Un rito di iniziazione dell’allievo pilota militare, il «tuffo nella piscina del pingue», che si trasforma in una cerimonia violenta e degradante, in particolare per le donne che in questi anni si stanno affermando nelle forze armate. Da una festa per celebrare il «battesimo del volo» del futuro pilota dell’aeronautica a una galleria di colpi, frustate, capelli strappati e umiliazioni. Una procedura non scritta ma conosciuta e accettata da tutti. E denunciare non conviene.

Lo dimostra quanto accaduto a Giulia Schiff, l’allieva pilota in addestramento presso il 70esimo stormo da cui è nato il caso: voti eccellenti in tutte le materie, la 19enne Giulia denuncia le violenze subìte e fa aprire un procedimento presso il tribunale militare. Il clima si fa sempre più ostile e improvvisamente il suo rendimento cola a picco, finché viene espulsa dall’aeronautica per «inattitudine militare», un provvedimento annullato in via cautelativa dal Consiglio di Stato ma riconfermato nel merito dal Tar (in attesa del verdetto d’appello).

Il video che pubblichiamo, depositato agli atti del procedimento militare dai commilitoni di Schiff, ritrae lo stesso «rito» subito da una compagna di corso di Giulia dopo il primo «volo da solista». A differenza del fascicolo Schiff però, in questo caso l’allieva si dichiara consenziente, spiega al pm militare di aver «pianto per la gioia e per l’emozione di aver raggiunto un traguardo così ambito». Il magistrato per questo chiede e ottiene l’archiviazione per tutti gli indagati.

Ma le immagini girate ritraggono una realtà diversa. L’allieva pilota chiede ai commilitoni di fermarsi: «Ahia! Oddio per favore non così forte». Piange per il dolore. Se di emozione si tratta, sembra più simile alla paura e allo smarrimento. Ma per il giudice militare Elisabetta Tizzani, che il 9 dicembre 2020 ha disposto l’archiviazione degli otto indagati per lesioni personali pluriaggravate in corso limitatamente al suo caso, «ha ‘eseguito il rito’ volontariamente, consapevole esattamente di ciò a cui sarebbe stata sottoposta ivi compresi i colpi con i frustelli e tale consenso non è mai venuto meno».

Giulia Schiff è l’unica ad avere avuto il coraggio di denunciare. Il padre di Giulia, ex pilota militare, quando viene a sapere quello che è successo alla figlia informa un vecchio compagno di corso, oggi generale dell’aeronautica e diretto superiore gerarchico dei responsabili delle scuole di volo. Il generale con l’ex collega minimizza, ma all’interno qualcosa dev’essere successo. Intanto il clima si fa sempre più duro per la Schiff. Si profila la sua espulsione dal corpo nonostante fosse una delle migliori del suo corso. Il padre ritelefona al generale e manda foto e video delle violenze. Partono l’inchiesta interna e la segnalazione alla Procura militare.

Che avvia un’indagine per cui oggi otto militari sono finiti a processo per le lesioni. Il rito violento, come testimoniano i filmati prodotti, avviene sotto gli occhi di ufficiali e sottufficiali che non muovono un dito per impedirlo. Nessuno dei superiori però viene indagato. «In questa vicenda anche gli imputati sono delle vittime di chi li ha mandati avanti e ora si nasconde - commenta l’avvocato di Schiff, Massimiliano Strampelli -, nessuno dei superiori presenti al rito è intervenuto per porre fine alle frustate». Alla prima udienza del processo i legali di Schiff hanno chiesto e ottenuto la citazione del ministero della Difesa come responsabile civile.

Il rapporto d’inchiesta interna dell’aeronautica, datato 30 gennaio 2019, conclude inquadrando i fatti nell’ambito di una «attività goliardica» che si prefigge «l’obiettivo di rafforzare lo spirito di corpo», ordinando solo «di esercitare un maggior controllo da parte del personale» sui «comportamenti non previsti». Ma afferma al tempo stesso «la necessità di mantenere le tradizioni». Il ministero della Difesa Lorenzo Guerini, rispondendo a un’interrogazione della senatrice Cinzia Leone nel settembre 2020 aveva assicurato di seguire la vicenda «con doverosa attenzione». Tutti i militari a processo sono ancora al loro posto. Nessuno di loro ha subito procedimenti disciplinari.

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