Se fosse una fiction, o comunque una questione poco seria, la si potrebbe intitolare la più pazza campagna vaccinale del mondo. Invece, si tratta di un tema che attiene alla salute delle persone, e lo si sta gestendo in modo a tratti surreale. Com’è noto, il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha emanato una circolare con cui ha recepito le raccomandazioni del Comitato tecnico scientifico (Cts). La circolare presenta diverse criticità.

Le criticità della circolare di Speranza

In conferenza stampa, l’11 giugno scorso, il ministro aveva affermato: «le raccomandazioni del Cts saranno dal Governo tradotte in modo perentorio». Poi però ha Emanato una circolare, atto amministrativo che quanto a “perentorietà” sta al di sotto dell’ordinanza, strumento di cui il ministro avrebbe potuto avvalersi, con un livello di prescrittività più intenso. Ma, come detto molte volte, sin dall’inizio della pandemia si è reso palese un problema con le fonti giuridiche.

La circolare si limita ad affermare che «il vaccino Vaxzevria viene somministrato solo a persone di età uguale o superiore ai 60 anni (ciclo completo). Per persone che hanno ricevuto la prima dose di tale vaccino e sono al di sotto dei 60 anni di età, il ciclo deve essere completato con una seconda dose di vaccino a mRNA». Ma nel parere del Cts, che costituisce parte integrante della circolare, si rilevano profili che mostrano alcune criticità della circolare stessa.

Innanzitutto, il Comitato fornisce raccomandazioni, «pur rimandando alla competenza e responsabilità delle Autorità amministrative a ciò preposte».

Le autorità cui il Cts fa riferimento sono il ministro della Salute e l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). Il primo può adottare decisioni di uso dei farmaci solo entro i limiti dell’autorizzazione della seconda e, qualora voglia ricorrere a usi diversi, deve preventivamente ottenere una nuova autorizzazione di Aifa.

Quest’ultima, infatti, è l'autorità nazionale competente per l'attività regolatoria dei farmaci e «opera in autonomia», pur sotto la direzione e la vigilanza del ministero della Salute. Ma, al momento dell’Emanazione della circolare di Speranza, Aifa aveva autorizzato esclusivamente le due dosi del medesimo vaccino, e non la “eterologa”, cioè il mix tra AstraZeneca e vaccini a mRNA.

Quindi, il ministro della Salute ha prescritto tale mix in quanto raccomandato dal Cts, mero organo di consulenza, e senza la preventiva autorizzazione di Aifa, soggetto competente. In altre parole, Speranza ha sancito un uso al di fuori delle indicazioni dell’autorità del farmaco (uso off label), contenute nel “bugiardino”, scavalcando l’autorità stessa.

L’autorizzazione di Aifa non poteva reputarsi sostituita dalle due righe nel modulo per il consenso informato, redatto dall’Aifa stessa e allegato alla circolare, ove si dice che «Comirnaty può essere utilizzato per completare un ciclo vaccinale misto, nei soggetti di età inferiore ai 60 anni che abbiano già effettuato una prima dose di vaccino Vaxzevria»: serviva una determina dirigenziale. E, sul piano giuridico, di chi sarebbe stata la responsabilità, qualora si fossero verificati eventi avversi a causa del mix vaccini? Del ministro della Salute, che ha prescritto l’eterologa senza autorizzazione dell’Aifa, peraltro con una mera circolare, non con un’ordinanza, allegando un modulo di consenso informato che di fatto non informa? Dei presidenti di regione, ai quali fanno capo le competenze in tema di salute, quindi pure di somministrazione dei vaccini? Dei vaccinatori? Forse queste domande hanno indotto il presidente della Campania a opporsi alla circolare, in attesa di chiarimenti.

Intanto, nella serata del 14 giugno, Aifa ha emesso la determina dirigenziale, consentendo l’uso off label, cioè che i vaccini a mRNA possano essere utilizzati come richiami dei vaccini a vettore virale. In sintesi, per oltre tre giorni le decisioni del ministro, quindi le vaccinazioni effettuate in tali giorni, sono rimaste prive di copertura da parte dell’autorità preposta, e ciò è molto grave.

Il consenso informato

Nel proprio parere, il Cts raccomanda il mix vaccinale «benché i) tutti gli studi registrativi per i vari vaccini siano stati condotti utilizzando due dosi dello stesso vaccino; ii) non siano stati pubblicati, allo stato, studi che includono un elevato numero di soggetti (…)».

Subito dopo il Comitato afferma che comunque la vaccinazione “eterologa” ha un suo solido razionale immunologico e biologico, «e non appare essere sconsigliabile», sulla base dei «dati attualmente disponibili derivanti da studi condotti in diversi paesi europei». L’espressione “non appare essere sconsigliabile” è un capolavoro di contorsione semantica del Cts, forse per sfumare la propria posizione.

Detto ciò, nel modulo di “consenso informato” non si mette al corrente il vaccinando circa la limitata disponibilità di evidenze sul mix vaccinale, nonostante il “razionale immunologico e biologico” per l'impiego (e non si riportava nemmeno il fatto che secondo il “bugiardino” non si potesse cambiare vaccino per la seconda dose, cosa poi autorizzata, come detto). Il modulo dovrebbe essere reso più specifico, e informare veramente.

Sul sito della Fondazione Veronesi, ad esempio, si legge che i pochi studi sul mix di vaccini «sembrerebbero indicare la bontà dell'approccio. Ciò non significa che non ci siano incognite. La principale è quella relativa ai numeri, ancora troppo scarsi per trarre solide conclusioni». «Diversi gruppi sono infatti al lavoro per trovare il giusto mix, perché non basta somministrare due dosi differenti», e «solo i dati accumulati nel tempo potranno dirci se si tratta di una strategia vincente».

Infine, si sono modificate per l’ennesima volta le indicazioni di somministrazione di AstraZeneca - due giorni dopo la morte di una ragazza, ma con la motivazione del «cambiamento di scenario epidemiologico», e non del decesso – mentre l'Ema il 14 giugno ha ribadito che tale vaccino «resta autorizzato per tutta la popolazione», e ciò sulla base di studi ben più ampi di quelli che hanno portato ad ammettere l’eterologa. Tuttavia, siccome la competenza sulla salute è statale, il cittadino non potrebbe pretendere la seconda dose di AstraZeneca richiamando la decisione dell’Ema.

Il certificato digitale Ue

A ciò si aggiunge un altro problema. Il 14 giugno, il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro portoghese, Antonio Costa, hanno firmato il regolamento sul certificato digitale Covid dell'Unione europea. Il certificato - oltre ad attestare la negatività al virus o la guarigione dalla malattia - proverà il completamento del ciclo per i vaccini approvati da Ema. Ma Ema non ha autorizzato l’eterologa, solo le due dosi del medesimo preparato. Come ci si regolerà per il cosiddetto green pass?

Se un Paese Ue non consente l’eterologa ai propri cittadini, attribuirà le agevolazioni previste dal certificato verde ai cittadini italiani vaccinati con tale metodo? Domande che alimentano la già notevole confusione.

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