«Da tre mesi stiamo sollecitando un tavolo col prefetto del ministero del Lavoro, ma nessuno ha mai risposto. Ora vogliamo che Andrea Orlando si dimetta: se non ce la fa a risolvere i problemi dei lavoratori che rappresenta deve andare via». A parlare è Mohamed Arafat, coordinatore provinciale del Si Cobas di Piacenza. È appena arrivato a Roma per la manifestazione a piazza della Repubblica, l’obiettivo è essere ascoltati dal ministero.

Ieri i lavoratori sono arrivati nella capitale da ogni parte d’Italia: Napoli, Bologna, Lodi, Piacenza, Milano, per prendere parte a un altro sciopero nazionale. «La cosa principale che chiediamo alle istituzioni è l’anticipo del blocco dei licenziamenti. Poi c’è la questione dei diritti dei lavoratori e della sicurezza». Arafat spiega che negli hub in cui gli addetti al settore trascorrono le giornate, si lavora in condizioni di sicurezza lontanissime da quelle di qualsiasi altro settore lavorativo “normale”, «fanno turni di lavoro massacranti».

Le tensioni crescenti da mesi nel settore della logistica sono deflagrate due giorni fa, quando un camionista italiano ha forzato il blocco dei lavoratori in sciopero al magazzino Lidl di Biandrate (Novara) e ha ucciso Adil Bekhladim, operaio italiano di origine marocchine e sindacalista, coordinatore del Si Cobas di Novara. Senza la sua morte la protesta di ieri sarebbe passata inosservata come le tante che l’hanno preceduta. «L’anno scorso la logistica ha fatturato 78 miliardi di euro, un pezzo importante del Pil dell’Italia», spiega ancora Arafat.

Un problema dimenticato

«Ho lavorato per 22 anni alla FedEx, poi quando grazie al sindacato ho ottenuto un contratto migliore, sono stato licenziato», racconta Alall Emazzaz, operaio italiano di origini marocchine. Ieri Alall era in sciopero, insieme ad altre duecento persone, «per portare avanti la lotta di Adil. È morto un compagno per i miei diritti, domani potrei essere io. Non si sa mai a chi potrà toccare».

Alall racconta che è sempre stato così nel settore della logistica: «Ti tengono lì finché ce la fai, altrimenti te ne stai a casa». Se invece ottieni qualcosa «ti fanno fuori». «Mi hanno licenziato insieme a tutti quelli che hanno ottenuto un contratto di livello 3. Hanno preferito tenere i livelli 6, che vengono pagati di meno, e i contratti a tempo determinato», dichiara Alall.

Il Contratto nazionale logistica, trasporto merce e spedizione, firmato dai sindacati confederali Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti prevede che un neoassunto entri con un contratto di 6° livello euno stipendio di 950 euro al mese (1.200 lordi). Ogni due anni si può salire di livello, ma l’aumento corrisposto è di soli 22 euro lordi. Un contratto che i sindacalisti di base non accettano, per questo da tre mesi presidiano i grandi magazzini del settore, in particolare quelli della FedEx, nel tentativo di arrivare dove i sindacati confederali non sono riusciti. «Per mesi abbiamo provato a fare qualcosa, con le istituzioni, il ministero. Ci hanno portato all’esasperazione», spiega Attilio Fasulo, segretario generale della Cgil di Novara.

Proteste a Biandrate

I Si Cobas sono intervenuti tre mesi fa organizzando picchetti continui. La morte di Adil ha esteso il presidio davanti allo stabilimento della Lidl di Biandrate, fino a stanotte, per settantadue ore continue.

Ieri, poco dopo l’alba, sui cancelli sono apparse anche le bandiere della Cgil, che insieme a Cisl e Uil hanno proclamato lo sciopero per tutto il fine settimana. I sindacati confederali hanno rivendicato l’unione nella battaglia per diritti dei lavoratori della logistica. Ma i Si Cobas hanno un’idea diversa: «Se ogni volta deve succedere una tragedia, cosicché politici e sindacati fanno due dichiarazioni in televisioni e sui giornali per prendersi qualche merito e poi spariscono, noi non ci stiamo più», dichiara Mohamed Arafat.

«Cercheremo di fare in modo che ciò che è successo non faccia regredire ancora di più i diritti dei lavoratori, ma serva almeno a farglieli ottenere. Se uno va al lavoro deve avere la certezza di tornare a casa», dice Papis Ndiaye, sindacalista dei Si Cobas. Lui il suo lavoro lo ha lasciato due anni fa, per dedicarsi a tempo pieno alla lotta, per i diritti dei suoi colleghi.

Adil era suo amico, si sentivano ogni giorno per confrontarsi sulle azioni da portare avanti, sui presidi da organizzare, su come riuscire ad arrivare al palazzo del governo. «Adil sarebbe stato con noi a Roma anche oggi», invece non ce l’ha fatta.

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