Contro la Moldova il ct Luciano Spalletti guiderà la nazionale da pre-esonerato. L’ha annunciato lui stesso in una conferenza stampa conclusa anzitempo in modo emotivamente carico. Il ct paga la crisi di sistema e la necessità di cambiare in fretta. I tifosi vorrebbero al suo posto Claudio Ranieri, l’alternativa maggiormente accreditata è quella di Stefano Pioli
Postumo in panchina. Lunedì 9 allo stadio Mapei di Reggio Emilia, in occasione della gara di qualificazione ai Mondiali 2026 fra Italia e Moldova (ore 20.45), il commissario tecnico della nazionale italiana Luciano Spalletti si troverà a vivere una sensazione unica: già esonerato, ma chiamato a compiere un’ultima prestazione lavorativa. Condizione straniante, da viversi sul lettino dello psicanalista più che sulla panca di una squadra di calcio.
Né sarebbe da escludere che, dopo il triplice fischio dell’arbitro svizzero Urs Schnyder, il primo appuntamento fissato dal tecnico di Certaldo sia proprio con l’analista di fiducia.
Ché tanto la questione della risoluzione del contratto con la Figc, almeno a sua detta, non dovrebbe richiedere soverchie fatiche.
Molto più provante è stato affrontare l’ultima conferenza stampa, quella in cui gli è toccato rendere pubblico che da martedì mattina non sarà più il commissario tecnico della squadra azzurra.
Luciano Spalletti aveva retto con qualche disinvoltura la situazione dialettica, fino a che dalla platea dei giornalisti non è giunta la domanda insinuante: che per caso qualcuno lo ha tradito? E a quel punto – vuoi perché il carico emotivo deve aver oltrepassato la misura di guardia della fermentazione, vuoi perché il personaggio ha interiorizzato una vis drammatica che talvolta gli sfugge di mano – il quasi ex Ct ha biascicato qualcosa, prima di abbandonare la scena visibilmente provato. Triste, solitario y (quasi) final.
Vivere nell’emergenza
Curioso che il post-datato addio di Luciano Spalletti giunga a pochi giorni dal pentimento manifestato pubblicamente dal suo predecessore. Giusto nelle ore in cui il tecnico di Certaldo preparava la (catastrofica) spedizione in Norvegia, Roberto Mancini dichiarava pubblicamente il proprio pentimento per avere lasciato frettolosamente la nazionale poco meno di due anni fa, in prossimità di Ferragosto.
Allora era seguita una breve pantomima prima che venisse ufficializzato il suo passaggio in Arabia Saudita, dove il tecnico campione d’Europa ha collezionato una dimenticabilissima esperienza. Certo non poteva prevedere che la pessima figura degli azzurri a Oslo rendesse le sue parole così dense di significati e retropensieri.
Né, francamente, possiamo pensare che il nuovo giro di giostra della panchina azzurra possa tornare a privilegiare lui (almeno questo, ce lo si risparmi).
Piuttosto, c’è da registrare che per la seconda volta in meno di due anni ci si ritrova a fare i conti con un’emergenza sulla guida tecnica della nazionale.
Ad agosto 2023 era successo a causa dell’improvvisa «stanchezza» di Roberto Mancini. Dunque, almeno in quell’occasione, la Figc guidata da Gabriele Gravina aveva dovuto subire la situazione, per di più in prossimità delle convocazioni da stilare in vista degli impegni fissati per settembre. Stavolta invece la decisione viene dal vertice federale, ma cionondimeno è stata generata dall’onda emotiva seguente al disastro norvegese; che, a meno di un anno dalla figuraccia rimediata agli Europei di Germania contro la Svizzera, ha generato la drammatica sensazione che un altro anno sia stato buttato via.
Con lo spettro della terza eliminazione consecutiva da una fase finale dei mondiali (per di più, nella loro nuova versione extralarge a 48) che semina terrore puro.
La richiesta di esonerare il Ct è stata tambureggiante già dopo il fischio finale della gara di Oslo. Ma nelle stesse ore piovevano anche le richieste di dimissioni indirizzate al presidente federale Gravina. Per il momento paga il commissario tecnico.
Che, dal canto suo, ha dichiarato che sarebbe rimasto, ma accetta di farsi da parte rivendicando uno spirito patriottico. Resta precaria e legata ai risultati del campo (per il momento deficitari) la sorte del presidente federale. Che adesso dovrà scegliere accuratamente il nuovo tecnico e sperare che quello raddrizzi il cammino della deprimente squadra azzurra.
Uomo della provvidenza
Dipendesse dalla volontà popolare espressa via social, non vi sarebbero dubbi sulla scelta: la panchina azzurra dovrebbe essere affidata a Claudio Ranieri. Che ha appena detto per la seconda volta addio alla vita da allenatore ma rischia di essere richiamato per la terza volta dalla pensione.
L’alternativa maggiormente accreditata sarebbe quella di Stefano Pioli, altro reduce da un’avventura saudita. Ma il nome del tecnico romano è quello che maggiormente solletica le fantasie del popolo azzurro. Fiducia più che legittima, ma a patto di non perdere di vista alcuni elementi.
In primis, che il mestiere di commissario tecnico è cosa ben diversa da quello dell’allenatore di club. Se n’è accorto proprio Spalletti, anche lui gettonatissimo due anni fa quando c’era da riempire il vuoto lasciato da Mancini. In secondo luogo, c’è che affidarsi al carisma della persona è sempre un’arma a doppio taglio.
E se poi non funziona? Non c’è il rischio che sia un alibi per tutti? Tutto ciò per dire che la nazionale ha bisogno soprattutto di tornare a fare una vita normale. Cosa al momento impossibile. Ma fino a quando?
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