C’era una volta il giorno di riposo, garantito per legge a tutti i lavoratori, a dimostrazione che le lotte operaie avevano ottenuto diritti e limiti allo sfruttamento. E oggi? Siamo prigionieri della gabbia dorata del settore terziario, sempre connessi, senza più barriere tra vita lavorativa, vita personale e intrattenimento. La pandemia ha peggiorato le cose
- C’era una volta il primo maggio, la festa dei lavoratori: un giorno di non-lavoro istituito in ricordo delle lotte operaie che avevano portato a fissare per legge, in America nella seconda metà dell’Ottocento, un massimo di otto ore lavorative quotidiane.
- E noi come stiamo trascorrendo questa ricorrenza? Probabilmente in casa, col laptop sulle ginocchia, a lavorare. La pandemia ha accelerato un processo, già in atto da un paio di decenni, di confusione tra lavoro e ozio.
- È come se il lavoro, che le lotte operaie dell’ultimo secolo erano riuscite a circoscrivere entro spazi, tempi, regole sempre più stringenti, fosse infine riuscito a divincolarsi per riconquistare il dominio perduto sulle nostre esistenze.