«Pronto, sono Piero Angela, mi piacerebbe visitare la sua scuola». Maria Assunta Zanetti è professoressa associata di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Pavia. Nell’estate 2010 ricevette questa telefonata. Ma non c’era alcuna scuola da visitare. Al giornalista erano giunte notizie, forse un po’ imprecise, sul LabTalento (Laboratorio di ricerca e intervento sul talento e sulla plusdotazione) da lei fondato l’anno prima assieme al professor Eliano Pessa.

Angela aveva intuito l’importanza dell’iniziativa, che metteva in evidenza una verità che si stentava a cogliere: l’apparente vantaggio di chi possiede un elevato quoziente intellettivo, se non adeguatamente accompagnato, può diventare fattore di isolamento, disagio e disaffezione alla scuola.

La puntata di Super Quark sui plusdotati (anche detti “gifted”) andò in onda il 15 luglio 2010 con grande impatto sul pubblico: tanti genitori e insegnanti riconobbero in quelle descrizioni i propri figli e alunni. Quindici anni dopo, sebbene alcune scuole si siano attrezzate, non si è fatta molta strada sul piano legislativo, nonostante il tema riguardi circa il 5 per cento degli studenti.

Le leggi che mancano

È anche colpa della cronica instabilità politica del nostro paese. Un anno utile, per dare omogeneità di indirizzo nazionale alle scuole, sembrò il 2018, quando l’allora ministro dell’Istruzione Marco Bussetti istituì un tavolo tecnico per la stesura di Linee guida sul tema. I documenti della commissione furono consegnati nel 2019, ma quella fu l’estate del Papeete di Salvini: il governo cadde e si interruppe, assieme a tutto il resto, anche il percorso avviato. Subentrò la ministra Lucia Azzolina, intenzionata a proseguire, e infatti nel suo atto di indirizzo del 7 febbraio 2020 segnalò l’esigenza di una «piena integrazione degli studenti ad alto potenziale». Ma tredici giorni dopo la notizia del paziente 1 di Codogno sconvolse l’Italia e le priorità della scuola divennero altre.

Con la nuova legislatura del problema si è fatto carico, tra gli altri, il senatore Pierantonio Zanettin (Forza Italia), con il Ddl S. 180 del 2024, “Disposizioni per il riconoscimento degli alunni con alto potenziale cognitivo, l’adozione di piani didattici personalizzati e la formazione del personale scolastico”.

Poco dopo però è arrivata, a firma del senatore Roberto Marti (Lega), un’altra proposta: Ddl S. 1041 del 2024 "Istituzione di un piano sperimentale per favorire l’inserimento e il successo scolastico degli alunni con alto potenziale cognitivo e per la formazione specifica dei docenti”. I due testi sono stati unificati in Commissione, con un’evidente prevalenza di quest’ultimo.

La cosa non è piaciuta a molte famiglie, che avrebbero preferito una soluzione a regime rispetto alla «solita sperimentazione di tre anni che poi non indica il prosieguo» hanno scritto in un comunicato i rappresentanti delle associazioni Step-net Odv, Cts Gifted aps, Aistap E.t.s. Esprime riserve anche Ermelinda Maulucci, autrice di diversi libri sul tema, tra gli esperti auditi in commissione Cultura del Senato: «Un disegno di legge è un buon passo, ma il problema del Ddl Marti è la non chiara definizione di plusdotazione, che si rischia di confondere con il successo scolastico».

Accompagnare ragazzi e famiglie

Senza norme, scuole e famiglie navigano a vista. «Qualche scuola si è formata – spiega a Domani la professoressa Zanetti – e si è dotata di figure come il referente per l’inclusione degli studenti plusdotati, ma sono mosche bianche. Dopo un chiarimento del 2019, che sollecitava l’adozione di un Piano didattico personalizzato (Pdp) per alunni certificati come plusdotati, mi è capitato di vederne alcuni che ricalcavano le strategie di inclusione per gli studenti Dsa (Disturbi specifici dell’apprendimento), come se si trattasse della stessa cosa».

Il disagio riguarda anche i docenti perché «tante volte – dice Zanetti – l’insegnante, anziché accogliere questa specificità finisce per viverla da competitor del ragazzo. Quando facciamo una certificazione, capita spesso che i primi a metterla in dubbio siano proprio loro: pensano di doversi trovare in classe Pico della Mirandola e, per contrasto, spesso cominciano a elencare le difficoltà degli studenti, per sminuirli. Non si tiene conto che spesso essere plusdotati non significa essere eccellenti in tutti gli ambiti».

«Questi ragazzi spesso in classe non si sentono riconosciuti dagli altri, il gruppo li esclude perché ragionano in modo diverso», dice Zanetti. E così alcuni di loro si disaffezionano alla scuola.

«I genitori arrivano da noi affaticati anche perché talvolta la diversità del figlio è malvista da altri genitori. Inoltre, poiché questi bambini attivano tanti canali e non li sanno selezionare, vanno indirizzati, non assecondati su tutto, come invece fanno molti genitori».

Ma come accompagnare famiglie e ragazzi? A scuola ci sono strumenti come il Pdp, ma anche il Diario del pensiero, il Diario dell’apprendimento autoregolato, il Diario delle emozioni. Non mancano percorsi di formazione per insegnanti, laboratori per i ragazzi e training per i genitori. Se non viene valorizzato, il talento si può perdere. «Il potenziale è dinamico – dice Zanetti – L’ho visto in un ragazzino, valutato a 9 anni con Qi di 142: dopo una serie di mancate stimolazioni ha disinvestito in impegno, complice anche il periodo Covid; quando lo abbiamo rivalutato era sceso a 116».

La professoressa infine ha a cuore una raccomandazione: «Non chiamiamoli “genietti”. Parlare di questi temi non serve a promuovere la cultura del fenomeno, ma a dare a questi ragazzi l’opportunità di esprimere le proprie capacità».

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