Il 31 agosto la Fda – l’agenzia federale che negli Stati Uniti supervisiona e approva farmaci e vaccini – ha autorizzato l’uso d’emergenza di due vaccini a Rna prodotti dalle case farmaceutiche Moderna e Pfizer, diretti alla variante Wuhan del virus (quella cinese originaria, contenuta nei vaccini che ci siamo iniettati sinora) e contro le varianti Omicron 4 e 5 del coronavirus.

A giugno, la stessa Fda aveva esplicitamente richiesto ai produttori di sviluppare un vaccino che avesse per bersaglio proprio queste due varianti, e la scorsa settimana Moderna e Pfizer hanno inviato i dati relativi alle sperimentazioni dei loro prodotti alla Fda, che li ha subito approvati. Il governo del presidente Joe Biden ne ha prontamente ordinate 170 milioni di dosi.

Il primo settembre, nel corso di una sua seduta straordinaria, l’Ema – l’Agenzia europea delle medicine – ha concesso l’autorizzazione all’uso di due vaccini a Rna aggiornati, anch’essi sviluppati da Moderna e Pfizer, diversi da quelli approvati negli Usa due giorni prima, diretti contro la variante Wuhan del virus e contro la nuova Omicron 1. Nel frattempo, l’Ema ha iniziato a valutare anche la richiesta di autorizzazione di Pfizer per il suo nuovo vaccino contro Omicron 4 e 5. I vaccini contro il Covid sono stati aggiornati per la prima volta da inizio pandemia solo ora, contro le varianti Omicron. Perché? Ce n’era proprio bisogno?

A essere sinceri, Omicron 1 è sparita dalla circolazione a inizio primavera, soppiantata da Omicron 4 – praticamente scomparsa – e poi dalla 5, quella prevalente in questo momento, responsabile di oltre il 90 per cento dei casi.

Anche se sono già stati approvati, i dati relativi a questi nuovi vaccini sono scarsi, e nessuno sa con certezza quale sarà il loro impatto: ciò basta per convincere i soliti cospirazionisti No-vax a sollevare dubbi e fare polemica. Qual è la verità?

Come sono fatti

I nuovi vaccini di Moderna e Pfizer sono vaccini a Rna, che contengono l’Rna messaggero della proteina spike del Sars-CoV-2. Come sono fatti? Essi contengono minuscole bollicine di grasso dentro le quali vengono inserite molteplici copie dell’Rna messaggero che codifica la proteina spike del coronavirus. Quando vengono iniettate nel nostro corpo, le bollicine di grasso si fondono con certe nostre cellule nel sito di iniezione, l’Rna penetra dentro di esse, poi le nostre cellule lo usano come stampo per produrre la proteina spike del coronavirus, che infine espongono sulla loro membrana esterna. A quel punto, speciali cellule immunitarie la riconoscono come proteina antigene estranea, passano questa informazione ad altre cellule immunitarie specializzate, e queste a loro volta istruiscono linfociti B a produrre anticorpi contro quella proteina spike, e linfociti T a uccidere le cellule che la espongono.

Se il vero Sars-CoV-2, con la sua proteina spike sul mantello, penetra nel nostro organismo, si trova di fronte questi linfociti B e T già addestrati, che lo attaccano e lo uccidono.

I vaccini aggiornati anti Covid sono bivalenti. Il vaccino approvato negli Usa – anti Wuhan e anti Omicron 4 e 5 – contiene molecole di Rna di due tipi: metà codificano la proteina spike della variante del virus originaria comparsa a Wuhan nel 2019, e l’altra metà quelle di Omicron 4 e 5, che sono praticamente identiche tra loro.

Invece, il vaccino approvato in Europa – anti Wuhan e anti Omicron 1 – contiene molecole di Rna anch’esse di due tipi: metà codificano la proteina spike del virus di Wuhan, e l’altra metà quella di Omicron 1. Entrambi contengono una quantità di Rna inferiore ai vaccini di vecchio tipo, e difatti questi nuovi possono essere utilizzati solo come booster, cioè come richiamo, e non come prima dose su individui non vaccinati. E qui iniziano i problemi. Solo per il booster contro Wuhan e Omicron 1 sono disponibili dati ricavati dalla sua sperimentazione sull’uomo. Nel corso di un meeting dell’Fda che si è tenuto a giugno, Pfizer e Moderna hanno presentato dati che dimostrano che l’inoculazione di questo booster nell’uomo provoca effetti collaterali simili a quelli dei vaccini originari – dolore nel sito dell’iniezione, affaticamento e in qualche caso febbre – e induce una forte risposta anticorpale sia contro il ceppo originario del virus sia contro Omicron 1. Inoltre, le due case farmaceutiche hanno poi dimostrato che i loro vaccini contro Omicron 1 sono in grado di suscitare una significativa risposta anticorpale anche contro Omicron 4 e 5, anche se inferiore rispetto a quella contro Omicron 1. Per quel che riguarda i booster contro Omicron 4 e 5, le due case farmaceutiche per ora hanno solo fatto esperimenti su animali. A una riunione dell’Fda tenuta a giugno, la Pfizer ha presentato dati preliminari, non ancora pubblici, relativi a soli otto topi ai quali era stato iniettato il booster contro Omicron 4 e 5 come terza dose.

