La violenza ultras è fuori controllo, ma il governo continua a sottovalutarla

Una morto e due feriti in 24 ore. Il bilancio drammatico del weekend segnato dalle violenze ultras a Pisa e Rieti, dove è andato in scena l’episodio più drammatico con il bus della tifoseria di Pistoia bersagliato da una sassaiola che ha provocato la morte di uno dei due autisti, Raffaele Marianella. Ma sarebbe sbagliato fermarsi alla cronaca degli ultimi due giorni appena trascorsi. Perché non sono episodi isolati. La differenza è che a differenza dei cortei attirano meno l’attenzione della politica. Eppure dall’inizio della stagione gli incidenti si moltiplicano, in strada più che negli stadi, e si registrano sempre più frequentemente violenze tra tifosi anche in altri sport. E mentre le tifoserie si affrontano sempre più duramente, lo Stato sembra faticare a trovare un modo per affrontare il problema. Le violenze A Rieti, dopo il match di Serie A2 di basket tra Npc Sebastiani e Pistoia, un pullman con a bordo i tifosi ospiti è stato assaltato lungo la superstrada Terni-Rieti. Al termine di una partita già tesa, un gruppo di aggressori ha lanciato mattoni e sassi contro il mezzo in corsa: un blocco di cemento ha infranto il parabrezza e ucciso sul colpo Marianella, 65 anni. Il lavoro immediato delle forze dell’ordine ha portato al fermo nella giornata di lunedì di dieci tifosi reatini, tutti riconducibili a gruppi ultras legati a movimenti di estrema destra. Tre di questi sono poi stati arrestati: secondo gli inquirenti, avrebbero pianificato l’assalto nei giorni precedenti. Gli indizi sarebbero in alcune chat di Whatsapp. Gli ultras del basket Rieti sono storicamente legate a mondi del neofascismo. E sempre parlando di tifoserie tradizionalmente legate all’estrema destra, sabato pomeriggio, centinaia di ultras del Verona avevano affrontato in pieno giorno sostenitori del Pisa. Bastoni, caschi e bombe carta. Il bilancio finale parla di due veronesi in ospedale, e cinque ultras dell’Hellas identificati e arrestati dalle forze dell’ordine nella giornata di lunedì. Ma da inizio stagione si contano già una decina di episodi: dalle violenze tra sostenitori del Como e dell’Atalanta in autogrill, ai blitz degli ultras della Fiorentina a Pisa. E oltre al calcio e al basket, dove le ultime violenze risalgono a dieci giorni fa in occasione di Roseto - Pesaro, neanche l'hockey è stato risparmiato: in agosto a Bolzano, un centinaio di tifosi dell’Ehc Kloten si sono scontrati con i tifosi locali ed hanno finito per aggredire gli agenti nell’hotel che li ospitava. Da fine agosto il conto è già corposo: un morto, decine di feriti e una pioggia di Daspo, i divieti di partecipazione a eventi sportivi, in preparazione. Lazio-Roma, il derby delle curve criminali: quei legami con il boss Senese Nuovi scenari Un fenomeno che rischia di sfuggire ad ogni controllo. C’è stato un cambiamento nella violenza ultras: non più consumata dentro gli stadi o nelle immediate vicinanze ma lontano dalle partite. I campi di battaglia sono le autostrade, o nelle aree di servizio, dove spesso si incrociano tifoserie rivali in viaggio per seguire le proprie squadre in trasferta. All’area di servizio Somaglia, nel basso lodigiano, la notte del 30 agosto, si sono affrontati tifosi di Como e Atalanta di ritorno da due trasferte diverse. Un assalto con spranghe, bottiglie e fumogeni che ha interrotto il traffico sull’A1. La scorsa settimana erano stati i tifosi di Catania e Casertana a bloccare l’A2, all’altezza dello svincolo di San Mango Piemonte, per affrontarsi con violenza tra le auto in coda in attesa che finisse la follia ultras. L’episodio di domenica sembra in continuità con questa tendenza: colpire a partita finita e lontano da stadi e palazzetti, quando l’attenzione cala e l’evento sembra essersi concluso. La reazione Seppure prevedibili, a questi scontri lo stato sembra arrivare in ritardo. Al di là dell’indignazione di circostanza (Meloni ha definito l’accaduto «inaccettabile»), a differenza di quanto accade per altre tipologie di manifestazioni, le violenze ultras sono ancora affrontate esclusivamente come eventi collaterali e godono di un minor allarmismo. La gestione dell’ordine pubblico appare legata a doppio filo all’evento sportivo e all’impianto in cui si svolge, mentre sembrano sottovalutate le minacce portate da tifoserie che si muovono nel Paese. Ad ogni episodio seguono condanne politiche e Daspo, ma è assente una visione d’insieme che possa permettere di prevenire le guerriglie Dopo gli scontri del gennaio 2023 tra ultras romanisti e napoletani sull’A1, la linea del governo era stata chiara: nessuna nuova norma ma un’applicazione più rigida di quelle già esistenti. Così negli ultimi anni si è assistito ad un tentativo di arginare il fenomeno con regole più stringenti sui Daspo, limitazioni all’acquisto di biglietti o il divieto di trasferte a rischio. Nel basket, dove le violenze sono in crescita soprattutto in serie minori, si è provato a rispondere con un protocollo che prevede biglietti nominali e maggiori controlli su chi li acquista, applicando quello che nel calcio già si vede da diciassette anni. Una risposta che, ancora una volta, sembra limitare il problema a quanto accade dentro i palazzetti. I fatti, però, sembrano mostrare una realtà diversa: la partita è un pretesto, e diventa quasi ininfluente. Le tifoserie, sempre più radicalizzate, si affrontano lontano dagli eventi sportivi, in orari e luoghi impossibili da presidiare con le logiche attuali. E chi paga il prezzo più alto, come a Rieti, spesso è chi con la violenza non ha nulla a che fare. Basket italiano in rivolta. Lo sciopero delle curve contro le nuove regole