire i costi come annunciato dal deputato relatore leghista Roberto Paolo Ferrari, che saranno divisi tra la spesa del personale (50 per cento), l’esercizio (25 per cento) e gli investimenti (25 per cento), ma anche di aumentare la qualità del personale disponibile.

Infatti, in caso di approvazione della proposta, l’Esercito italiano potrà contare su 1.230 sottufficiali in più, la Marina militare su mille unità in più, mentre per l’Aeronautica saranno disponibili altri 1.100 sottufficiali. In totale si parla di 3.300 persone.

A parità di numero (3.300) diminuiscono i volontari tra quelli in servizio permanente e quelli in ferma prefissata, tranne che per l’Esercito. In quest’ultimo caso i volontari in forma prefissata aumenteranno di quasi mille unità. L’obiettivo, infatti, è anche quello di cambiare la loro modalità di reclutamento.

I nuovi volontari

L’attuale modello si basa su due programmi Vfp1 (volontari ferma prefissata di un anno) e Vfp4 (di quattro anni), che possono essere allungabili facendo arrivare il volontariato a 11 anni di servizio totali, oppure far integrare il personale tra i volontari in servizio permanente. Vfp1 e Vfp4 lasceranno spazio a due diversi programmi: volontari in ferma prefissata iniziale (tre anni) e volontari in ferma prefissata triennale. Solo la durata di quest’ultima può essere prolungata per il tempo necessario al completamento dell’iter concorsuale per chi ha presentato domanda di reclutamento per il servizio permanente.

Ma i requisiti per accedere ai due programmi sono diversi. Nel primo caso l’età non deve essere superiore ai 24 anni e bisogna essere in possesso sia dell’idoneità fisico-psicoattitudinale sia del diploma di istruzione secondaria di primo grado. Nel secondo caso non bisogna aver superato i 28 anni di età, con deroghe fino ai 29, e oltre ai requisiti sopra menzionati si deve anche superare un corso basico di formazione iniziale.

La delega al governo

Secondo la proposta di legge il governo è «delegato ad adottare» entro i 12 mesi dall’entrata in vigore «uno o più decreti legislativi per la revisione dello strumento militare nazionale» sulla base di alcune linee guida. Questo cosa comporta?

Fermo restando il limite organico di 150mila unità per le Forze armate, il governo può adottare misure per prevedere un contingente aggiuntivo di massimo cinquemila unità ad alta specializzazione (medici, ingegneri, tecnici di laboratorio etc.), può istituire una riserva ausiliaria dello stato non superiore alle diecimila unità, può costituire un contingente aggiuntivo di 450 ufficiali medici in servizio permanente e 675 marescialli, graduati, appuntati e carabinieri.

Con l’invasione russa dell’Ucraina i governi europei ragionano sull’efficacia dei loro eserciti e corrono al riarmo aumentando la spesa militare e adeguandola agli standard della Nato. Il rischio per l’Italia però è anche quello di accelerare il processo di riorganizzazione interna delle Forze armate, semplificando l’attuale modello senza però risolvere i problemi più annosi.

L’Italia, ad esempio, è tra i paesi Nato che in percentuale spende di più per il suo personale militare (circa il 60 per cento delle risorse). Una spesa considerata inefficiente considerando che in questo modo vengono sottratte risorse importanti ad altri settori della Difesa. La proposta di legge è all’esame dell’aula della Camera, poi passerà al Senato. Non è escluso che il dibattito politico di questi giorni potrebbe accelerarne l’esame.

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