Investito mentre lavorava, la sua richiesta è rimasta a lungo inevasa. Colpa di lungaggini e sviste. Al capo della polizia è andata molto meglio, come abbiamo raccontato in un ciclo di inchieste
Un agente di polizia, con la mansione di assistente capo del coordinatore, investito da un camion nel corso di un’operazione della polizia stradale, chiamata a compiere dei rilievi di un incidente. L’uomo travolto ha riportati una serie di traumi alle spalle e alla schiena con l’inevitabile ricovero. Ciononostante non ha ottenuto il riconoscimento dello status di vittima del dovere, concessa a uomini delle forze dell’ordine uccisi o gravemente feriti durante il servizio.
L’agente di Rieti (di cui Domani non riporta l’identità su richiesta dei familiari riferita dai legali) è insomma finito al centro di una vicenda dai tratti kafkiani, tra pec malfunzionanti, burocrazia a rilento e il sopraggiungimento della tragedia ulteriore: la diagnosi di un male incurabile. Così la battaglia legale, avviata a giugno 2023, prosegue veleggiando verso i due anni di durata.
I conflitti di Pisani
Questa è una delle storie raccolte da Domani dopo l’inchiesta sul capo della polizia, Vittorio Pisani, a cui è stato riconosciuto lo status di vittima del dovere per un infortunio al polso avvenuto nel 1996, durante un blitz anticamorra. La richiesta è pervenuta agli organi preposti ventisette anni dopo quel fatto.
L’iter della pratica di Pisani è durato poco più di un anno. Il 20 aprile 2023, poche settimane della nomina alla guida della pubblica sicurezza e quando era vicedirettore dell’Aisi (i servizi segreti interni), ha presentato la documentazione.
L’accertamento sanitario, secondo le carte consultate da Domani, è partito pochi mesi dopo, quando Pisani era già diventato capo della polizia.
A giugno 2024 la commissione medico ospedaliera, formata da cinque componenti, si è pronunciata: ha stabilito a maggioranza (con il voto contrario di uno dei membri) l’invalidità al 25 per cento, la soglia minima per ricevere lo status che consente di avere un vitalizio, che ammonta a oltre 2mila euro, grazie alle rivalutazioni Istat, insieme a un’elargizione una tantum e a una serie di esenzioni fiscali, tra cui quelle per le visite sanitarie.
Anni prima, Pisani in pieno conflitto di interessi aveva già perorato la causa del suocero, l’ispettore capo della squadra mobile di Napoli, Vincenzo Pirone, con una relazione a sua firma– risalente al 2010 – risultata decisiva per il riconoscimento dello status di vittima del dovere con annesso vitalizio e una tantum destinati agli eredi. Tra cui la moglie di Pisani, Giulia Pirone.
Un’iniziativa abbastanza rara perché l’ispettore non era morto né era stato ferito nel corso di operazioni di polizia. È stato chiesto lo status di vittima del dovere perché le «particolari condizioni ambientali e operative» avrebbero favorito i problemi di salute, considerate cause del decesso per infarto. Dopo una serie di bocciature degli organi ministeriali, il tribunale del lavoro nel 2020 ha accettato il ricorso della famiglia Pirone.
La pec non funziona
Non tutti i poliziotti, però, hanno la stessa fortuna del capo della polizia e dei suoi parenti. Andiamo con ordine. Il 5 febbraio 2019, la sala operativa di Rieti chiede all’assistente capo del coordinatore della polizia di assistere alcuni colleghi della polizia stradale, in seguito a un incidente stradale. Durante l’operazione, però, lo investe un autocarro. Immediatamente scatta il trasporto in ospedale.
La diagnosi dell’ospedale San Camillo de Lellis di Rieti, secondo la documentazione allegata dallo studio legale Di Meo, che segue la pratica, è quello di «trauma cranico con amnesia retrograda e contusioni multiple (trauma distorsivo spalla destra con […] trauma distorsivo del rachide lombare con diminuzione di forza degli arti)».
L’avvocato prepara l’incartamento e il 5 giugno 2023 e lo invia agli uffici preposti del ministero dell’Interno e alla prefettura di Rieti, competente territorialmente. Con la specifica del carattere di urgenza: l’agente di polizia è infatti stato colpito da un tumore al colon. Le esenzioni possono essere utili per le varie visite specialistiche da affrontare. Per quantificare il livello di invalidità dovuto all’incidente di quattro anni prima, occorre fare presto. Ma non arriva alcuna risposta.
A dicembre, dopo oltre sei mesi dalla richiesta, non c’è traccia nemmeno dell’attività istruttoria. I legali denunciano l’inerzia: il 7 dicembre scrivono a palazzo Chigi, rivolgendosi al dipartimento della funzione pubblica, accusando «l’amministrazione (il Viminale, ndr)» di non prendersi cura dei lavoratori.
Dopo un paio di settimane, il 20 dicembre 2023, il ministero dell’Interno si attiva e chiede alla prefettura di Rieti di «trasmettere un dettagliato rapporto redatto all’epoca dei fatti […] corredato di testimonianze, perizie e ogni altro elemento conoscitivo acquisito». Passa quasi un altro mese, e il 15 gennaio la situazione – nella sua tragicità – diventa grottesca. Il motivo? Secondo quando si legge nella risposta ufficiale della funzione pubblica, «la pratica d’interesse non è stata immediatamente processata» per «una disfunzione della casella Pec». Chiusa la giustificazione, arriva l’impegno per un «tempestivo avvio dell’iter procedimentale».
L’accelerazione promessa resta solo sulla carta. Ad agosto, oltre un anno dopo la prima istanza, lo studio Di Meo si rivolge ancora al Viminale «rammentando che l’interessato è un soggetto affetto da patologia oncologica severa».
L’urgenza è cresciuta. Passa un altro mese e finalmente il dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell’Interno annuncia l’avvio dell’iter che richiede la visita della commissione medica ospedaliera per attestare la percentuale di invalidità legata all’incidente del febbraio 2019.
Ma ormai è tardi. La malattia al colon si aggrava e l’ex assistente capo del coordinatore della polizia muore il 5 ottobre dello scorso anno. Rendendo di fatto impossibile la visita della commissione per verificare i danni fisici e stabilire appunto il grado di invalidità.
La battaglia legale non finisce. Gli avvocati promettono di voler «accertare le conseguenti responsabilità amministrative» sulla vicenda e garantiscono di voler arrivare al riconoscimento dello status di vittima del dovere. Resta una storia incredibile. E di certo c’è solo che il servitore dello stato non era il capo della polizia.
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