L’ultima inchiesta della procura di Milano, condotta dalla Guardia di finanza, ha messo sotto accusa un’associazione a delinquere transnazionale finalizzata alla commissione di illeciti contro il patrimonio a danno della più rilevante società di mutuo soccorso italiana, la Cesare Pozzo. Sei persone sono finite ai domiciliari, una è stata interdetta, ma tra gli indagati è finito anche Gianluigi Torzi, risultato a capo della catena di controllo dei veicoli societari emittenti titoli finanziari. Torzi è il finanziere molisano indagato anche dalla procura di Roma nello scandalo della compravendita del palazzo vaticano a Londra. L’indagine delle fiamme gialle ha portato anche al sequestro di beni per 16 milioni di euro a carico degli indagati che avrebbero, attraverso condotte sistematiche, svuotato lentamente la società Cesare Pozzo che si occupa di sanità integrativa. I danni per la società mutualistica sono derivati dall’acquisto, per un valore di circa 15 milioni di euro, di obbligazioni lussemburghesi privi di rating e ad alto rischio che hanno prodotto gravi perdite. Ma non era l’unica modalità di svuotamento dell’azienda, un’altra era l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, che hanno avuto l’unico effetto di favorire Ferdinando Matera, direttore della società, e Armando Messineo, presidente della Cesare Pozzo, oltre ad aziende edili, con sede in Calabria e, alcune, collegate ad ambienti della ‘ndrangheta. Torzi è coinvolto come direttore della Beaumont invest services che ha venduto per la somma di 15 milioni di euro totali obbligazioni ‘spazzatura’, che Matera e Messineo si occupavano, con raggiri e artifizi, di presentare agli altri componenti del consiglio di amministrazione come investimenti preziosi e remunerativi per l’azienda. L’indagine parte dalla denuncia proprio dei soci raggirati. La galassia societaria diretta da Torzi si è occupata non solo di offrire soluzioni obbligazionali rischiose, ma anche di favorire direttore e presidente della Cesare Pozzo, con elargizioni. A partire dalla storia dei quadri di Mimmo Rotella. La società avrebbe, infatti, commissionato una perizia su alcune opere d’arte per un costo di 121 mila euro, cifra corrispondente a quella bonificata dalla Beaumont su un conto corrente di Matera. I quadri, da quanto ricostruito dai finanzieri, sarebbero stati donati a Messineo che poi li avrebbe smaltiti in un’isola ecologica per «eliminare possibili tracce di collegamento a possibili operazioni che avevano causato il dissesto della cesare pozzo», si legge nelle carte dell’inchiesta. Un altro capitolo riguarda fatture per operazioni inesistenti che hanno arricchito anche aziende legate al crimine organizzato in un incrocio tra alta finanza e ‘ndrangheta.

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