Rispetto a topi che avevano ricevuto una dose del vaccino di vecchio tipo, questi animali mostravano una risposta immunitaria più efficace contro tutte le varianti Omicron.

Sperimentazione sull’uomo

Le due case farmaceutiche hanno affermato che la sperimentazione clinica sull’uomo dei booster contro Omicron 4 e 5 inizierà dal mese prossimo: del resto, hanno bisogno di questi dati per ottenere la piena approvazione dei vaccini, per ora autorizzati solo per un uso di emergenza. Questi test clinici saranno condotti su un campione di poche decine di individui. Gli scienziati delle case farmaceutiche inietteranno il booster in alcuni volontari, misureranno la loro risposta immunitaria e in particolare il livello dei loro anticorpi neutralizzanti in grado di bloccare l’infezione, poi lo compareranno con quello di individui che hanno ricevuto una dose del vaccino di vecchio tipo. Una sperimentazione condotta su poche decine di individui convincerà gli indecisi?

I vaccini di vecchio tipo, contro la variante cinese del virus, erano stati testati su decine di migliaia di individui, a metà dei quali era stato inoculato un vaccino, e all’altra metà un placebo. Tali studi su larga scala, che avevano dimostrato che la prima generazione di vaccini anti Covid riduceva il rischio di malattia di più del 90 per cento, non sono più né fattibili né etici nell’anno 2022. Bisogna produrre nuovi vaccini aggiornati il più in fretta possibile, per permettere a ogni essere umano di proteggere sé stesso da un virus che ancora non riusciamo a controllare del tutto. Qualcuno potrà obiettare: ma com’è possibile che questi vaccini siano stati autorizzati senza che prima siano stati sperimentati sull’uomo? Non c’è niente di strano o di cui preoccuparsi.

I vaccini antinfluenzali vengono aggiornati praticamente ogni anno, a primavera, per adeguarli al ceppo di virus che probabilmente circolerà durante l’autunno e l’inverno, e non vengono prima sperimentati sull’uomo.

I vaccini aggiornati non devono essere sottoposti a nuovi test clinici a meno che le case farmaceutiche non ne abbiano nel frattempo modificato profondamente il modo di produzione ed il contenuto. Quel che cambia nei vaccini aggiornati sono due o tre aminoacidi in una proteina – nel caso del vaccino antinfluenzale – o due o tre nucleotidi all’interno dell’Rna – nel caso dei vaccini anti Covid: mutamenti infinitesimali e praticamente irrilevanti.

C’è un pericolo potenziale: il fatto che questi vaccini sono stati approvati per l’uso di emergenza senza che siano stati sperimentati sull’uomo potrebbe suscitare dubbi in molti, che potrebbero rifiutare di inocularsi la quarta dose.

Così, l’aumentata protezione garantita dal nuovo vaccino potrebbe essere controbilanciata dal minor numero di persone disposte a inocularsi il vaccino, e ciò potrebbe nuocere alla sicurezza della popolazione in generale.

Effetto bivalente

Qualcuno si potrebbe porre anche un’altra domanda: perché i nuovi vaccini contengono ancora l’Rna contro il ceppo ancestrale del virus, quello di Wuhan, che da lungo tempo è scomparso dalla circolazione?

Gli scienziati della Pfizer hanno fatto esperimenti sull’animale e sull’uomo e hanno scoperto che un vaccino monovalente contro una specifica variante di Omicron induce una risposta più intensa di un vaccino bivalente diretto sia contro il virus Wuhan sia contro una specifica variante Omicron. Ma in uno studio appena pubblicato online, dal titolo “Predire l’efficacia dei booster vaccinali anti-Covid-19 modificati contro le varianti”, la microbiologa Deborah Cromer, dell’università di Melbourne, e altri suoi colleghi australiani hanno scoperto che i vaccini aggiornati bivalenti sembrano offrire più o meno la stessa protezione garantita da una dose supplementare dei vecchi vaccini monovalenti ora in commercio, specie per quel che riguarda il rischio di sviluppare la malattia grave e di finire in ospedale.

