Sprechi, inefficienze e malagestione: ecco la roulette dei costi ospedalieri

Nei giorni scorsi Agenas, l’agenzia del ministero della Salute che svolge attività di ricerca, monitoraggio e valutazione dei servizi sanitari regionali, ha rilasciato dei dati sui costi ospedalieri del 2023. I dati riguardano il costo stimato di una giornata di degenza ospedaliera nei principali ospedali italiani, universitari e no. Senza stare a proporre l’intera lista, che è facilmente reperibile in rete, basta dire che al primo posto per entità di spesa si trova l’Azienda ospedaliera universitaria Vanvitelli di Napoli, che raggiunge 1.326 euro per giornata di degenza. Medaglia d’argento e di bronzo sono, sempre in ambito universitario, il Giaccone di Palermo (881 euro), e il Martino di Messina (735 euro). Tra gli ospedali non universitari i costi più alti sono quelli dell’ospedale di Cosenza, con un costo medio di 827 euro seguito a ruota dal Papardo di Messina e dal Civico-Benfratelli di Palermo, ambedue a 728 euro. Il più virtuoso tra gli universitari è il Tor Vergata di Roma (385 euro), davanti al Brotzu di Cagliari, agli Spedali Civili di Brescia e al San Matteo di Pavia che hanno tutti una costo/giornata poco sopra i 420 euro. Tra i non universitari, la palma va al Giovanni XXIII di Bergamo (374 euro), seguito dal Morelli di Reggio Calabria (436 euro) e dal Moscati di Avellino (431,1 euro). Il quadro generale vede costi decisamente più alti negli ospedali (specie universitari) delle regioni meridionali e comportamenti più virtuosi (con alcune eccezioni) al Nord. Dialisi, mazzette e nomine. Non solo il caso Roma: la sanità ostaggio della corruzione Le possibili cause Il punto però, non è quello di stilare graduatorie, ma piuttosto di capire come sia possibile che in ospedali con analoghe caratteristiche, il costo per la degenza di un paziente in ospedale possa variare anche di tre volte. Il documento di Agenas non si spinge a fare ipotesi sulla ragione di queste differenze, ma chiarisce che i dati sono stati “pesati” per la complessità della casistica clinica, cioè che le differenze non dipendono dal tipo e dalla gravità dei pazienti ricoverati. È dunque ragionevole pensare che questa estrema variabilità dei costi sia dovuta prevalentemente alla gestione delle strutture ospedaliere, che ha una componente amministrativa e una clinico/organizzativa. Sul versante amministrativo sarebbe bello conoscere, per esempio, i prezzi pagati per il materiale di consumo e per gli appalti dei tanti servizi (dai pasti alla lavanderia, dalla gestione dei sistemi informatici alla manutenzione ordinaria e straordinaria) che contribuiscono al funzionamento degli ospedali. Sul versante organizzativo, la prima causa che viene alla mente è la percentuale di saturazione dei posti letto. Faccio un esempio: se ipotizziamo che in un ospedale un terzo dei letti resti costantemente vuoto, i costi generali verranno spalmati su un numero inferiore di pazienti rispetto a quanto avviene in un ospedale con tutti i letti sempre pieni. A parità di spesa, il costo unitario non potrà che risultare più elevato. L’Italia è sempre più un mosaico di territori con troppe disuguaglianze Responsabilità L’ipotesi che vi siano ospedali dove così tanti letti sono inutilizzati è ancora più preoccupante se la si legge in parallelo con i dati sulla quantità di pazienti che affollano i Pronto soccorso di tutta Italia in attesa che si liberi un letto per ospitarli nei reparti di degenza. Altre cause possibili, anche se è difficile che possano da sole spiegare l’entità del fenomeno, sono la qualità e la quantità degli esami e delle terapie adottate per i principali quadri patologici e l’efficienza dei servizi interni. Che le ragioni siano queste o altre, ora che i dati sono stati resi pubblici è necessario che la politica, regionale e nazionale, renda noto quale sia la sua valutazione del problema e cosa intenda fare per ricondurre la variabilità dei costi all’interno di valori fisiologici. Si chiedono maggiori risorse per la sanità, ma la lotta agli sprechi è una strategia altrettanto importante. I cittadini devono avere la garanzia che le loro tasse andranno a migliorare l’efficienza dei servizi e non a pagare l’inefficienza nella gestione politica delle strutture.