In tutto sono 18 gli indagati in un’inchiesta che contesta a vario titolo i reati di associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione
La procura di Palermo ha chiesto gli arresti domiciliari per Totò Cuffaro e per il deputato Saverio Romano, esponente di Noi Moderati. Grazie alla riforma voluta dal ministro Carlo Nordio, prima dell’eventuale arresto dovranno essere sentiti dal gip. Solo dopo l'interrogatorio il giudice deciderà se accogliere o meno la richiesta di domiciliari avanzata per Cuffaro e se chiedere al Parlamento l'autorizzazione a procedere per Romano. In tutto sono 18 gli indagati in un’inchiesta che contesta a vario titolo i reati di associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione.
Ma i nomi che raccontano la terra del Gattopardo, dove nulla cambia davvero, sono i vecchi amici, Totò e Saverio. Cresciuti insieme nella Democrazia Cristiana, spalla a spalla da sempre, anche quando Cuffaro attendeva il verdetto della corte di Cassazione che poi lo ha condannato per favoreggiamento aggravato a sette anni. Cuffaro ha scontato la condanna, diceva che si sarebbe ritirato per sempre, ma poi non ha resistito ed è tornato a fare la politica. A modo suo, non per caso lo chiamano vasa vasa. Vicinanze, clientele, rapporti, spartizione. Ma il problema non è mai stato Cuffaro, ma chi di quelle logiche si è servito e soprattutto dei suoi voti. Era tornato più forte di prima, a guidare scelte, piazzare assessori, nella giunta di Renato Schifani e in quella di Roberto Lagalla, rispettivamente governatore della Sicilia e sindaco di Palermo.
Ora arriva l’inchiesta dei carabinieri del Ros a riportare indietro l’orologio agli anni novanta. Stessi nomi, stesso potere e nuovi guai giudiziari. Per i partiti, quelli di centro-destra, era tutto perdonato. Cuffaro aveva ricominciato con la Nuova Dc, mentre Romano aveva preso la strada di Noi Moderati. Entrambi in sella, entrambi intramontabili. Si dicono totalmente estranei alle accuse, in attesa dell’interrogatorio del giudice.
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