Depenalizzare la cannabis, consentendone la coltivazione per aprire la strada alla legalizzazione. È stato lanciato sabato mattina un referendum che propone di intervenire sia sul piano della rilevanza penale che su quello delle sanzioni amministrative per quanto riguarda la cannabis.

A proporlo e depositarlo in Cassazione lo scorso 7 settembre è stato un gruppo di giuristi e militanti impegnati contro il proibizionismo e coordinati da una serie di associazioni, tra cui Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe e Antigone. Alla proposta hanno partecipato anche rappresentanti di +Europa, Possibile e Radicali italiani.

La raccolta firme parte pochi giorni dopo l’approvazione, in commissione Giustizia alla Camera, del testo base che depenalizza la coltivazione in casa di massimo quattro piante di cannabis. Un passaggio che mercoledì scorso ha visto il voto contrario di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia (oltre all’astensione di Italia viva). Il centrodestra ha annunciato una valanga di emendamenti per fare ostruzionismo al disegno di legge.

«Noi faremo di tutto perché l’iter parlamentare non si blocchi, ma è necessario mettere in campo anche un’altra possibilità e dare voce ai cittadini per modificare una legge sbagliata», ha detto Riccardo Magi, presidente di +Europa. L’idea è quella di replicare il successo ottenuto con il referendum per l’eutanasia legale, che ha già superato le 750mila firme.

I promotori puntano alle 500mila firme digitali in soli 20 giorni: una corsa contro il tempo dato che le firme vanno raccolte – come prevede la legge – tra il 1° gennaio e il 30 settembre dello stesso anno. Gli organizzatori chiedono però una deroga al governo, con la possibilità di consegnare le firme certificate entro il 30 ottobre, come per gli altri referendum presentati in Cassazione prima del 15 giugno.

«Quella della coltivazione, vendita e consumo di cannabis è una delle questioni sociali più importanti nel nostro paese. Sono sei milioni i consumatori in Italia, tra cui molti pazienti lasciati soli dallo stato nell’impossibilità di ricevere la terapia», si legge in una nota dei promotori. «Questi italiani oggi hanno due sole scelte: finanziare il mercato criminale nelle piazze di spaccio o coltivare cannabis a casa rischiando fino a sei anni di carcere».

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