«Biden ottiene il più grande risultato numerico della storia degli Stati Uniti: 72 milioni di voti, oltre 4 milioni più di Trump. Un risultato enorme, importantissimo». Così Enrico Letta, ex premier e preside dell'Istituto di studi politici di Parigi Sciences Po, a Repubblica.

«Si era creata l'aspettativa che Texas o Florida potessero girare per i democratici facendo arrivare un risultato immediato, ma non si capisce perché. Non era mai accaduto. Penso che quello di Biden», aggiunge, «sia un grande risultato. E aggiungo: Trump sarà con ogni probabilità il primo presidente uscente che perde la rielezione da 28 anni. L'ultimo fu Bush contro Clinton. Non è secondario, in una situazione in cui oggettivamente rappresenta qualcosa che travalica i confini del partito repubblicano. È un fenomeno di massa che va oltre la politica e infatti ha una grande presa anche fuori dagli Stati Uniti».

Una breccia nel sovranismo

A suo dire, Trump «in assoluto, forse dopo Kennedy, e mi pento subito del paragone, è il presidente americano che ha maggiori seguaci fuori dal suo Paese. C'è gente che ha a casa la sua foto come quella di un santo o del Che. Il trumpismo», sottolinea Letta, «scoperchia uno dei grandi fenomeni del nostro tempo, il fossato tra città e zone rurali».

Il declino del tycoon apre una breccia nel sovranismo, che sembrava il destino delle destre nel mondo? «È un colpo durissimo perché la vera forza del sovranismo è stata avere il suo leader più rappresentativo a capo della più grande potenza del mondo. Venuto meno il megafono della Casa Bianca, quel messaggio è destinato a sgonfiarsi», aggiunge l'ex premier.

«Sono convinto che la forza dei sovranisti sarebbe stata minore se Trump avesse perso nel 2016. Ha legittimato i discorsi più beceri, i linguaggi peggiori, i comportamenti più scorretti», conclude.

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