Nonostante le promesse di Elon Musk e di Donald Trump, nessuno sa quando saremo in grado di raggiungere il pianeta rosso. L’unica certezza è che gli ostacoli da superare non si limitano al semplice viaggio spaziale
Più che a conquistare Marte, al momento l’accoppiata formata da Donald Trump ed Elon Musk sembra impegnata a smantellare la democrazia statunitense. Che però nei loro obiettivi ci sia anche l’orizzonte marziano è stato confermato – per la gioia di Musk, che da sempre sogna di arrivare sul pianeta rosso con la sua SpaceX – proprio dal presidente statunitense, che, dopo averne già parlato durante la cerimonia di insediamento, è tornato sul tema nel discorso tenuto il 4 marzo al Congresso: «Stiamo per conquistare le vaste frontiere della scienza e guideremo l’umanità nello spazio, piantando la bandiera americana sul pianeta Marte e persino ben oltre. Riscopriremo così l’incontenibile forza dello spirito americano e rinnoveremo l’illimitata promessa del sogno americano».
Ma per quale ragione l’essere umano dovrebbe imbarcarsi in un’impresa del genere? Per molti, l’impresa stessa coincide con l’obiettivo: l’essere umano è per sua natura esploratore ed è di conseguenza destinato a espandere sempre di più la sua presenza nel sistema solare (senza sottovalutare le potenziali scoperte tecnologiche e scientifiche che potremmo ottenere).
Per altri, è invece una questione esistenziale: raggiungere e successivamente colonizzare Marte doterebbe l’umanità di un piano B nel caso in cui sulla Terra si verifichi una catastrofe tale da mettere a repentaglio la stessa esistenza dell’umanità.
Il rosso di Marte
Entrambe le ragioni sono valide secondo Elon Musk. «Sono due i motivi principali per cui dobbiamo andare su Marte», aveva spiegato nel 2015 parlando con l’astrofisico Neil DeGrasse. «Prima di tutto c’è la ragione difensiva, per assicurarci che la luce della coscienza per come la conosciamo non vada estinta e che duri molto più a lungo. In secondo luogo, perché sarebbe un’avventura straordinaria che tutti potremmo goderci, indirettamente se non personalmente».
Per Elon Musk, la conquista di Marte è però anche la realizzazione di un sogno fantascientifico coltivato sin dal college, quando lesse per la prima volta Il rosso di Marte (1992), il primo volume della celebre trilogia di Kim Stanley Robinson.
Da questo romanzo, Musk ha tratto l’ispirazione per molti dei suoi piani marziani: la colonizzazione, la terraformazione (rendere un pianeta abitabile ricreando le condizioni terrestri), l’utilizzo di cupole di vetro per proteggere gli insediamenti e anche l’idea di bombardare Marte con atomiche per creare dei mini soli in grado di riscaldare il pianeta, una versione estrema di ciò che avviene nel romanzo di Robinson (dove vengono utilizzati degli innocui specchi giganti per riflettere la luce solare sul pianeta).
Ipotetiche e drastiche soluzioni che potrebbero restituire una parvenza di abitabilità a un pianeta che, un tempo, era probabilmente non così diverso dal nostro. Marte si è formato insieme al resto del sistema solare circa 4,6 miliardi di anni fa e, come ha spiegato su The Conversation il consulente della Nasa Joel S. Levin, quando si sviluppò la vita sulla Terra, circa 3,8 miliardi di anni fa, era molto simile al nostro pianeta: aveva abbondante acqua liquida sulla sua superficie, sotto forma di oceani, laghi e fiumi, e possedeva un’atmosfera più densa.
Un sogno antico
Oggi, l’atmosfera di Marte è molto sottile e composta per circa il 95 per cento da anidride carbonica. È inoltre ricca di polveri atmosferiche provenienti dalla superficie, che conferiscono al cielo marziano il suo caratteristico colore rossastro. Marte ospita anche i vulcani più grandi del sistema solare e la sua superficie è disseminata di crateri profondi, creati dagli impatti di asteroidi e meteoriti durante le prime fasi della storia del pianeta.
Le caratteristiche di Marte hanno affascinato l’umanità, e fatto sognare la sua conquista, già molto prima che associassimo questa impresa a Elon Musk. Come racconta la testata Coda Story, già nei primi decenni del Novecento, tra i membri della German Rocket Society, c’era almeno uno scienziato convinto che l’essere umano dovesse colonizzare Marte: Wernher von Braun, ingegnere aerospaziale che prima sviluppò il razzo V-2 per la Germania nazista e poi, a partire dagli anni Cinquanta, lavorò allo sviluppo del razzo Saturn V usato dalla Nasa nel programma Apollo.
