Il ministero dell’Interno ha risposto all’interrogazione del deputato Dori, confermando il contenuto degli articolo di Domani e senza mai spendere una parola per il capo della polizia. Voci su un passo di lato di Pisani
Il destino di Vittorio Pisani alla guida della polizia di stato sembra sempre più incerto. Addirittura rimbalzano voci su una riflessione in corso e non si escluderebbe nemmeno il passo di lato. Tradotto, potrebbe lasciare l’incarico con una formula morbida spostandosi in un’altra casella che al momento non si trova. Uno stallo che è diventato tema di dibattito e confronto in occasioni formali e informali tra Pisani, ministri e fedelissimi.
Di certo lunedì il capo del dipartimento della pubblica sicurezza era alla Camera, alla cerimonia di esposizione della borsa in Transatlantico del magistrato Paolo Borsellino, ucciso nel 1992 da Cosa nostra. Pisani, con il collare per un problema di salute, si è intrattenuto a conversare con alcuni presenti, tra cui Giusi Bartolozzi, potentissima capa di gabinetto del ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
Mani strette, sorrisi d’ordinanza. Il clima era quello di un appuntamento importante e in pubblico è stata ostentata tranquillità. Pisani è molto attivo, in questi giorni, impegnato in incontri con rappresentanti istituzionali anche in sedi meno formali rispetto a quelli del parlamento. Ma il problema resta: nel governo in pochi sono disposti a difendere il numero uno del dipartimento della pubblica sicurezza, inseguito dalla questione vitalizi e dalla gestione fallimentare dell’indagine sul giallo Giambruno. La visita di due loschi figuri all’auto dell’ex compagno di Giorgia Meloni, all’esterno della villa della presidente del Consiglio.
La risposta del Viminale
Proprio il caso vitalizi è finito anche in Parlamento. Il ministero dell’Interno ha infatti confermato riga per riga lo scoop di Domani sul riconoscimento dello status di vittima del dovere, chiesto da Pisani, per ricevere i benefici previsti dalla legge (assegno una tantum, vitalizio e varie esenzioni fiscali). Il Viminale ha ammesso anche il particolare della visita a domicilio, nell’ufficio di Pisani, della commissione competente per l’elargizione del beneficio.
Nella risposta all’interrogazione di Devis Dori, deputato di Alleanza Verdi-sinistra, c’è il resoconto dei fatti. Non c’è alcuna frase che prenda la difesa di Pisani e del suo operato, ma solo una fredda ricostruzione di quanto rilevato da Domani e punto a punto confermato dal ministero dell’Interno.
Il sottosegretario, il leghista Nicola Molteni, in commissione giustizia alla Camera, si è limitato a riferire i fatti in maniera istituzionale. Un passaggio non secondario: Molteni è un fedelissimo di Matteo Salvini. Ai tempi del governo Conte, era il braccio operativo del leader al Viminale.
Molteni, nel documento ora depositato a Montecitorio, riferisce che la richiesta dello status di vittima del dovere è scattata per un evento accaduto «il 16 maggio 1996 nel corso di un’operazione di polizia giudiziaria, quando lo stesso prestava servizio presso la questura di Napoli – squadra mobile, quale funzionario responsabile della sezione omicidi e criminalità organizzata. In particolare, nel corso di una perquisizione presso l’abitazione e le pertinenze del capo clan della camorra Vincenzo Mazzarella, il dottor Pisani riportava la doppia frattura di colles al polso destro».
Mazzarella è la famiglia, insieme all’Alleanza di Secondigliano, che esprime il dominio criminale sulla città di Napoli.
Il dolore aggravato
Come raccontato da Domani, solo nel 2023, quando Pisani è vicedirettore dell’Aisi (l’agenzia interna dei servizi segreti) poco prima della nomina a capo della polizia, presenta la documentazione.
Il prefetto «a seguito di aggravamento della patologia in questione che comportava il ricorso a cure fisioterapiche presso l’ospedale militare «Celio», presentava istanza finalizzata alla verifica dell’aggravamento dell’invalidità già riconosciuta». Da lì è partito l’iter con la visita del medico direttamente nel suo ufficio, a differenza di quanto accade solitamente a tutti gli altri richiedenti che invece svolgono gli esami nella sede della commissione medica.
Un procedimento cancellato per un errore formale e ripetuto qualche mese dopo, ma con lo stesso esito: il riconoscimento del 25 per cento di invalidità, la soglia minima per diventare vittima del dovere. Insomma, il procedimento è «in via di definizione». «La posizione del prefetto non risulta inserita nella graduatoria unica nazionale. Quindi, sebbene sia già stato espresso il giudizio della commissione medico ospedaliera, il relativo procedimento non si è ancora concluso a circa due anni dalla presentazione dell'istanza, durata, peraltro, in linea con le tempistiche dei procedimenti gestiti dal dipartimento della pubblica sicurezza» .
Così Pisani è pronto a rientrare tra i 10mila beneficiari (tra Viminale e ministero della Difesa) dello status. Ma la storia, insieme alla gestione del caso Giambruno, lo ha fatto già uscire dalle grazie dei suoi sponsor politici generando anche nella comunità di poliziotte e poliziotti malumori e distacco. Una versione che, però, chi è più vicino a Pisani respinge, il capo della Polizia di recente è stato protagonista anche di una visita al Quirinale e informalmente ha raccolto apprezzamenti da esponenti istituzionale di primo piano. Insomma il vitalizio è sicuro, il suo futuro da numero della polizia meno.
© Riproduzione riservata