Il settore spaziale è unanimemente riconosciuto come uno dei settori che avrà maggiore sviluppo nei prossimi dieci anni. I voli suborbitali di Jeff Bezos e Richard Branson hanno aperto la strada al turismo spaziale. Negli ultimi anni le attività di questo settore, che erano operate solo dallo stato, sono entrate nel raggio di azione dei privati che, oltre ai voli suborbitali, hanno già compiuto missioni verso la Stazione spaziale internazionale (Iss) con astronauti a bordo. È facilmente prevedibile che i privati occuperanno un ruolo sempre maggiore in questo settore. L’Unione europea ha posto la politica spaziale al centro della strategia “Europa 2020”. Stati Uniti, Cina, Russia ed Europa con l’Agenzia spaziale europea (Esa) hanno progettato uno sbarco sulla Luna nei prossimi cinque anni. Altri paesi come Francia e Germania si stanno organizzando per avere un ruolo importante nelle future attività spaziali. E l’Italia cosa sta facendo? La politica spaziale italiana è appena accennata, anche a causa di diversi errori compiuti negli ultimi dieci anni.

La nuova governance

La legge n. 7 del 2018 ha riformato la governance nazionale dello spazio con il conferimento al presidente del Consiglio della responsabilità politica generale e del coordinamento delle politiche di tutti i ministeri interessati ai programmi spaziali istituendo il “Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e all’aerospazio” (Comint).

A seguito di questo, il premier Paolo Gentiloni ha istituito una cabina di regia per lo spazio a palazzo Chigi. Ma a capo di questa cabina di regia è stato nominato un ammiraglio. Considerato che si parla di voli spaziali, semmai sarebbe stato più indicato un generale dell’aeronautica che ben conosce le differenze del volo nell’aerospazio e nello spazio esterno (outer space). Ma soprattutto tale cabina di regia dovrebbe essere guidata da un civile (magari uno scienziato dello spazio) visto che l’articolo 4 del Trattato sullo spazio delle Nazioni unite del 1967 stabilisce che lo spazio può essere usato solo per scopi pacifici, sebbene sia noto che le infrastrutture spaziali sono “dual use”, cioè utilizzabili per scopi civili o militari. Nel marzo 2019 il governo Conte ha pubblicato un breve indirizzo del governo in materia spaziale e aerospaziale nel quale si elencavano i principali progetti spaziali in corso nel mondo e i piani che il Comint avrebbe dovuto realizzare. Di questi piani, che in pratica formerebbero la politica spaziale italiana, si è visto solo uno studio sulla Strategia nazionale di sicurezza per lo spazio.

La cacciata di Battiston

Nel 2018 il governo giallo-verde, su pressioni della Lega e senza passare dalle commissioni parlamentari, ha sollevato dall’incarico di presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) Roberto Battiston, fisico sperimentale di fama internazionale, autore di un esperimento importantissimo in corso sulla Iss. Il mondo scientifico, con Carlo Rovelli in testa, ha protestato vivacemente ma il governo giallo-verde non è ritornato sui suoi passi.

L’anno scorso il governo Conte II, per ragioni politiche, ha candidato per la direzione generale dell’Esa una persona che notoriamente non aveva alcuna chance. Infatti è stato eletto l’austriaco Joseph Aschbacher. Alla selezione si è presentato individualmente anche Battiston, ma non avendo l’appoggio del governo non è stato eletto, malgrado le sue competenze siano assai maggiori di quelle di Aschbacher.

La nomina di Tabacci

Arriviamo così all’ultimo atto di questa tormentata storia della politica spaziale italiana. Rileggendo il curriculum di Bruno Tabacci non si trova alcuna esperienza, anche lontana, con il mondo dello spazio. Domani ha ricordato le sue antiche amicizie con Mario Draghi e Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo. Ma da Draghi ci si aspetta nomine basate sulla competenza, non su vecchie amicizie. Così la politica spaziale italiana deve ancora essere scritta. Eppure si tratta di un settore nel quale l’Italia, tra Pnrr e altri fondi, dovrà investire oltre quattro miliardi di euro sui quali si è da tempo fissato l’interesse della Lega.

Nella realizzazione della politica spaziale il gruppo Leonardo (controllato dal ministero dell’Economia) occupa il ruolo essenziale di un’industria aerospaziale che realizza satelliti, stazioni di terra, parti della Iss, soprattutto con Telespazio e Thales Alenia Space. Tuttavia, i cambiamenti avvenuti nella governance del gruppo negli ultimi otto anni pongono qualche interrogativo sul corretto svolgimento di tale ruolo.

Al tempo in cui Leonardo si chiamava Finmeccanica la governance del gruppo era affidata a ingegneri del mondo dell’aerospazio. Nel 2013 il governo Letta ha nominato Gianni De Gennaro (ex capo della Polizia) presidente di Finmeccanica. È stato questo il primo atto che ha creato un legame tra Finmeccanica e i servizi di sicurezza. Recentemente, questo legame è stato rafforzato con la nomina di Marco Minniti (già ministro dell’Interno) alla presidenza della Fondazione Leonardo (Med-Or) i cui obiettivi appaiono assai fumosi e sovrapponibili ai compiti dei servizi di sicurezza e del ministero degli Esteri. Anche in considerazione della recente inchiesta di Domani sui rapporti tra Leonardo ed ex dipendenti dei servizi segreti esterni, è naturale chiedersi se si vuole dare a Leonardo come mission principale la vendita di armi piuttosto che i progetti relativi allo spazio. Come si vede l’evoluzione nebulosa della governance del gruppo non permette di capire se questo potrà svolgere efficacemente il ruolo che la politica spaziale che il governo vorrà disegnare gli assegnerà. Così, ancora una volta rischiamo di perdere un treno importante per l’insipienza della politica e per oscuri giochi di potere.

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