Un altro possibile tassello nella ricostruzione della verità sulle stragi che hanno insanguinato l’Italia arriva dall’indagine della procura di Firenze. È stata perquisita l’abitazione di una donna che risulta indagata per la strage di via Palestro a Milano compiuta da Cosa nostra il 27 luglio 1993. Così sono state uccise cinque persone: i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l’agente di polizia municipale Alessandro Ferrari e Moussafir Driss.

Sarebbe stata Rosa Belotti a portare l’autobomba davanti al padiglione d’arte contemporanea di Milano, un simbolo del patrimonio nazionale che la mafia aveva deciso di colpire. La donna sarà interrogata nei prossimi giorni dopo che i carabinieri del raggruppamento operativo speciale hanno eseguito un decreto di perquisizione, firmato dai pubblici ministeri Luca Tescaroli e Luca Turco.

Le attività investigative della procura di Firenze vogliono fare piena luce sulle stragi mafiose sul continente del 1993 e 1994 che seguirono a quelle di Capaci e via D’Amelio contro i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per la strage di via Palestro si è più volte parlato del ruolo di una donna misteriosa e sono rimaste oscure le fasi esecutive della strage. In particolare due testimoni che si trovavano in zona avevano raccontato già all’epoca di una donna bionda, alta e magra, che avrebbe lasciato l’auto per salire a bordo di un’altra macchina guidata da due complici.

L’esplosione dell’auto imbottita di esplosivo ha provocato la morte di cinque persone e il crollo del muro esterno del Pac. Per quell’attentato sono stati condannati gli uomini della mafia che hanno eseguito il disegno stragista voluto da Totò Riina, dai fratelli Graviano e da Matteo Messina Denaro, quest’ultimo ancora latitante. Ma ci sono ancora domande senza risposta e responsabili a piede libero.

L’identikit

Di una donna bionda e misteriosa si è parlato anche dopo l’attentato di via Fauro a Roma contro il conduttore Maurizio Costanzo e Maria De Filippi che si sono salvati miracolosamente. Ma chi era questa donna che è apparsa e scomparsa tra Milano, Roma e Firenze nelle stragi del continente compiute dalla mafia nel 1993? Era sempre la stessa?

L’identikit numero 14 è stato realizzato partendo dai racconti di due testimoni che hanno visto scendere dalla Fiat Uno, in via Palestro, una signora che si è poi allontanata a bordo di un’altra macchina. Secondo la procura di Firenze si trattava di Rosa Belotti.

Quel volto è stato associato a una foto ritrovata in una perquisizione avvenuta nel 1993 ad Alcamo, in provincia di Trapani, terra di Messina Denaro e centro strategico delle stragi. Un dettaglio che ha complicato la vicenda e l’ha resa ancora più ingarbugliata.

All’epoca un confidente ha raccontato che dentro un garage gli inquirenti avrebbero trovato un vero e proprio arsenale. Quelle armi sono state effettivamente ritrovate nella disponibilità di due carabinieri, uomini dei servizi segreti.

Si è sospettato e scritto più volte che quello potesse essere un arsenale nella disponibilità della struttura Gladio, un’organizzazione paramilitare attiva nel nostro paese. Non solo. Gli inquirenti, seguendo le confidenze dell’informatore, hanno trovato in un libro la foto di una donna bionda.

Lo scatto, che è dunque da tempo nelle mani degli inquirenti, non ha prodotto alcun risultato fino all’incrocio tra la foto ritrovata, l’identikit e la foto segnaletica dell’arresto di Rosa Belotti, avvenuto nel 1992, per traffico di stupefacenti.

Le testimonianze di un poliziotto, i testimoni della strage di via Palestro e un programma informatico (l’applicativo C-Robot) hanno contribuito all’individuazione.

Al momento risulta certa la corrispondenza tra la foto segnaletica del 1992, la foto ritrovata nel 1993, ma sarà la stessa dell’identikit? Da questa domanda parte l’indagine che ha portato alla perquisizione.

La difesa

È la prima volta che viene indagata una donna per le stragi degli anni Novanta. È titolare di una piccola azienda di trasporti ed è sposata con Rocco Di Lorenzo, vicino al clan di camorra La Torre di Mondragone, condannato in secondo grado per estorsione, con un processo in corso in Cassazione. Entrambi sono legati a un soggetto vicino ai Mazzei, mafiosi catanesi.

L’ipotesi ha bisogno di riscontri, dato che siamo solo in una fase preliminare delle indagini.

Emilio Tanfulla è l’avvocato dei coniugi e difende Rosa Belotti, indagata per strage. «Lo trovi Lei un alibi dopo 29 anni, è abbastanza complicato», spiega. «Comunque non ha alcuna responsabilità in questa storia. Parlerà durante l’interrogatorio previsto settimana prossima. La sua reazione è di estremo stupore anche per la divulgazione del nome e cognome. È sorpresa a dir poco. Ed è assolutamente estranea a quello che è successo».

In quella strage sono morte cinque persone. «All’alba del trentennale della strage è fondamentale continuare a cercare la verità», dice Nicola Perna, cognato di Carlo La Catena, una delle vittime della strage di via Palestro.

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