Il presidente del Consiglio non ha affatto detto che rinuncia al Quirinale. Come qualcuno sperava. Ma non ha voluto toccare l’argomento. Mario Draghi ha messo un tabù sulla salita al Colle più alto, nella conferenza stampa, il primo giorno di attuazione dei decreti anti Covid. Il suo silenzio ha fatto ovviamente notizia, perché non cancella la disponibilità da «nonno delle istituzioni» già manifestata nell’incontro con la stampa di fine d’anno: anzi lo mantiene, discretamente, in corsa.

Chi invece ha deciso ieri di rompere gli indugi e giocarsi il tutto per tutto è Silvio Berlusconi. Ieri, prima che Draghi parlasse, ha fatto diffondere questa dichiarazione sul premier: «Molti non sembrano intenzionati a votarlo perché la sua elezione si tradurrebbe inevitabilmente in elezioni anticipate». Per poi aggiungere: «Forza Italia non si sente vincolata a sostenere alcun governo senza Draghi a Palazzo Chigi, e, nel caso, uscirebbe dalla maggioranza».

Insomma il Cavaliere piomba a Roma con l’intenzione di sfidare Draghi apertamente. Lo percepisce come l’unico rivale vero e cerca di anticiparne e condizionarne le mosse. È Enrico Letta a mostrarsi preoccupato per l’arrivo fragoroso di Mr B. nella capitale. Davvero venerdì tutto il centrodestra si schiererà con lui ufficialmente? Con “l’unico candidato”?

Oggi Paola Di Caro sul Corriere nota che il messaggio di Mr B. è rivolto soprattutto a leader e gruppi del centrodestra. A cominciare da Coraggio Italia. Luigi Brugnaro e Giovanni Toti, nei giorni scorsi, avevano fatto capire di preferire il premier al Colle e di averne parlato con Matteo Renzi. Sono già stati messi in riga.

Secondo Il Fatto Quotidiano anche Matteo Salvini sarebbe sulle spine per l’iniziativa del Cavaliere e avrebbe cercato i Cinque stelle: «Per uscire dal pantano prova a tendere la mano agli alleati che furono, i Cinque stelle. Ha difeso Virginia Raggi per la foto su Repubblica che la ritraeva in fila per un tampone. Soprattutto, Salvini ha chiamato Giuseppe Conte e Luigi Di Maio più volte». Vedremo alla riunione di venerdì prossimo a villa Grande se sarà formalizzata, come a questo punto appare scontata, la candidatura di Silvio Berlusconi.

Possibile morte del catafalco

Come sarà garantita la segretezza del voto dei grandi elettori? Dal 1992, l’anno di Oscar Luigi Scalfaro, si usano strutture di legno con doppia tendina che vengono appoggiate sopra il passaggio dei parlamentari, sotto la presidenza, a Montecitorio. Sono dette “catafalco”, anche se il termine di solito è usato per le impalcature che servono a sostenere le bare nei funerali.

Il problema è che la variante Omicron potrebbe sconsigliarne l’utilizzo. A meno di non prevederne una sanificazione periodica e costante, anche durante il voto. Oggi Filippo Ceccarelli su Repubblica ne evoca la funzione storica. Mentre Sabino Cassese concorda con il collega costituzionalista, deputato del Pd, Stefano Ceccanti e dice a Libero: si potrebbe benissimo votare a distanza. Lo slogan è già pronto: no alla Dad, sì al Vad.

Toto-nomi per due poltrone

Aggiorniamo il toto-nomi per il Quirinale, con le ultime aggiunte. Oltre a Silvio Berlusconi e Mario Draghi, sono sempre vivi i super partes: Giuliano Amato, Pier Ferdinando Casini, Gustavo Zagrebelsky ed Andrea Riccardi.

Sezione femminile: Marta Cartabia, Paola Severino, Elisabetta Belloni. Candidati di parte e di bandiera: Dario Franceschini, Lorenzo Guerini, Marcello Pera, Gianni Letta. Sezione femminile: Rosy Bindi, Elisabetta Casellati, Anna Finocchiaro. C’è poi un toto-nomi parallelo che si è sviluppato nel caso si liberasse la poltrona di palazzo Chigi. Corrono come eventuali presidenti del Consiglio: Paolo Gentiloni, Renato Franco e ancora Marta Cartabia.

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