«È uno dei volti più amati della televisione e simbolo della lotta alla mafia», dice Silvio Berlusconi presentando Rita dalla Chiesa, figlia del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso da Cosa nostra nel 1982.

La popolare conduttrice rinuncia perfino al Grande fratello vip per servire il paese: per una donna della tv è un rifiuto che pesa, anche se è certa dell’elezione, visto che Berlusconi l’ha piazzata in un collegio blindato a Molfetta, in Puglia.

La sua candidatura è un colpo eccellente dell’ex cavaliere, pregiudicato per frode fiscale, che si appropria di un simbolo dell’antimafia e lo porta in parlamento, mentre l’altra antimafia, quella militante, tace. Una storia che racconta l’ennesimo cortocircuito di quel mondo.

La passione di famiglia

La passione per la politica è di casa: il fratello Nando, professore e scrittore, presidente onorario di Libera, inizia candidandosi, nel 1992, con la Rete di Leoluca Orlando, diventa deputato e successivamente sottosegretario nel governo guidato da Romano Prodi.

Come racconta un uomo di sinistra, simbolo dell’antimafia, il rapporto con la sorella, volto noto nelle tv di Berlusconi? Al tema Nando dalla Chiesa ha dedicato un capitolo dal titolo inequivocabile La berlusconiana, contenuto nel libro Album di famiglia, pubblicato da Einaudi.

«Tu sei diventata berlusconiana perché le televisioni del signor B. ti hanno offerto un lavoro in grado di valorizzarti (…) Il Signor B. ti offrì una possibilità importante e tu sapesti coglierla con bravura. Il resto è venuto di conseguenza. Perché noi dalla Chiesa abbiamo il vizio di essere riconoscenti (...) certo, ammetto con i miei interlocutori, lei difenderebbe sempre il Signor B. Ma non lo segue su ogni cosa come una cortigiana», scrive Nando dalla Chiesa, che ricorda l’impegno della sorella a sostegno delle sue battaglie.

«Racconto di te che hai saputo difendere gli uomini dell’antimafia, quelli che si sono schierati sulla stessa trincea di nostro padre. Che una volta, se ricordo bene, hai perfino votato nella quota proporzionale per Antonino Caponnetto, il caro e indimenticabile magistrato fiorentino, che il quotidiano del Signor B. aveva ribattezzato “Capoinetto” e ai cui funerali, nel 2002, non andò neanche un sottosegretario, mentre mezzo governo assisteva giulivo alle elezioni di Miss Padania», scrive Nando dalla Chiesa.

La candidatura di Rita dalla Chiesa è un’operazione riuscita benissimo che sa di parossismo, perché Berlusconi è l’imprenditore e politico che più di ogni altro rappresenta il cedimento, l’ambiguità nei confronti del crimine organizzato e perché il 3 settembre si ricordano i 40 anni dalla strage di via Carini, a Palermo.

La mafia, il generale e Berlusconi

Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa era arrivato a Palermo da 100 giorni quando è stato ucciso dalla mafia dei corleonesi di Totò Riina mentre in auto usciva dalla prefettura a bordo della sua Autobianchi, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro e seguita dall’auto di scorta dell’agente Domenico Russo.

I killer li hanno affiancati e uccisi con fucili d’assalto, precipitando la città siciliana nel silenzio e nello sconforto.

«Qui è morta la speranza dei palermitani onesti», si legge sul muro dove viene ritrovato il cadavere del prefetto che doveva liberare l’isola dalla mafia.

In quegli anni brillava la stella di Silvio Berlusconi, imprenditore che, fino a metà degli anni Settanta, ospitava nella sua villa di Arcore il mafioso Vittorio Mangano, che successivamente bollerà come eroe perché in grado di non violare il patto di silenzio al quale era votato. Proprio quel Mangano che il giudice Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia e non solo, definiva «testa di ponte dell’organizzazione mafiosa nel nord Italia».

Berlusconi incontra i boss Stefano Bontade e Gaetano Cinà, a metà anni Settanta insieme al suo amico di sempre Marcello Dell’Utri, fondatore di Forza Italia, condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

Dell’Utri è stato ambasciatore delle istanze dei boss presso uno dei gruppi industriali principali del paese, quello di Berlusconi, che pagava la mafia per garantirsi protezione, evitare sequestri e campare tranquillo.

Elementi che emergono dalla sentenza definitiva che condanna il braccio destro dell’ex cavaliere a sette anni di carcere.

Il film

Berlusconi e Dell’Utri sono indagati per strage a Firenze, l’indagine approfondisce il ruolo di soggetti esterni nella campagna stragista condotta dalla mafia nel 1993 sul continente con gli attentati a Firenze, Roma e Milano. Le precedenti e analoghe inchieste sono sempre state archiviate, accusa che fa inorridire gli indagati. Neanche Rita dalla Chiesa crede a queste storiacce.

La Rai trasmetterà, in occasione dei 40 anni dalla strage di Palermo, una nuova serie che racconta il generale, interpretato da Sergio Castellitto, mentre la figlia sarà in campagna elettorale sotto la bandiera di Forza Italia, il partito di Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi. Una berlusconiana contro la mafia.

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