Al termine dell’operazione “Redivivus”, la guardia di finanza di Torino ha scoperto un’evasione di oltre 2,5 milioni di euro attraverso l’uso di fatture per operazioni inesistenti per quasi 18 milioni di euro nel settore dei rottami ferrosi. A essere coinvolti nel sistema fraudolento erano 22 persone che risultano ora indagate e di cui otto sono state arrestate. I finanzieri hanno inoltre sequestrato beni per quasi 3,5 milioni di euro. Tre degli indagati, peraltro, percepivano il reddito di cittadinanza. L’indagine è durata per due anni e ha scoperto un sistema finalizzato all’evasione delle imposte perpetrata attraverso la costituzione di società fittizie che avevano l’unico scopo di emettere fatture per operazioni inesistenti, ottenerne il pagamento e retrocedere il denaro alle imprese beneficiarie della frode dietro la corresponsione del cinque per cento dell’imponibile indicato nella fattura, affinché queste ultime potessero ottenere indebiti risparmi d’imposta milionari.

Come funzionava l’organizzazione

Già nel 2015, l’associazione aveva acquisito un impianto di trattamento dei rifiuti, considerati come rottami ferrosi non ancora trattati, a copertura del sistema fraudolento, costituendo, parallelamente, diverse aziende cartiere e “filtro” che si sono dedicate, stabilmente, all’attività di emissione di fatture per operazioni inesistenti per quasi di 18 milioni di euro. Nel frattempo, i membri dell’organizzazione coordinavano alcuni individui incaricati di recuperare il denaro corrisposto dalle società beneficiarie della frode, prelevandolo in contanti presso i vari uffici postali dove erano stati accesi specifici conti correnti, per poi le somme decurtate del compenso illecito e redigere documentazione fiscale ed amministrativa fittizia nonché di “arruolare” nuove “teste di legno”.

Soldi nascosti nei boiler

Nel corso delle indagini i finanzieri del Primo nucleo operativo metropolitano del Gruppo Torino si sono trovati di fronte a una struttura, composta da ben 17 aziende e 22 individui, che inscenava come avvenute operazioni di commercializzazione dei rifiuti mai realmente avvenute. Il sistema utilizzava aziende prive di sostanza economica, magazzini affittati ma sprovvisti di merce e mezzi di trasporto che rimanevano per simulare operazioni di scarico/carico. Inoltre, la struttura si avvaleva di migliaia di documenti fiscali e amministrativi falsi emessi e annotati nelle scritture contabili, di pagamenti realmente eseguiti per poi prelevare il denaro e retrocederlo, nascondendolo all’interno delle aziende in luoghi originali, ad esempio, boiler delle caldaie, vaschette dei bagni inutilizzabili, decurtato del cinque per cento dell’imponibile quale compenso per la costruzione e la gestione del sistema fraudolento.

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