Terminata la pausa estive e finite le chiusure scattate a causa delle ondate pandemiche, le scuole hanno riaperto in gran parte d’Europa e nel resto del mondo. Mano a mano che arrivano i primi dati sulla situazione dei contagi al loro interno è possibile iniziare a farsi un’idea di quanto questa riapertura sia stata sicura.

La prima cosa da dire è che grazie ai vaccini e ad altre misure non farmacologiche (come mascherine, distanziamento e ventilazione), il rientro in classe non è stato particolarmente agitato e in nessun paese le scuole hanno avuto la riapertura disastrosa che si poteva temere negli scenari più pessimistici.

Ma in molti paesi, tra cui l’Italia, i ragazzi in età scolare sono tra i più contagiati della popolazione, soprattutto se minori di 12 anni e quindi non ancora vaccinati (ma negli Stati Uniti presto si inizierà a vaccinare anche loro).

Se queste infezioni avvengono tra le mura scolastiche o da altre parti, però, rimane difficile da dire. Nonostante l’importanza centrale delle scuole, i dati sulla situazione Covid al loro interno sono quasi ovunque parziali e incompleti.

Stati Uniti

In quasi tutti gli stati americani, le scuole hanno riaperto da oltre un mese e mezzo. Nel paese, la fascia d’età 5-11 anni è la più contagiata insieme a quella 30-39, con 137,8 casi ogni 100mila abitanti. In quella 12-15 i casi sono 120,2 e in quella 16-17 124,5. La media nazionale è di circa 110 casi ogni 100mila abitanti.

Ma non in tutto il paese le cose sono andate così. Le regole di contenimento variano da stato a stato, e mentre ci sono scuole dove tutto è tornato a una sorta di normalità pre pandemica, in altre sono ancora in vigore varie misure di distanziamento.

A New York, i dati sembrano indicare che le scuole rimangono luoghi più sicuri di molti altri. A metà ottobre, ad esempio, il tasso di contagio tra gli studenti era pari a 0,25 ogni cento, una percentuale significativamente più bassa della popolazione generale, che mostra un tasso di contagi pari a 2,43 positivi ogni cento tamponi effettuati.

Parte di questo merito è dovuto al fatto che nelle scuole di New York sono ancora in vigore diverse misure di contenimento, come mascherine obbligatorie, impianti di ventilazione migliorati, vaccinazioni obbligatorie per il personale scolastico e test settimanali per gli studenti.

C’è però anche un problema di numero di test. L’obiettivo delle autorità sanitarie della città è testare ogni settimana un campione random pari al 10 per cento degli studenti. Circa un quarto delle scuole non riesce a raggiungere questo obiettivo, che è comunque ritenuto troppo basso per consentire di bloccare in tempo eventuali focolai.

La California è un altro stato interessante. Qui, il governatore ha deciso di imporre l’obbligo vaccinale a tutti gli studenti a partire dal prossimo anno. È l’unico e il primo stato americano a imporre una misura simile.

Anche in California diverse misure di contenimento sono ancora in vigore in classe. Dati della società americana Burbio, evidenziano come delle 2.321 chiusure scolastiche a livello nazionale da agosto a causa di Covid-19, circa l'1 per cento era in California, anche se lo stato rappresenta il 12 per cento degli studenti fino alle scuole medie della nazione. In tutto il paese, il 57 per cento dei giovani tra i 12 e i 17 anni ha ricevuto almeno una dose di vaccino contro il Covid-19. In California, il tasso di vaccinazione in quella fascia di età è del 69 percento, uno dei più alti della nazione.

È notizia del 2 novembre quelle per cui il direttore dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha annunciato l’autorizzazione del vaccino Pfizer/Biontech anche per i bambini da 5 a 11 anni in tutta la nazione.

Regno Unito

Nel Regno Unito la situazione sembra al momento più complicata e le scuole sembrano in una situazione più difficile, molto più che a New York o in California.

Il dato principale sui focolai scolastici diffuso ogni settimana dal governo riguarda la percentuale di assenze scolastiche dovute al Covid-19. L’ultimo rilevamento, mostra che il 3,6 per cento di tutti gli studenti britannici è al momento in quarantena per essere stato trovato positivo al Covid-19 (solo i positivi sono obbligati alla quarantena, il resto della classe può continuare a frequentare le lezioni). Si tratta in tutto di circa 260mila studenti.

