Il reato di clandestinità è inutile, anzi mette a rischio i processi ai trafficanti. Lo sostiene il nuovo procuratore capo di Trieste Antonio De Nicolo che in un’intervista alla rete locale Telequattro ha detto: «Io non ho ancora capito perché, se non per questioni di bandiera politica, non riusciamo a liberarci del reato di clandestinità e cioè di dire che ogni persona che troviamo in Italia, per il solo fatto di esserci entrata, commette reato». Il procuratore è arrivato di recente a Trieste da Udine e già lì, ha detto «me ne rendevo conto, ora che sono a Trieste dove il numero di denunce è molto più elevato – ha aggiunto – ci troviamo subissati da queste denunce di reato per un sacco di persone pakistani, afghani, siriani che vengono portati a giudizio per un reato che prevede la sola pena pecuniaria».

Questo però non ha alcun risvolto positivo:«Anche quando la condanna dovesse essere emessa sarà difficile eseguirla perché non li troviamo più sul territorio. Quindi la condanna è platonica, non verrà mai eseguita e non sono neanche in grado eventualmente di pagare 5-6mila euro. Nel contempo, si tratta di procedimenti che intasano gli uffici dei tribunali. Una norma penale totalmente inutile, se la cancellassero brinderei».

Il reato anzi «rende più difficile la lotta ai trafficanti. Nel momento in cui abbiamo un clandestino che con l’interprete e con tutte le difficoltà del caso è disposto a parlare, e a dirci quanto ha pagato e chi lo ha fatto entrare, non possiamo sentirlo come testimone, dobbiamo sentirlo con il difensore, altrimenti il difensore del reato dell’indagato di averlo trasportato potrebbe eccepire che questa audizione non è utilizzabile. C’è un adempimento in più che ci rende difficilissima l’indagine».

Il procuratore era già intervenuto sul tema immigrazione. Appena arrivato in città a settembre De Nicolo aveva detto al Tgr Rai: «In Friuli c’è molto stupore quando si scopre che gli autori dei reati sono di qui e non stranieri».

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