Il calcio alla mercé di agenti e intermediari. L’avevamo sentita innumerevoli volte e altrettante la sentiremo. Però fa sempre specie quando a dirlo è il direttore sportivo di una società di Serie A. Nel caso specifico si tratta di Daniele Pradè, che ricopre quel ruolo nella Fiorentina. Una società che, per altro, tramite il suo patron e presidente Rocco Commisso ha individuato proprio nel contenimento del ruolo e del potere degli intermediari uno dei punti essenziali per una battaglia di riforma del calcio.

Pradè ha toccato il tema nei giorni scorsi, durante la conferenza stampa in cui ha spiegato i motivi della cessione di Dusan Vlahovic alla Juventus durante il calciomercato di gennaio. E ha rimarcato lo stato di sofferenza delle società di calcio, che a suo dire si vedrebbero drenare sempre più potere e risorse in un segmento fondamentale della loro economia qual è la compravendita dei diritti economici di calciatori.

Per quanto ci riguarda, non possiamo che accogliere con estremo interesse le parole del direttore sportivo della società viola, ma a patto di fare alcuni distinguo e una doverosa premessa. La premessa è che sarebbe bene non generalizzare quando si parla del potere detenuto da agenti e intermediari del calcio e dell’uso-abuso che ne fanno.

La figura dell’agente è indispensabile, in un contesto sempre più complesso qual è quello dell’economia calcistica, sicché si tratta di discernere fra chi fa bene il mestiere e chi attraverso le proprie azioni disonora una categoria intera. Per quanto riguarda i distinguo, partono da un interrogativo che è come l’elefante nella stanza perché gli attori dell’economia calcistica si sforzano di rimuoverlo: ma questi agenti così brutti, sporchi e cattivi, in ultima analisi, chi li cerca e chi li paga?

Quei rapporti troppo stretti

Certo è innegabile che alcuni agenti siano diventati talmente influenti da esercitare un potere di interdizione (non usiamo il termine “ricatto”, ma non ci scandalizziamo nel sentirlo usare) su società di ogni taglia, anche quelle più ricche. Ma è altrettanto vero che diverse società hanno consolidato, ciascuna, rapporti con uno o pochi agenti. E che ciò costituisca una prima distorsione per le condizioni di libero mercato.

Che queste società abbiano facoltà di farlo è innegabile, tanto più se con quel singolo o quei pochi agenti lavorano bene. E però si converrà che non è mai sano lavorare regolarmente con uno o pochi intermediari. Il rischio che, nella scelta dei calciatori da acquisire o cedere e nel pagamento delle commissioni relative, le considerazioni particolaristiche prevalgano su quelle di natura tecnica è incombente. Vi è costrizione per le società di calcio, in situazioni del genere? Non ci pare.

C’è poi un altro aspetto, particolarmente anomalo, sul quale è il caso di fare chiarezza. Spesso agenti e intermediari intervengono, su mandato delle società, per svolgere compiti di intermediazione che a una lettura esterna appaiono superflui, o che tranquillamente potrebbero (e dovrebbero) essere svolti dai direttori sportivi. Perché succede? E perché quei compiti vengono assegnati a coloro che possiamo indicare come gli agenti di riferimento del singolo club? Perché in alcuni club il singolo agente fa incetta dei mandati a vendere sui calciatori?

Dare il buon esempio

(In foto Rocco Commisso/LaPresse)

Si tratta di interrogativi cui i dirigenti di società dovrebbero rispondere, se vogliono rendere credibili le loro lamentazioni contro lo strapotere degli agenti. E potrebbe cominciare a farlo proprio Pradè, già che ha preso l’abbrivio e tiene ancora il file aperto.

Potrebbe fare anche di più, sempre tenendo conto dell’impegno che la società viola ritiene di dover spendere su questo versante. Per esempio: perché non fare un’operazione di totale trasparenza sulle intermediazioni negoziate e pagate? Sarebbe un ottimo esempio cui le altre società dovrebbero uniformarsi, o quantomeno dissociarsi esplicitamente.

Da tempo sogniamo un mondo del calcio in cui vengano resi pubblici i dati sull’ammontare delle commissioni pagate ai singoli agenti, specificando quale sia stata la prestazione a beneficio della società di calcio, a quale società che fa capo all’agente vengono pagate le commissioni, e se la società tramite cui l’agente riceve il pagamento abbia sede all’estero (magari in un paradiso fiscale). Tutte informazioni che reputiamo di assoluto interesse pubblico. E dalle quali dipende un’operazione di trasparenza fatta sul serio, non soltanto di facciata. E allora, Pradè, vogliamo darlo il buon esempio?

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