Lo chiamano il grande partito dell'inceneritore e tiene insieme, con al centro il Pd, Azione di Carlo Calenda, Italia Viva di Matteo Renzi e la Lega governista del ministro Giancarlo Giorgetti. Fuori la sinistra, il M5s e, dall'altra parte, il partito di Giorgia Meloni. Il nuovo forno che dovrebbe bruciare i rifiuti di Roma, annunciato dal sindaco Roberto Gualtieri, riguarda il futuro della città ma anche del governo del paese.

Incenerisce pattume e alleanze, genera energie e nuovi blocchi di potere. Un'opera da 700 milioni di euro che già produce scossoni politici per la previsione di poteri commissariali per gestire l'ennesima emergenza e superare il piano rifiuti regionale approvato appena un anno e mezzo fa.

Lo scontro che si è consumato in Consiglio dei ministri, con i rappresentanti del M5s usciti al momento del voto sul decreto aiuti, che contiene lo schema normativo per il bruciatore, è solo l'ultimo segnale. Il primo era arrivato nell’aula Giulio Cesare quando il sindaco Gualtieri ha presentato la relazione sui rifiuti annunciando l’impianto.

La sinistra divisa

«Prima di quel consiglio comunale, durante la riunione di maggioranza, ai primi mugugni il sindaco ha alzato la voce e detto 'sono il sindaco, decido io', in aula poi a sinistra si è prodotta una prima crepa, il nostro timore è di finire all'angolo, diventare irrilevanti, con un blocco di potere replicabile anche su scala nazionale», racconta un esponente della sinistra romana. 

Durante il voto in consiglio comunale, infatti, il fronte della sinistra si è dissolto con Roma Futura - i consiglieri Giovanni Caudo e Tiziana Biolghini - che ha votato a favore della relazione del sindaco nonostante la referente regionale Marta Bonafoni avesse dato indicazione contraria.

L'annuncio dell'inceneritore è arrivato inaspettato anche molti esponenti del Pd nazionali non erano al corrente della scelta del sindaco. Ma Gualtieri già aveva ricevuto le garanzie sul decreto per scavalcare il piano regionale e ottenere i poteri speciali.

Il M5s all’angolo

Il fronte favorevole all’impianto vede insieme Lega, Italia viva, Azione e il Pd, ovvero le forze che sostengono il governo Draghi tranne una: il M5s. I grillini hanno provato ad alzare la voce con Giuseppe Conte. Ma la norma passerà con il voto compatto del partito dell'inceneritore rendendo irrilevante l'opposizione dei grillini,  che comunque rientrerà in caso di fiducia al decreto. 

 «Siamo entrati nel governo Draghi sulla base di un quesito che conteneva l’espressione “transizione ecologica”, abbiamo rivendicato quel ministero, in regione Lazio abbiamo l’assessore alla Transizione e accettiamo che facciano l’inceneritore senza neanche minacciare di uscire dal governo? Così il prossimo anno ci troveremo senza voti e fuori dal grande partito unico che si sta formando», dice un esponente apicale del M5s. 

Una questione che Beppe Grillo sta seguendo, lui che gli inceneritori li chiamava “cancrovalorizzatori”, alla ricerca di una soluzione impiantistica differente. 

«Il M5s è una zavorra, è il Pd che ha voluto costruirci un'alleanza. A Torino non volevano il termovalorizzatore, poi sono arrivati al governo della città e lo hanno tenuto», dice la deputata Silvia Fregolent, responsabile ambiente di Italia Viva. 

La spinta verso una nuova legge elettorale più proporzionale aumenta i fronti di contesa e mette a rischio il “modello Lazio” del centrosinistra allargato al M5s e alla Sinistra. Sinistra, M5s e Verdi (questi ultimi esclusi anche dalla giunta di Gualtieri) hanno cominciato a sentirsi per costruire un blocco compatto, avviare iniziative comuni per uscire dall’angolo. 

Il fronte del 'no' paga le divisioni interne. L’obiettivo minimo è quello di ottenere un inceneritore più piccolo, non da 600 mila tonnellate, e garantire una differenziata al 60 per cento.

In questa direzione vanno le aperture di Antonio De Santis, il consigliere della lista civica di Virginia Raggi, che parla di un sì possibile a un impianto diverso, ma anche l'incontro tra Gualtieri e la lista Sinistra civica ecologista che si è chiuso con una dichiarazione di comuni intenti per risolvere la vicenda rifiuti. Tentativi per evitare che l’impianto bruci rifiuti e quel che resta dell’alleanza giallorossa. 

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