Esercito al Quarticciolo: la giornata particolare della borgata “ribelle”

Divise mimetiche, la banda dei granatieri di Sardegna, bambini e bambine che tirano di scherma, provano mosse di judo, si sfidano a ping pong o si cimentano a stare in equilibrio su un surf che simula il movimento delle onde del mare. Sotto un cielo grigio e un'enorme bandiera tricolore portata per celebrare la giornata, al quartiere Quarticciolo di Roma è andata in scena la terza edizione di Esercito & Sport, l’iniziativa promossa dal Ministero della Difesa e dalla Struttura Commissariale per la riqualificazione delle periferie. Gli onori di casa, li ha fatti la Sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti, parlando di «modello Caivano, inclusione e legalità attraverso lo sport», parole che rimbalzano letteralmente sui muri scrostati delle case popolari e sui marciapiedi dissestati del quartiere. L’evento si è svolto all’interno dell’oratorio della Chiesa dell'Ascensione, con accessi limitati «per motivi di capienza» dicono i controllori all'ingresso e un’imponente presenza di forze dell'ordine. Studenti di alcune scuole del V Municipio hanno potuto cimentarsi in diverse discipline sportive guidati dagli atleti del Gruppo Sportivo dell’Esercito, tra cui diversi campioni olimpici. «È un modo per trasmettere ai giovani valori dello sport e della cittadinanza attiva», ha dichiarato Rauti. Fuori però, gli abitanti del quartiere osservano da lontano. Non ci sono rappresentanti del Comune di Roma, che come dice qualcuno in divisa mimetica, quasi a volere fare una battuta, «sono di sinistra e quindi non sono venuti». «Sfrattata e umiliata una donna disabile», la protesta degli abitanti di Quarticciolo Un giornata mimetica Ufficialmente, Esercito & Sport mira a «creare ponti tra le periferie e lo Stato», si legge nella nota diffusa. Ma nella pratica, il Quarticciolo è un quartiere dove i palazzi che minacciano di crollare come il tessuto sociale raccontano un’altra storia. Case Ater (Azienda Territoriale per l’edilizia residenziale del comune Roma) senza manutenzione, famiglie sotto sfratto e centri autogestiti dai residenti che suppliscono all'assenza pubblica. «Questi sono interventi spot, fatti per la vetrina», commenta Diego Zerbini, dell'associazione Quarticciolo Ribelle. «Io vivo qui da anni. Si parla di sicurezza ma è solo una scusa per giustificare lo svuotamento del quartiere. Le case crollano e vengono sgomberate famiglie e donne con bambini senza alternative». La palestra popolare è l'unico vero luogo che gli abitanti hanno a disposizione per fare sport in modo gratuito quando lo desiderano. «È la Casa del quartiere», continua Zerbini. «Offriamo l'insegnamento della boxe, attività di dopo scuola per i bambini, sostegno psicologico». Tutto dal basso. «L'Esercito viene qui e promuove lo sport ma a pochi metri dall'oratorio in cui fanno le dimostrazioni c'è una piscina comunale abbandonata così come un campo da calcio nelle stesse condizioni. Questo è solo uno spot istituzionale che non affronta i problemi reali del quartiere». Elodie e Zerocalcare a Quarticciolo: «Se le istituzioni non ci aiutano, capiamo insieme di cosa abbiamo bisogno» Gli ultimi dati Oxfam mostrano come in Italia il disagio abitativo colpisca oggi circa un milione e mezzo di persone, il 5,3 per cento delle famiglie italiane. Le spese per la casa restano sotto l'1 per cento del Pil, mentre quelle militari aumentano costantemente. «Qui ci sono diversi alloggi Ater vuoti che non vengono distribuiti perché necessitano di essere ristrutturati e rimessi a norma», conclude Zerbini, che nella stessa giornata ha organizzato insieme agli allenatori della palestra popolare una serie di esercitazioni lungo le strade del quartiere per tutti gli abitanti. «Molti dei nostri studenti non possono permettersi nessun tipo di sport», spiega una professoressa che ha accompagnato i suoi alunni al Villaggio dell’Esercito. «Qui hanno potuto provare discipline che non avevano mai visto dal vivo, è un'esperienza che lascia un segno, anche se il contesto rimane contraddittorio». Non ci sono armi esposte, gli atleti indossano la tuta dell’esercito, le uniche pistole presenti sono quelle al laser per la prova del tiro a segno ma sono relegate in un'area meno visibile rispetto a tutto il contesto. Boxe contro l’assedio, da Gaza all’Italia per allenarsi e resistere «Noi siamo andati in piazza a manifestare contro la guerra e il genocidio», continua la docente, «queste tute mimetiche sono forti da vedere ma è innegabile che per i miei studenti questa sia una possibilità che almeno per un giorno è stato giusto provare». Un'immagine su tutte prova a restituire un senso concreto alla giornata: alcune ragazze velate gridano e ridono di gioia mentre giocano a ping pong, provano a dare pugni con i guantoni da boxe e si fanno i video in bilico sul surf. Un momento semplice, l'unico che sembra davvero reale in questa cornice. L'unico che appartiene davvero al quartiere.