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Rette, corrieri e orologi. Viaggio nella Roma capitale del narcotraffico

Dalla Magliana alle batterie di oggi. I signori della droga non conoscono crisi e quando scattano gli arresti, il sistema si rigenera

  • «Questi sono altri 30 mila (…) glieli diamo in faccia i soldi, stessero tranquilli», dice, intercettato, Fabrizio Fabietti, di mestiere narcotrafficante. 
  • «Un pusher può prendere trecento euro mentre uno che gestisce una piazza anche mille euro. Alla fine ti subentra il fascino di entrare in quel sistema e non ti riprendi più», dice chi ha gestito per anni una piazza di spaccio. 
  • È un sistema che non si ferma neanche con gli arresti, capace di sostituire immediatamente i fermati e di farti rientrare nel giro appena liberi. Attorno ci vivono figure minori, chi affitta la casa o il garage per depositare la coca, chi fa la vedetta, chi guarda la roba, gli anziani che la cedono. 

A Roberto Fittirillo, detto Robertino, amico di quelli della Banda della Magliana, non gli sono mai piaciute le teste calde. Lui è un criminale, posato e che bada agli affari. Spietato, ma guardingo. Ieri come oggi, protagonista della Roma, capitale del narcotraffico. All'epoca, nei fulgidi anni ottanta quando comandavano loro, era sodale di Vittorio Carnovale, detto il coniglio, di Maurizio Abbatino, detto il freddo, entrambi pentitosi e diventati, soprattutto il freddo, personaggio iconico 

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