Secondo il leader della Lega Matteo Salvini, il blocco dei licenziamenti potrebbe essere prorogato fino a ottobre per i servizi, commercio e turismo, ma settori come industria ed edilizia devono tornare quanto prima «a essere liberi di agire sul mercato». Su questi temi, Salvini dice di essere in «totale sintonia» con il presidente del Consiglio Mario Draghi, che ha incontrato ieri.​​​​​​

Dopo averlo a lungo trascurato, Salvini è tornato a occuparsi da una settimana del blocco dei licenziamenti, che scadrà a fine mese. Ma visto il suo recente passato, sono in molti a pensare che la proposta sia solo una manovra politica.

Una questione trascurata

Approvato alla fine dello scorso marzo dal governo Conte, il blocco dei licenziamenti è una misura distante dalle corde tradizionali della Lega, un partito che ha il suo zoccolo di elettori tra i piccoli imprenditori, i lavoratori autonomi e quelli vicini alla pensione.

Di blocco dei licenziamenti, Salvini non si era praticamente mai occupato fino alla fine dello scorso luglio, quando in un comunicato scritto a quattro mani con Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi aveva chiesto che la cassa integrazione venisse garantita alle imprese almeno fino alla scadenza del blocco. Accanto a questo, i tre leader chiedevano aumenti delle pensioni e nuove misure di flessibilità per i lavoratori.

In una lettera spedita a dicembre al Corriere della Sera con l’elenco delle sue priorità economiche, Salvini nemmeno citava il blocco dei licenziamenti. Proponeva invece misure sulle pensioni, sgravi fiscali e rottamazione delle cartelle esattoriali per le aziende.

In un’altra lettera, inviata a gennaio al Giornale, Salvini citava solo il blocco degli sfratti, una misura a cui diceva di essere fermamente contrario e sulla quale è tornato molto più spesso che sui licenziamenti.

A marzo, Salvini ha ripetuto più volte che il blocco dei licenziamenti si poteva mantenere solo per poche settimane ancora: «Col blocco dei licenziamenti puoi arrivare sino a giugno, ma non puoi ingessare le imprese».

La “svolta”

Alla fine di maggio, la Lega, insieme al presidente del Consiglio Mario Draghi, ha respinto una proposta del ministro del Lavoro del Pd Andrea Orlando che puntava a una proroga del blocco fino ad agosto. È a questo punto che è avvenuto quello che i leader del Pd hanno definito il «voltafaccia» di Salvini.

In un’intervista al Corriere della Sera pubblicata il 31 maggio, Salvini ha annunciato di essere pronto a dialogare con il Pd su una nuova proroga del blocco. La dichiarazione è stata immediatamente ripresa da tutti i giornali, suscitando la consueta serie di commenti sulla trasformazione della lega in partito operaio che “guarda” a sinistra.

Respinta dal Pd, che l’accusava di essere insincera, la proposta ha causato qualche sorpresa anche nel partito di Salvini, in particolare alla sottosegretaria al lavoro, Tiziana Nisini, che aveva contribuito a respingere la proposta di Orlando, e a Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico della Lega da sempre piuttosto vicino alle posizioni degli industriali.

Salvini ha quindi di nuovo cambiato posizione, precisando, come ha fatto ieri, di voler prorogare il blocco solo per alcuni settori, escludendo industria ed edilizia, due dei principali, e includendo commercio, turismo e servizi, in cui l’occupazione in buona parte precaria o stagionale rende comunque inutili i licenziamenti.

Il sospetto è che al leader della Lega il blocco dei licenziamenti interessi più che altro per posizionarsi nel dibattito e restare centrale, un po’ come le sue dichiarazioni di ammirazione per il segretario del Pci Enrico Berlinguer. Ma che in realtà, quello a cui punta davvero sono le misure che da sempre sostiene la Lega: tagli di imposta e sconti fiscali alle imprese.

 

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