La Superlega è viva e lotta insieme a JP Morgan. A oltre un anno dallo sgangherato blitz di aprile 2021, che vide il torneo d’élite europeo per club nascere e morire nel giro di 72 ore, giungono dalla Spagna segnali di persistenza. Riguardano i due club spagnoli (Barcellona e Real Madrid) che unitamente alla Juventus continuano a dirsi parte di un progetto da cui, allo stato delle cose, potrebbe scaturire nulla più che una versione megalomane del vecchio trofeo Birra Moretti.

Ma al di là del lato grottesco della situazione c’è qualcosa di più serio da tenere presente e riguarda il ruolo della banca d’affari statunitense. Si era proposta come il soggetto finanziatore-prestatore del nuovo torneo, ma poi travolta dall’ondata globale di sdegno era giunta a presentare pubbliche scuse per avere alimentato un progetto che non teneva conto della passione popolare. A un anno di distanza quell’atto di contrizione sembra essere stato dimenticato dalla stessa JP Morgan.

Che in queste settimane fa capolino nelle operazioni finanziarie con cui i due club ipotecano il futuro per continuare a dissipare nel presente. Situazione identica a aprile 2021, forse persino peggiorata per le due grandi di Spagna. La banca d'affari mantiene comunque un ruolo indiretto, poiché a condurre direttamente le operazioni finanziarie con Barça e Real è un soggetto che si chiama Sixth Street.

Sixth Street di una società globale d’investimento fondata nel 2009, con quartier generale a San Francisco e uffici dislocati in angoli diversi del globo (in Europa li si trova a Londra e Lussemburgo). Quanto allo schema di finanziamento, funziona così: Sixth Street compra asset immateriali da Barcellona e Real Madrid, ma poi ricorre all’ausilio, anche finanziario, di JP Morgan nonostante gestisca un portafoglio di attività stimato in 60 miliardi di dollari. Relativamente agli accordi, presentano ampi margini di vaghezza sia quanto a tempistiche che a entità dei finanziamenti.

Il nuovo Bernabeu

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Le due operazioni concluse in Spagna vengono condotte nel giro di poche settimane. Il 19 maggio è dato annuncio che il consiglio direttivo del Real Madrid ha approvato una partnership strategica con Sixth Street e la sua controllata Legends.

Quest’ultima è una società specializzata in servizi d’intrattenimento, ospitalità, commercializzazione e “sports and live venue organization”. Dunque si tratta di un soggetto che mira a sviluppare le esperienze emozionali vissute nelle arene degli eventi. Tale competenza, come viene rilevato nel comunicato ufficiale apparso sul sito del Real, verrà impegnata per fare del rinnovato Santiago Bernabeu (oggetto di un lungo processo di ristrutturazione, non ancora terminato) un modello di riferimento a livello mondiale per ciò che riguarda le attività di svago e intrattenimento.

Il comunicato ufficiale del club merengue è corredato da diverse foto che immortalano il presidente madridista Florentino Pérez e Alan Waxman, co-fondatore e Ceo di Sixth Street, mentre firmano un accordo dai contorni vaghi. Si parla di circa 360 milioni di euro versati nelle casse del Real Madrid per una “long-term partnership”.

Dunque, cifra approssimativa per un periodo di tempo indefinito. C’è però una certezza, esplicitata dall’articolo con cui il Financial Times presenta la notizia dell’accordo, e riguarda i consulenti che hanno assistito le due parti. Per il Real Madrid si tratta di Key Capital, un fondo di cui si era parlato nei giorni della fallita Superlega, molto vicino a Florentino Pérez e retto da Anas Laghrari e Borja Prado (quest’ultimo è dallo scorso mese di febbraio a capo di Mediaset España per volere della famiglia Berlusconi).

Per quanto riguarda Sixth Street, l’advisor si chiama JP Morgan. Dunque un affare di portata globale ma concluso dentro una cerchia estremamente ristretta.

Un quarto di secolo di diritti tv

09/08/2021 Barcellona, i tifosi del Barcellona fuori dal Camp Nou per l'addio di Lionel Messi

Se nel caso del Real Madrid non è dato sapere quale sia la durata della partnership con Sixth Street, nel caso del Barcellona possiamo parlare di un lasso di tempo certo: venticinque anni. Dunque una partnership di lungo corso, quella fra il club catalano e il fondo americano. Che inoltre comprende un altro, complesso accordo di sponsorizzazione fatto attraverso Spotify, la piattaforma di musica digitale acquisita nel 2016 dal fondo Usa, che per scaglioni successivi può sfiorare il miliardo di euro in 12 anni.