Non sono molti i paesi che raccolgono questo dato, ma che la situazione tra gli studenti del Regno Unito è particolarmente problematica lo rivelano anche le stime sui contagi per fascia d’età, soprattutto per la popolazione con meno di 12 anni, quella che non è stata ancora vaccinata.

Secondo gli ultimi dati, quasi il 10 per cento di tutti i bambini tra i 7 e gli 11 anni è attualmente positivo al coronavirus, una percentuale circa nove volte superiore a quella di tutte le altre fasce d’età superiori. Tra i due e i sei anni, quasi il 4 per cento della popolazione è attualmente positivo.

La situazione delle misure di contenimento scolastiche nel Regno Unito è complicata quasi come quella degli Stati Uniti, con regole differenti tra le scuole che si trovano in Inghilterra, Galles o Scozia. In Inghilterra, l’area più popolosa del paese, le mascherine non sono più obbligatorie in classe, ma i dirigenti possono decidere di adottarle sulla base di circostanze locali. Con il nuovo picco di casi raggiunto nel le ultime settimane, decine di scuole sono tornata a renderle obbligatorie. Il governo sta pensando di estenderne l’uso a tutto il paese, in vista dell’adozione del cosiddetto «piano B»: un parziale ritorno alle misure di contenimento per far fronte al nuovo picco di casi.

Francia

La Francia è uno dei paesi europei che fornisce il maggior numero di dati sulla situazione del Covid-19 nelle sue scuole. Ogni settimana, il ministero dell’istruzione pubblica il numero di scuole e di singole classi messe in quarantena a causa dei contagi. Il ministro dell’Istruzione, inoltre, realizza migliaia di tamponi a campione nella popolazione scolastica e nel persone docente e amministrativo. I risultati di questi test vengono pubblicati settimanalmente.

Nell’ultimo rapporto, realizzato una settimana fa, prima delle vacanze autunnali iniziate lunedì, in Francia c’erano 20 scuole chiuse a causa di focolai di Covid-19, lo 0,03 per cento del totale, e 1.246 classi in quarantena, lo 0,24 per cento del totale.

Nello stesso rapporto, viene indicato che in tutto il paese sono stati identificati 3.620 casi tra gli studenti in una settimana e 257 nel personale scolastico. In tutto, nelle scuole sono stati realizzati 200mila test in una settimana su circa 13,5 milioni di docenti e studenti.

Il dato più importante per comparare la Francia ad altri paesi resta però quello dell’incidenza dei contagi per fasce d’età. A differenza del Regno Unito, questo dato mostra che gli studenti francesi vengono contagiati a una velocità che per il momento sembra sostanzialmente in linea con quella del resto della popolazione.

Nei ragazzi tra gli 0 e i 9 anni, l’incidenza dei contagi, 52 ogni 100mila abitanti, inferiore alla media nazionale di 55 ogni 100mila. Tra i 10 e i 19 anni, invece, sale a 58, leggermente sopra la media.

Con l’epidemia in lenta crescita, diverse regioni francesi sono tornate nell’equivalente francese della zona gialla e così nelle scuole di 39 dipartimenti da lunedì, al ritorno dalle ferie d’autunno, la mascherina tornerà obbligatoria.

Italia

Anche in Italia, come negli altri paesi, l’arrivo dell’autunno e l’apertura delle scuole hanno portato l’incidenza del contagio tra le persone in età scolastica a sopravanzare quelli in quasi tutte le altre fasce d’età.

In Italia, la fascia d’età con maggiore incidenza Covid-19 è quella 6-10, con 80 casi ogni 100mila abitanti. Anche nella fascia 11-13 la cifra è più alta della media: 43 casi ogni centomila abitanti.

Complessivamente però i casi sono più bassi rispetto a Stati Uniti e Regno Unito e anche l’incidenza relativa dei contagi tra gli studenti non è particolarmente diversa da quella del resto della popolazione. Una delle ragioni è probabilmente che, come nelle scuole di New York, in Italia le mascherine sono ancora obbligatorie in quasi tutte le classi, eccetto quelle dell’infanzia.

Rimane però un tasto dolente. Anche quest’anno, come l’anno scorso, il ministero dell’Istruzione ha grosse difficoltà nel pubblicare i dati del monitoraggio che dovrebbe tenere conto del numero di classi e di istituti chiusi a causa del Covid-19, del numero di focolai e di studenti e personale scolastico contagiato, non viene pubblicato. I dati, risulta a Domani, vengono raccolti, ma le difficoltà a consolidarli e analizzarli ne impediscono la pubblicazione.

 

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