Da ieri in Francia è obbligatorio il pass sanitario per accedere ai luoghi della convivialità, del divertimento e della cultura nei quali si incontrano più di cinquanta persone. Ma il piano del governo è di estenderlo gradualmente per l’accesso alle attività della vita quotidiana in genere. Emmanuel Macron è l’apripista europeo del pass sanitario totale, inteso cioè come passepartout indispensabile e inevitabile per la vita in società. Chi, anche nel nostro paese, considera questo scenario come imitabile sappia allora che in Francia le resistenze al progetto sono forti, diffuse e che non sono riducibili a una opposizione tra pro e no vax. Il partito socialista per esempio è contrario all’uso pervasivo del pass ma propone al contempo l’obbligo vaccinale. La sinistra de La France Insoumise tiene a dire che si vaccina, e parla di «pass totalitario». Ieri il progetto è stato dibattuto in sessione pubblica all’Assemblea nazionale, ed è qui ma anche in sede giurisdizionale che gli oppositori del piano daranno battaglia. L’obiettivo del governo è di promulgare entro agosto quello che per ora è un progetto di legge. Non è detto che ci riesca; l’obiezione più diffusa riguarda la limitazione delle libertà e il controllo sociale.

Cosa prevede il progetto

I primi annunci sono arrivati in diretta tv dal presidente della Repubblica Macron lunedì 12 luglio: «Vista la ripresa forte dell’epidemia e la variante Delta assai più contagiosa, per il personale sanitario e di cura i vaccini saranno obbligatori», con controlli e sanzioni da settembre. Inoltre «dal 21 il pass sanitario sarà esteso ai luoghi di cultura e divertimento con più di 50 persone». Da agosto, dopo il voto parlamentare, «sarà obbligatorio anche in bar, caffè, centri commerciali, ospedali, case di riposo, aerei… E se l’epidemia lo renderà necessario, vogliamo estenderne l’uso ulteriormente». Il pass, necessario dai dodici anni in su, si ottiene se si è guariti dal Covid-19 entro sei mesi, se si è vaccinati o si ha un test negativo. Ma dall’autunno il test, che finora in Francia è stato gratuito, diventerà a pagamento. «Il peso delle restrizioni va trasferito sui non vaccinati, non su tutti». Dopo le dichiarazioni dell’Eliseo, nonostante le reazioni di piazza con circa 100mila persone a protestare sabato, questo lunedì 19 il governo ha presentato in Consiglio dei ministri il Projet de loi relatif à l’adaptation de nos outils de gestion de la crise sanitaire. Il primo ministro Jean Castex ha poi trasferito al vaglio parlamentare – con procedura accelerata, il che ha acceso le polemiche ieri in aula – il progetto. Che include anche una estensione del regime di stato di urgenza sanitario: invece di farlo terminare a fine settembre, l’intenzione è di prorogarlo fino a fine anno.

La Francia e i vaccini

Esiste un problema di fiducia dei francesi verso i vaccini anti Covid? Che l’opinione pubblica francese, e in grado diverso anche quella tedesca, siano piuttosto scettiche è vero. Furono proprio Parigi e Berlino, molti mesi fa, a rallentare le spinte dei paesi mediterranei in sede europea per collaudare al più presto il green pass. Le rilevazioni YouGov dicono anche che, dopo gli stop ad AstraZeneca a metà marzo, la fiducia si è ancor più incrinata. A marzo scorso, un francese su due riteneva sicuri i vaccini Pfizer, mentre per AstraZeneca il dato varia: prima dello stop, quel vaccino è ritenuto sicuro solo dal 33 per cento di intervistati; dopo, ancora meno, cioè il 23. I britannici sono i più sereni: le cifre si aggirano attorno all’80 per cento; in Germania Pfizer rassicura quasi sette tedeschi su dieci, AstraZeneca la metà. Insomma Parigi è scettica, sarà per questo che lì sono circolate pure le pubblicità progresso, per persuadere a vaccinarsi. Immagini di ragazzi che si baciano o di folle ai concerti, con su scritto: «Il vaccino ha effetti desiderabili», sono la realizzazione plastica dell’indicazione che arriva dall’Organizzazione mondiale della sanità. Che dice: «Coi vaccini, meglio convincere che costringere». Per gli oppositori del pass totale, questo non rientra tra i semplici strumenti di persuasione. «Tutti controlleranno tutti, più che un pass sanitario è un pass autoritario» dice la sinistra de La France Insoumise. Il leader, Jean-Luc Mélenchon, precisa che «noi ci siamo tutti vaccinati». Ma chi non lo è, magari perché aspetta il suo turno, coi test a pagamento «rischia di pagare qualcosa come 700 euro al mese per svolgere le attività di vita quotidiana». Non a caso il giorno dopo l’annuncio dell’Eliseo si sono impennate le prenotazioni per la vaccinazione (poco meno di un milione e duecento) e la corsa è partita anche per accaparrarsi i tamponi rapidi, a pagamento dall’autunno: «Prima ne vendevamo circa 200 a settimana, ora 600» dicono i farmacisti parigini. Il pass per tutto è la soluzione giusta per vaccinare tutti? E quali altre conseguenze ha?

Rapidità e libertà

Il governo francese in realtà è il primo a essere andato a rilento con le vaccinazioni; ora hanno ricevuto entrambe le dosi 4 francesi su 10, ma l’inefficienza iniziale è stata tale che a inizio 2021, mentre la Germania aveva già vaccinato 230mila persone, la Francia 500. Inoltre il governo ora impone al parlamento una procedura di approvazione accelerata del progetto di legge, ma la strategia anti Covid è stata tutt’altro che pronta. Una commissione di inchiesta del Senato ha già messo in luce gli «errori strategici» del governo, la mala gestione della crisi, le misure poco tempestive e l’indebolimento della sanità. Mancanze che ieri in aula sono venute a galla. Se tutti intendessero vaccinarsi «gli arrivi di dosi non coprirebbero i bisogni», ha fatto notare ieri in aula la socialista Lamia El Aaraje. Mathilde Panot de La France Insoumise paragona Macron a Ponzio Pilato: «Se ne lava le mani, crea un sistema in cui tutti controllano tutti, ma lo stato non si assume le sue responsabilità e lascia la sanità pubblica allo stremo». Chi non controlla il pass avrà una multa individuale di 1.500 euro, di 7.500 se è persona giuridica, 9mila e il carcere se è recidivo. «Condivido la necessità di vaccinarci tutti – dice l’antropologa dell’Ehess Lynda Dematteo – ma lo scenario del pass per fare qualsiasi cosa comporta almeno due rischi: il primo è una deriva totalitaria, perché c’è un controllo totale sulla società e sugli individui; con i controlli siamo “seguiti ovunque”». La seconda deriva «è quella paternalista: c’è un aspetto autoritario in un presidente che tratta i francesi come infanti e si trasforma in capo epidemiologo». Il punto più controverso dell’uso pervasivo del pass riguarda proprio la compressione delle libertà. Non tanto per l’obbligo indiretto di vaccinarsi, ma per il controllo sociale. Non a caso la Corte costituzionale sarà chiamata a dire la sua sul progetto di legge.

 

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