Riguardo ai negoziati delle scorse settimane, per il prossimo quarto di secolo il club catalano ha impegnato una quota dei diritti televisivi che è stata definita in due passaggi successivi.

Un primo passaggio è stato reso pubblico col comunicato ufficiale del 30 giugno, nel quale il club presieduto da Joan Laporta ha annunciato di avere ricevuto il mandato dall’assemblea straordinaria dei soci per concludere un accordo complessivo da 267 milioni di euro. Grossa parte di questa cifra, 207,4 milioni di euro, viene incassata in cambio del dieci per cento sulle entrate da diritti televisivi che matureranno nei prossimi 25 anni.

Passa nemmeno un mese e ecco che il 22 luglio arriva il secondo annuncio: il Barcellona cede al fondo guidato da Waxman un altro 15 per cento sui diritti televisivi per il medesimo periodo venticinquennale.

Lo si potrebbe etichettare come “la cessione di un quarto per un quarto”: un quarto dei futuri incassi del Barça che giungeranno dalla fonte di ricavi più munifica è già impegnato per il prossimo quarto di secolo. Ma stavolta il testo del comunicato ufficiale non usa la cortesia di specificare quale sia il prezzo di vendita. Sicché è necessario affidarsi alle solite indiscrezioni, che riferiscono di una cifra prossima ai 300 milioni di euro.

In totale fa oltre mezzo miliardo di euro, che risolve i gravi problemi di tesoreria del club catalano ma non sana più di tanto il colossale debito da 1,3 miliardi di euro che non accenna a diminuire. E lo dimostra il fatto che nella campagna trasferimenti in corso il Barça stia spendendo senza freni.

Dissipando il futuro per mantenere la grandezza nel presente. Cosa d’altro potranno impegnarsi fra cinque anni? Ma al di là di tali considerazioni, bisogna tornare al punto di nostro interesse. E sottolineare che, contestualmente alla notizia sull’aumento dei termini di accordo fra il Barcellona e il fondo Usa, sono stati diffusi i dettagli sull’approvvigionamento delle risorse finanziarie da versare nelle casse del club blaugrana per questa seconda tranche. Quei denari verranno chiesti in prestito a JP Morgan. E il cerchio si chiude un’altra volta.

L’accordo senza uscita

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Se si guarda a massima parte delle cifre pattuite fra le due grandi di Spagna e Sixth Street, si nota una curiosa coincidenza. I ‘circa’ 360 milioni di euro pompati nelle casse del Real Madrid e i 300 milioni versati al Barcellona per ottenere l’ulteriore 15 per cento sui diritti televisivi coincidono con, o li eccedono del 20 per cento, i 300 milioni di euro che avrebbero dovuto essere il premio di entrata versato da JP Morgan ai club della Superlega. Una cifra che peraltro avrebbe dovuto essere restituita con interessi.

Si tratta di numeri che fanno tornare alla mente le parole di Florentino Pérez  nei giorni successivi al fallimento del secessione provata dai 12 club: impossibile uscire dalla Superlega, esistono accordi firmati e vincolanti. E magari si tratta di coincidenze e di nostre speculazioni, ma intanto è bene tenere a mente quei numeri. Allo stesso modo è il caso di fare una rapida carrellata sugli affari di Sixth Street. Che nel 2020, in associazione con Silver Lake (altro grande investitore Usa) ha messo le mani su Airbnb mettendo sul piatto un miliardo di dollari.

Il suo impegno nel mondo dello sport aveva già toccato un culmine a giugno 2021 con l’investimento nei San Antonio Spurs, franchigia della Nba. E nei mesi più recenti il fondo Usa ha messo radici anche in Italia. A gennaio scorso ha comprato il Le Palme Hotel & Resort in Costa Smeralda. Ma soprattutto a marzo 2022 ha portato a termine l’acquisizione da Eni, per una cifra di circa 550 milioni di euro, del 49% di Enipower. Nella circostanza, il consulente di Sixth Street era Rotschild. Per quanto riguarda Eni, il suo advisor è stato JP Morgan.

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