La colonizzazione del pianeta rosso è quindi un sogno che viene da lontano. E che è ancora molto distante dal diventare, eventualmente, realtà. E per quanto invece riguarda la possibilità di inviare un equipaggio su Marte, a che punto siamo?
Dalla Luna a Marte?
Prima di tutto, sarebbe un errore pensare che l’imminente ritorno della Nasa sulla Luna (da poco rinviato alla metà del 2027) sarà necessariamente il preludio della conquista di Marte: «È difficile spiegare a parole quanto sia più difficile e quando sia differente raggiungere Marte rispetto alla Luna», ha spiegato alla radio pubblica statunitense (Npr) Casey Dreier, responsabile delle politiche spaziali del think tank Planetary Society.
Prima di tutto, c’è la distanza: se la Terra dista dalla Luna circa 380mila chilometri, Marte si trova invece a una lontananza media di 225 milioni di chilometri, che variano da un minimo di 54 a un massimo di 401 milioni. Sfruttando la cosiddetta “opposizione di Marte” (ovvero il periodo, che si verifica ogni 26 mesi, in cui si trova alla minima distanza, anche se con gradi di vicinanza diversi), raggiungere il pianeta rosso richiederebbe tra i sei e i nove mesi, contro i pochi giorni necessari per raggiungere la Luna.
La prossima opposizione di Marte si verificherà nel febbraio 2027, quando la distanza minima sarà attorno ai 67 milioni di chilometri, mentre la distanza più ridotta per il tempo a venire si verificherà nel giugno 2033 (56 milioni di chilometri). Non è un caso che entrambe queste date siano state messe nel mirino sia da SpaceX, sia dalla Nasa. Lo scorso settembre, Elon Musk ha infatti annunciato la sua volontà di lanciare un razzo Starship privo di equipaggio umano proprio tra due anni, mentre la Nasa aveva affermato di voler portare l’essere umano su Marte nel 2033.
Entrambi gli obiettivi sono destinati a essere mancati: le scadenze di Elon Musk sono notoriamente inaffidabili (e sono già state più volte disattese). La Nasa, alle prese con parecchi problemi di budget, ha invece rinviato almeno al 2040 l’avvio del programma Mars Sample Return, che si limiterà a riportare sulla Terra i campioni rocciosi raccolti dalle sonde presenti su Marte e a preparare future missioni con equipaggio.
Radiazioni spaziali
E pensare che arrivare fisicamente su Marte non è nemmeno la parte più difficile. L’ostacolo principale è infatti rappresentato dalle radiazioni spaziali, che – come si legge sul sito dell’Agenzia spaziale europea – sono «particelle cariche di energia che viaggiano nello spazio a una velocità prossima a quella della luce, capaci di causare seri danni alle cellule del corpo e di aumentare enormemente il rischio di cancro».
Per quanto anche l’equipaggio della Stazione spaziale internazionale sia esposto a questo tipo di radiazioni, la pericolosità è mitigata dalla durata ridotta della permanenza nello spazio (circa sei mesi per turno) e dal fatto che la stazione è parzialmente schermata dal campo magnetico terrestre, che devia parte delle radiazioni più pericolose. Tutto ciò non si applica in un viaggio su Marte, che tra andata e ritorno potrebbe richiedere anche due anni di tempo e causerebbe un’esposizione molto maggiore alle radiazioni spaziali, i cui danni all’organismo sono inoltre in gran parte ignoti.
Un'altra preoccupazione è che gli astronauti non sono esposti solo alle radiazioni: durante un viaggio nello spazio devono anche affrontare la microgravità, che notoriamente – soprattutto in un lasso di tempo così prolungato – può causare seri di problemi di salute, dalla perdita di tessuto muscolare, poiché i muscoli non lavorano contro la gravità, al rimodellamento del cervello, che potrebbe danneggiarlo in maniera imprevedibile.
Al di là dei fantascientifici progetti di Musk e delle traballanti ambizioni della Nasa, la realtà è che ancora non sappiamo come arrivare su Marte in sicurezza. Ma questo non significa che l’essere umano smetterà di sognare, e progettare, la conquista del pianeta rosso.
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