In Europa occidentale viviamo in una dimensione post-storica. Da decenni ci raccontiamo una metarealtà. Sicuri sia l’economia a muovere le collettività, l’utilitarismo a determinare la traiettoria dei popoli. «Segui gli interessi pecuniari», recita il principale adagio del nostro tempo. Quasi le comunità, composte solo e soltanto da esseri umani, fossero estranee all’agire di ognuno di noi, sovente autolesionistico, animato da puro sentimento o da brama di potere, meno da tornaconto materiale.

Per cui l’invasione americana dell’Afghanistan sarebbe stata innescata dalle terre rare e quella dell’Iraq, va senza dire, pensata per accaparrarsi il petrolio. Medesima fallacia del postulato opposto e speculare che vuole estinte le guerre guerreggiate, sostituite da quelle commerciali, «le uniche davvero efficaci». Così ignorando scientemente che soltanto nel 2021 si sono combattute nel mondo oltre trenta guerre, tra nuove e già in corso. Cui segue il leggendario corollario: «Le multinazionali esistono sopra ai governi». Per poi scoprire che le principali aziende del pianeta versano miliardi di dollari in lobbying al congresso americano, l’istituzione più potente, per scongiurare azioni letali ai propri danni.

Ancora, le nazioni sarebbero superate, diluite in architetture regionali o multilaterali. Omettendo che negli ultimi trent’anni l’Onu ha accolto 34 nuovi membri – per tacere dell’indefinito numero di soggetti non riconosciuti. Oppure si racconta come possibile la creazione di una nazione a tavolino, quella europea su tutte, prodotta dalla convenienza nello stare insieme, dall’esigenza di unire le forze per affrontare i marosi planetari. Corto circuito figlio della medesima ideologia astorica, ignara di come nei millenni le nazioni (tutte) siano nate attraverso la violenza, mai in provetta (nemmeno una volta).

Di più. Siamo persuasi che i popoli vivano tutti dello stesso materialismo. E dove tale sindrome non si rintraccia sarebbe solo questione di tempo, in una visione teleologica della traiettoria umana, raccontata come lineare anziché riconosciuta nel suo dipanarsi contraddittorio, con fughe in avanti e indietro.

Quindi nel 2022 la Russia aggredisce l’Ucraina. Deflagra una guerra priva di motivazione economica, non spiegabile attraverso il profitto di improbabili aziende, tantomeno con l’accumulo di risorse. La Russia – che ha originato Putin e non viceversa – intende soddisfare le sue principali ossessioni, ovvero l’ancestrale insicurezza e l’attitudine egemonica. Punto.

Ben consapevole che tale offensiva le avrebbe procurato notevoli danni economici, che la volontà di sottomettere l’Ucraina ne avrebbe scalfito la rendita energetica. In nuce: l’opposto della nostra vulgata. Perché i russi esistono in dimensione meramente storica, in pieno massimalismo. Vivono di status, di potenza grezza, del terrore incusso sugli altri (quando vi riescono). Come ogni impero del pianeta. Dagli Stati Uniti alla Turchia, dalla Cina all’Iran. Realtà che ci atterrisce e sconvolge, eppure l’unica dimensione abitata dagli esseri umani. Dall’alba dei tempi. Abbastanza per convincerci che la storia, benché miserabile e crudele, non è mai finita. Semplicemente ha continuato a perpetuarsi altrove e ora lambisce il nostro habitat. Tanto vale guardarla negli occhi.

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