è ancora una festa?

Requiem per il primo maggio che va reinventato da zero

Francesco Zorzi illustration for Domani
Francesco Zorzi illustration for Domani

C’era una volta il giorno di riposo, garantito per legge a tutti i lavoratori, a dimostrazione che le lotte operaie avevano ottenuto diritti e limiti allo sfruttamento. E oggi? Siamo prigionieri della gabbia dorata del settore terziario, sempre connessi, senza più barriere tra vita lavorativa, vita personale e intrattenimento. La pandemia ha peggiorato le cose

  • C’era una volta il primo maggio, la festa dei lavoratori: un giorno di non-lavoro istituito in ricordo delle lotte operaie che avevano portato a fissare per legge, in America nella seconda metà dell’Ottocento, un massimo di otto ore lavorative quotidiane.
  • E noi come stiamo trascorrendo questa ricorrenza? Probabilmente in casa, col laptop sulle ginocchia, a lavorare. La pandemia ha accelerato un processo, già in atto da un paio di decenni, di confusione tra lavoro e ozio.
  • È come se il lavoro, che le lotte operaie dell’ultimo secolo erano riuscite a circoscrivere entro spazi, tempi, regole sempre più stringenti, fosse infine riuscito a divincolarsi per riconquistare il dominio perduto sulle nostre esistenze.

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