Nel loro studio, Cromer e i suoi colleghi hanno analizzato i dati provenienti da otto trial clinici in cui si paragonavano gli effetti di vaccini che contenevano la proteina spike del virus originario cinese con vaccini che contenevano sia la proteina spike del virus cinese sia quella di una specifica variante – Beta, Delta, Omicron 1 – oppure con vaccini che contenevano solo la proteina spike di una specifica variante.

Hanno scoperto che quando si iniettava una dose richiamo – non importa quale – l’effetto era grande: la copertura immunitaria aumentava di molto. Una dose supplementare del vaccino contro il ceppo originario cinese induceva un aumento di 11 volte del livello di anticorpi neutralizzanti, contro tutte le varianti.

Invece, una dose dei vaccini contro una variante specifica induceva un aumento del livello di anticorpi neutralizzanti diretti contro quella specifica variante solo 1,5 volte più alto rispetto a quello indotto dal vaccino contro il ceppo cinese.

Allora, è meglio fare la quarta dose del vecchio vaccino o del nuovo vaccino anti Omicron?

«Magari un richiamo specifico contro una variante potrebbe darvi una copertura immunitaria più elevata contro quella specifica variante, ma la cosa più importante è fare una dose in più del vaccino, non importa quale», dice Cromer.

Quindi, conviene farsi subito la quarta dose, senza aspettare i nuovi vaccini. Tuttavia, i vaccini aggiornati alle nuove varianti possono offrire qualche pur piccolo vantaggio. Per fare un esempio concreto, secondo il modello di Cromer, se una popolazione ha una protezione dell’86 per cento contro la malattia severa, un richiamo con un vaccino contro il virus cinese ancestrale potrebbe farla aumentare fino al 98 per cento, mentre un richiamo con un vaccino variante-specifico potrebbe farla aumentare fino al 98,8 per cento.

«Potrebbe sembrare una differenza minima», ammette Cromer, «ma se la popolazione di quel paese è molto vasta e i posti letto in ospedale sono limitati, anche pochi decimali in più di protezione possono fare una grande differenza». E questa affermazione porta alla domanda successiva. Se i benefici dei nuovi vaccini variante-specifici sono così limitati, c’era proprio bisogno di produrli?

Dissenso

Alcuni scienziati pensano di no. Paul Offit, uno scienziato esperto di vaccini dell’Ospedale dei bambini di Philadelphia, è uno dei due membri del comitato dell’Fda che ha votato contro lo sviluppo di nuovi vaccini anti Omicron. Pensa che offrano qualche indubbio vantaggio, ma che sarebbe meglio investire altrove.

I vaccini anti Covid attualmente in uso già prevengono a sufficienza le malattie gravi e le morti, dice Offit, e sarebbe meglio sviluppare vaccini che impediscano l’infezione e che stoppino il contagio, cosa che i vaccini aggiornati non riescono a fare.

Ciò accade perché il tempo d’incubazione del Covid-19 – il tempo che passa dal momento in cui veniamo infettati a quello in cui riusciamo a infettare gli altri – che è di 2 giorni, è troppo breve, lui sostiene.

Se il livello di anticorpi neutralizzanti è già alto quando il coronavirus penetra nel nostro corpo, allora noi abbiamo modo di combatterlo e sconfiggerlo in quelle poche ore che passano dall’infezione al momento in cui riusciamo a spargere tanto virus da contagiare altri; ma se il livello di anticorpi neutralizzanti quando il coronavirus penetra dentro di noi è basso, allora il virus si moltiplicherà e noi infetteremo altri.

Malattie come il morbillo e la rosolia hanno un’incubazione di due settimane, e perciò il sistema immunitario di un individuo vaccinato può montare una risposta e produrre anticorpi in tempo sufficiente da sconfiggere il virus prima che diventi infettivo.

È per questo che i vaccini contro il morbillo e la rosolia possono arrestare il contagio. «Invece», dice Offit, «nel caso del Covid-19 anche se il 100 per cento della popolazione fosse vaccinato e il virus non mutasse mai, i vaccini potrebbero fare poco per fermarne la trasmissione».

E tuttavia molti scienziati sostengono che è necessario sviluppare nuovi vaccini variante-specifici perché la prossima potrebbe essere più aggressiva e più letale di tutte le precedenti. L’unica cosa che conta è: fatevi la quarta dose, il prima possibile, non importa con quale vaccino.  

© Riproduzione riservata