In teoria lo scenario in cui si muove il cittadino russo Artem Uss è di estrema pericolosità per la sicurezza nazionale non solo americana. Soprattutto perché al di là delle frodi e del contrabbando di petrolio con il Venezuela, nell’atto di incriminazione del dipartimento di giustizia americano è ricostruito nei dettagli il traffico di tecnologia militare destinato alla Russia e usato nella guerra in Ucraina.

Materia che avrebbe dovuto allertare le intelligence europee, incluso quella italiana. Eppure i nostri 007 nulla sapevano. Il motivo è semplice: per la Cia Uss, spiegano fonti autorevoli dell’intelligence, «non è mai stato una spia», ma “solo” «un faccendiere incriminato dall’Fbi»: dunque trattato non come un problema di sicurezza nazionale ma un semplice delinquente, e perciò mai segnalato ai servizi segreti italiani.

Chi ha commesso l’errore fatale sul caso di Uss? Chi ha sottovalutato il ruolo e la caratura del cittadino russo, figlio del potente governatore di Krasnoyarsk in Siberia, legatissimo alla cerchia più stretta di Vladimir Putin? Il rimpallo di responsabilità per ora è tra ministero della giustizia e corte d’Appello di Milano, con la procura generale nel mezzo, l’unica ad aver sostenuto con forza la necessità di mantenere la custodia in carcere fino all’estradizione negli Stati Uniti proprio per le relazioni estese ai massimi livelli di Uss.

Lo scontro è tra il ministro Carlo Nordio e i giudici che hanno autorizzato gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per Uss, il quale due giorni dopo la sentenza sul via libera all’estrazione negli Stati Uniti per essere processato, è fuggito dall’abitazione di Basiglio, nel Milanese, manomettendo il dispositivo di controllo.

Sullo sfondo di questo scaricabarile istituzionale, che imbarazzo il governo di Giorgia Meloni, sempre molto attenta a non deludere gli alleati di Washington, sta emergendo però un clamoroso cortocircuito sulla gestione da parte americana del caso Uss. Gli Stati Uniti (e in particolare l’Fbi) sono molto adirati per la fuga del cittadino russo. Avevano scritto al ministro Nordio, che aveva risposto spiegando che il braccialetto elettronico configura comunque una detenzione.

L’esito ha dato ragione agli Usa, che non hanno digerito quello che loro vedono come una gestione dilettantesca della nostra burocrazia e del nostro sistema. In questo caso però la competenza è passata attraverso più poteri dello stato, giudiziario e esecutivo, autonomi e indipendenti l’uno dall’altro.

Un buco nell’intelligence

È un fatto però che l’intelligence italiana, in tutte le sue articolazioni, nulla sapeva del potenziale pericolo rappresentato da Uss per la sicurezza nazionale. Non per colpa loro. Ma perché non erano stati messi al corrente dagli omologhi della Cia della caratura criminale del cittadino russo incriminato a New York, arrestato a Malpensa il 20 ottobre ed evaso dai domiciliari per rientrare in Russia il 22 marzo, due giorni dopo la decisione con cui i giudici di Milano accordavano al dipartimento di giustizia statunitense l’estradizione.

La Cia non ha, dunque, segnalato Uss come target agli apparati italiani, questo è certo, confermano più fonti qualificate. Né l’Fbi poteva farlo, perché è una struttura che ha poteri di controspionaggio solo in patria, ma non fuori dai confini nazionali, competenza esclusiva della Cia. Di fronte a obiettivo di interesse sul territorio italiano, l’agenzia americana è sempre molto solerte nel coinvolgere l’intelligence alleata. Nel caso Uss non è mai arrivata alcuna comunicazione, nessun alert, neppure dopo l’evasione di Uss, riferiscono più fonti dell’intelligence.

Possibile che sia sfuggito un bersaglio così grosso alla Cia? Dell’assenza di comunicazioni da parte dell’intelligence americana è certo anche il Copasir, il comitato che vigila sull’attività dei servizi segreti. Nessuna evidenza, nessuna segnalazione.

Anche perché se fosse esistito uno scambio informativo chi di dovere, in questo caso l’Aisi (Agenzia per la sicurezza interna, ndr), avrebbe predisposto un’operazione di monitoraggio sul target e per il russo sarebbe stato impossibile lasciare il paese. Invece né prima né dopo l’evasione gli 007 italiani hanno avuto informazioni privilegiati dalla Cia.

Anche sulla fuga sono state dette e scritte molte cose sul ruolo di spie russe che avrebbero agevolato Uss nella fuga. Tuttavia, da quanto risulta a Domani, ai nostri servizi non hanno alcuna evidenza su un commando di spioni di Putin nell’esfiltrazione del figlio del governatore siberiano.

La guerra in Ucraina

Nell’indagine condotta dall’Fbi su Uss un capitolo è dedicato all’esportazione di tecnologia militare in Russia e il suo utilizzo nella guerra in Ucraina. Tra i capi di imputazione contestati dalla corte del distretto est di New York uno in particolare riguarda l’esportazione illegale di tecnologia militare per milioni di dollari verso la Russia.

«Questi articoli includevano semiconduttori avanzati e microprocessori utilizzati negli aerei da combattimento, sistemi missilistici, munizioni intelligenti, radar, satelliti e altre applicazioni militari spaziali. Componenti fabbricati da diverse società statunitensi sono stati trovati in sequestri di piattaforme di armi russe in Ucraina», è scritto nell’atto di incriminazione.

Può sembrare incredibile che business di questa portata, peraltro con la guerra in corso e le minacce di Putin contro l’Occidente, sia stato trattato solo come materia giudiziaria e non di intelligence dalla Cia. Ma così è andata, da quanto risulta dalle conferme ottenute da Domani. La profezia dell’uomo d’affari Uss si è, dunque, realizzata, quando intercettato scherzava con il socio russo: «Vuoi essere un fuggitivo internazionale?», diceva ironico il figlio del potente governatore, «Vorresti? Posso organizzarmi molto facilmente», rispondeva il compagno di traffici.

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